A proposito della vita irrequieta del giovane Paganini, accadde anche che il Maestro arrivasse a un concerto senza il suo prezioso strumento, per il semplice fatto che lo aveva impegnato al gioco. Questo violino, che lo accompagnerà per quasi tutta la vita, era il Guarneri del Gesù del 1741 detto “Il Cannone”: regalo mecenatesco probabilmente di un certo Livron, negoziante e impresario teatrale. «Trovatomi una volta a Livorno per diporto e senza violino, un monsieur Livron m’impresta un violino per sonare un concerto di Viotti, e me ne fece poi regalo» scrisse il Maestro. Dopo alcuni anni al servizio della Granduchessa di Toscana, decise di diventare impresario di se stesso e le sue tournée s’intensificarono; toccavano tutte le capitali europee presentando Paganini non solo come violinista, ma anche quale virtuoso con la chitarra.
La sua straordinaria abilità, contribuì alla nascita di leggende sinistre. Eravamo nel tempo in cui fantasmi e storie gotiche esercitavano un particolare fascino su nobili e benestanti. E così, Paganini divenne un musicista che aveva stretto un patto con il diavolo, che aveva imparato l’arte in un carcere, imprigionato per avere ucciso la moglie. Tutto era naturalmente falso, anche se qualche giorno in prigione il Maestro lo scontò davvero. Nel 1814, terminato il giro di concerti, Paganini era tornato a Genova e allacciò una relazione con una ragazza ventenne, Angela Cavanna, che si dice avesse intrapreso il meretricio. Niccolò la portò con sé a Parma e visse con lei more uxorio alcuni mesi. Non conosciamo bene i fatti, ma Angelina lascerà Niccolò in stato interessante e si rifugerà dalla sorella, a Fumeri (una frazione di Mignanego ai piedi del Giovi), in attesa di partorire. Il padre di Angelina denunciò Paganini per ratto e seduzione di minore. La pena comminata fu di sette giorni di carcere.
Tutte queste dicerie a carattere “sulfureo”, non erano negate dal Maestro, che anzi le avvalorava. Durante le esibizioni, suonava con atteggiamenti demoniaci: al pubblico piaceva e accorreva ai suoi concerti. Gli spettatori pagavano e lui accumulava “palanche”.
Nonostante l’attività musicale così intensa, trovò il tempo anche per allacciare numerose relazioni amorose. Non era certamente un bell’uomo, ma carismatico, suscitava curiosità e si diceva che fosse anche uno splendido amante. Il 23 luglio del 1825 nacque Achille, il figlio avuto con “una mediocre cantante e per giunta nevrotica” di nome Antonia Bianchi. Paganini si dimostrò un padre affettuoso verso questo bimbo illegittimo, che lo accompagnerà anche nei concerti.
Tra amori, scandali e tournée, Paganini diventò immediatamente una celebrità e con essa sopraggiunse il suo decadimento fisico. Prima di tutto, problemi ai polmoni, forse tubercolosi, che si tentò di curare con salassi e mercurio che gli tolse i denti. Poi, la sindrome di Marfan, che contribuì forse all’estrema elasticità delle mani, ma lo indebolì parecchio: parte della mascella si incancrenì e gli occhi rientrarono.
Questa figura ormai diventata spettrale, incrementò i pettegolezzi e leggende gotiche sulla sua persona fino a quando morì. E anche la sua morte non fu comune.
Rese l’anima a Dio a Nizza, il 27 maggio del 1840, ma a causa delle voci che lo associavano al diavolo, il Vescovo della città, ora francese, impedì di seppellirlo nella sua Genova. Il corpo fu quindi imbalsamato e conservato nella cantina della casa dov’era morto, quella del Presidente del Senato del Regno in rue de la Préfecture. Dopo vari spostamenti, nel 1853 fu interrato nel cimitero di Gaione e successivamente nel cimitero della Villetta di Parma, dove tutt’ora si trova la sua tomba.
Oltre alle esibizioni, la sua fama è dovuta alle composizioni, specialmente ai 24 Capricci per violino pubblicati nel 1820. Con questi Capricci, e attraverso tecniche quasi sovrumane, il violino rivelò possibilità mai udite in precedenza. Esiste quindi un tempo che precede Paganini e uno successivo nel suonare il violino, in un’epoca musicalmente meravigliosa e irripetibile che vedeva incrociarsi sui palcoscenici del mondo artisti quali Liszt, Chopin – che racconteremo nei prossimi articoli – e il nostro ”demoniaco” artista, amante tuttavia dei ravioli di magro e del minestrone alla genovese preparato dalla madre.
Massimo Carpegna è direttore d’orchestra, critico musicale e compositore, con partiture lirico sinfoniche diffuse in mondovisione. E’ stato docente presso il Conservatorio di musica di Modena ed è Visiting Professor alla London Performing Academy of Music. Con “Classica&Dintorni” porterà i nostri lettori alla scoperta della musica classica e delle figure che ne hanno segnato la storia. Clicca qui per vedere tutti gli articoli.