Più che la nobiltà, il Maestro si trovava a suo agio tra gli intellettuali e gli artisti della borghesia, dove molti avevano difficoltà a legare il pranzo con la cena ma abbondavano di “sogni e di chimere“ come raccontò Puccini nella sua Bohème. Quando nel 1818 il Nostro lasciò l’insegnamento, si rivolse a questi borghesi, destinatari delle sue opere. Anche lui, raramente provvisto di denaro, trascorreva gran parte del tempo in alcuni caffè e nel suo diario, alla data del 17 giugno 1816, si legge: «Oggi ho composto per la prima volta per denaro: e precisamente una cantata per l’onomastico del professor Wattrot [Watteroth], con parole di Dräxler. Il compenso è stato di 100 fiorini». Ad oggi, corrispondono all’incirca a 30 Euro!
Le sue tasche erano così tristi e vuote dal non consentirgli neppure di noleggiare un pianoforte, ma lui non se ne preoccupava. Diceva che con “l’orecchio assoluto“ non gli serviva ed era, anzi, d’impiccio.
Da perfetto “romantico“, per lui il denaro non significava un granché e neppure la puntualità agli incontri. Nel 1825, l’amico Schwind lo rimproverò per non essersi fatto vedere a un ricevimento e gli scrisse: «Se tu avessi pensato al grande affetto con il quale ti aspettavamo saresti venuto… Ho quasi timore di rallegrarmi tanto della tua compagnia, vedendo quanto poco sono riuscito in tutti questi anni a vincere in te la diffidenza e la paura di non essere amato e capito».
Schubert era sicuramente un timido e un insicuro: bastava un nonnulla a fargli credere che sarebbe stato offeso, maltrattato e invece tutti gli volevano bene. La sua figura minuta ispirava tenerezza. Era alto circa un metro e cinquantacinque, grassoccio, con i capelli ricci, il naso a patatina e il viso rotondo con la fossetta al centro del mento. Portava sempre gli occhiali e tutto ciò ispirava affetto nei suoi confronti.
L’insicurezza lo portò a bere parecchio e a frequentare donne di malaffare; infatti, contrasse una malattia venerea. La sua giornata era disordinata, senza regole. Se non si era ubriacato la notte precedente, si svegliava verso le nove del mattino e iniziava a scrivere musica fino all’ora di pranzo. Poi usciva e si rintanava al caffè, specialmente l’Ancora o il Bogner, per mangiare un boccone e vi restava fino all’ora notturna in cui decideva di far ritorno a casa o il locale chiudeva.
Naturalmente, non si sposò mai e qualcuno, come Josef Kenner suo conoscente, insinuò l’ipotesi che avesse una doppia natura…
Anche la ricerca di un editore per la sua musica non incontrò un facile favore: nel 1817 mandò a Breitkopf e Härtel il lieder “Erlkönìg“, tra i suoi capolavori. Gli editori lo scartarono e restituirono il manoscritto a un compositore omonimo, un Franz Schubert che viveva a Dresda e costui, risentito, inviò una lettera a Breitkopf e Härtel chiedendo spiegazione su come si erano permessi di confonderlo con una nullità!
Nonostante la serie infinita d’insuccessi, Schubert iniziò a essere conosciuto, specialmente grazie ad alcuni cantanti che amavano eseguire i suoi lied. Furono Anna Milder e soprattutto Johann Vogl a portare le sue musiche nelle sale da concerto.
I critici incominciarono a scrivere recensioni positive e il “Wiener Zeitschrift für Kunst” si sbilanciò definendolo “un genio“. (Continua…)
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Massimo Carpegna è direttore d’orchestra, critico musicale e compositore, con partiture lirico sinfoniche diffuse in mondovisione. E’ stato docente presso il Conservatorio di musica di Modena ed è Visiting Professor alla London Performing Academy of Music. Con “Classica&Dintorni” porterà i nostri lettori alla scoperta della musica classica e delle figure che ne hanno segnato la storia. Clicca qui per vedere tutti gli articoli.