Genova. A un anno dall’inizio del dibattimento (87 udienze e 175 testimoni sentiti in aula) il maxi processo per il crollo del ponte Morandi arriva a una fase fondamentale. I testimoni dell’accusa sono terminati e da lunedì comincerà l’esame dei 18 su 58 imputati che hanno deciso di rispondere alle domande di pm e giudici.
“Siamo a uno snodo fondamentale – conferma l’avvocato Raffaele Caruso, che assiste il comitato dei parenti delle vittime del ponte – visto che sono terminati i testi dell’accusa cominciati con i drammatici racconti dei superstiti, testimoni diretti del fatto. Poi abbiamo avuto la prima finestra tecnica, in cui i periti e i consulenti del pubblico ministero e delle parti civili che hanno ricostruito la dinamica del crollo, parte fondamentale in questa fase. Sono seguite una serie di testimonianze che hanno messo in luce i meccanismi organizzativi interni alle società ed è stata ricostruita la consapevolezza delle condizioni del ponte che genera quel profilo di negligenza che viene contestato agli imputati. Infine, in quest’ultima fase è stata definita nei dettagli la struttura organizzativa di chi in quelle compagini doveva assumersi la responsabilità dell’intervento che non è stato fatto”.
Il riferimento è ai lavori eseguiti agli inizi degli anni Novanta sulla pila 11: “L’individuazione di un problema sul calcestruzzo precompresso su cui nel 1992 che aveva portato al posizionamento di nuovi cavi esteri sulla pila 11 – ricorda Caruso – avrebbe dovuto portare a un successivo intervento dello stesso tipo anche sulle altre due pile gemelle, ma questo non è mai stato fatto”.
Per l’avvocato del Comitato parenti vittime del ponte Morandi la procura ha delineato un “quadro coerente” dei fatti: “La tesi di fondo della procura che noi abbiamo sposato in pieno e che è stata esposta con totale trasparenza fin dalle prime battute del processo con il deposito della memoria iniziale del pm credo abbia trovato piena conferma. Da ora si tratta di capire come gli imputati si difenderanno”.
I primi tre imputati che saranno sentiti la prossima settimana sono i cosiddetti ‘ministeriali’, vale a dire i dirigenti del Mit avrebbero secondo la tesi della Procura avuto il compito di vigilare sulla concessionaria Aspi e sul fatto che le infrastrutture in concessione, a cominciare proprio dal ponte Morandi fossero oggetto di monitoraggio e manutenzione e sicure per gli utenti.
Si tratta di Vittorio Coletta, responsabile struttura vigilanza di Anas e poi del Mit dal 2000 al 2017 (poi sostituito da Cinelli), Vincenzo Cinelli, responsabile dello stesso ufficio dal 9.9.2017 e Michele Franzese, responsabile dell’ufficio di ANAS denominato Area attività ispettive dell’Ispettorato vigilanza concessioni autostradali, poi responsabile dell’ufficio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti denominato Divisione 1 della Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali.