Quando il mostro non è tale

Il “vigile in mutande” di Sanremo era innocente: dovrà essere risarcito e riassunto dal Comune

Alberto Muraglia divenne il simbolo dei "furbetti del cartellino", ma è stato assolto con formula piena: "Non provo rancore per chi ha fatto errori imperdonabili"

Alberto Muraglia vigile in mutande

Sanremo. Salì alla ribalta delle cronache nazionali, quando otto anni fa, il 22 ottobre 2015, l’inchiesta “Stachanov” della Guardia di Finanza portò all’arresto di 43 persone. Presunti “furbetti del cartellino” di Sanremo tra cui spiccava lui, Alberto Muraglia, per tutti “il vigile in mutande” a causa di una fotografia che lo ritraeva appunto timbrare il cartellino in biancheria intima. Diventato suo malgrado il simbolo dell’inchiesta, che suscitò stupore e indignazione in tutta Italia, ora – dopo 8 anni di calvario – potrà tornare al suo lavoro: assolto sia in primo che in secondo grado, dovrà essere reintegrato nell’organico del Comune.

Muraglia, a differenza di altri, ha sempre rinunciato a ogni alternativa (prescrizione, facoltà di non rispondere, patteggiamenti) chiedendo ai suoi avvocati di andare fino in fondo. Per essere assolto senza scorciatoie, per ripristinare la verità, per vedersi restituiti onore in dignità. Fin dall’inizio ha spiegato quella foto in mutande con il fatto che la macchinetta per timbrare era nel corridoio della sua abitazione di servizio, al mercato coperto di Sanremo, dove svolgeva la mansione di custode della struttura. Al processo ha sostenuto di timbrare addirittura in anticipo e di non tornare a dormire come sosteneva l’accusa.

Dopo il licenziamento ha sbarcato il lunario facendo il tuttofare, soprattutto riparando piccoli elettrodomestici. Ieri la Corte di Appello di Genova (Sezione Lavoro) ha accolto il ricorso di Muraglia, assistito dai legali Alessandro Moroni e Luigi Zoboli, contro la sentenza del giudice del lavoro di Imperia che portò al licenziamento dell’agente, il 22 gennaio del 2016. Il collegio presieduto dal magistrato Paolo Viarengo ha altresì stabilito che il risarcimento per Muraglia dovrà comprendere tutti gli stipendi arretrati, meno quanto da lui incassato nel periodo in cui aveva aperto il laboratorio artigiano. L’ammontare finale del risarcimento dovrebbe aggirarsi sui 250.000 euro.

“Non provo rancore né rabbia per nessuno – racconta Muraglia a Riviera24 – Prima di entrare nei dettagli della mia storia voglio prendermi dei giorni per ragionare a mente fredda. Ho aspettato 8 anni per sfogarmi, posso aspettare ancora un po’. L’unica cosa che mi viene da dire è che quando ci sono degli errori basterebbe un po’ di onestà intellettuale per ammetterli”.

“Nel corso dell’ultima udienza ho rifiutato per l’ennesima volta la proposta conciliativa avanzata dal giudice – prosegue – Parlo di cifre importanti. Ho sempre insistito con i miei legali per andare fino in fondo senza compromessi. C’è chi continua a pensare che l’abbia fatta franca ma non è affatto così. Tutti i giudici interpellati, sia penali che civili, hanno stabilito in via definitiva che sia io che altri miei colleghi coinvolti nell’inchiesta sui furbetti dei cartellini non abbiamo commesso reati e non dovevamo essere licenziati. Quanto a me, sono stato l’unico indagato di questa vicenda che non si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ringrazio tutti gli amici che mi stanno cercando per esprimermi la loro vicinanza. Il mio telefono è in tilt da ieri, tutti mi cercano, televisioni, giornali, scrittori. Parlerò a tempo debito. Adesso desidero solo stare con la mia famiglia”.

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