Nella seconda puntata di questi cenni biografici su Alessandro Stradella, avevamo lasciato il compositore nell’ atelier di parrucchiere alla moda situato in via Fossatello a Genova, dove s’impartivano lezioni private di musica, ma si giocava anche d’azzardo e, non ultimo, dietro alcune drappeggi si poteva trascorrere ore gioiose e liete con alcune donne di facili costumi e amanti segrete. Naturalmente, Stradella elegge il locale a sua seconda casa e ben presto le lezioni di musica non sono più per lui l’unica e principale attività.
Iniziano a diffondersi dicerie, che trovano il loro sbocco nei cosiddetti “biglietti di calice”. Questi biglietti erano stati introdotti all’inizio del Seicento dai Serenissimi Collegi per moralizzare la condotta licenziosa di molti nobili genovesi. Una volta al mese, il piccolo consiglio si riuniva per leggere i biglietti di calice, queste anonime denunce, e decidere se potevano essere veritiere e agire di conseguenza, fino all’esilio nei casi più gravi. Pensate un po’: a quei tempi la Superba si preoccupava che la propria nobiltà fosse anche esempio di moralità per i cittadini. Non oso pensare cosa accadrebbe se tale artificio fosse ripristinato!
Ad ogni modo, il nome di Stradella, o la locuzione che a lui faceva riferimento senza nominarlo, vi compariva più volte, insieme a quello di dame illustri, anche ammogliate. Ma come venivano trasmesse queste denunce anonime? Nei muri perimetrali del Palazzo Ducale furono aperti dei fori, dove infilare i biglietti che, successivamente, erano messi dentro dei calici, appoggiati sul tavolo dei Collegi. Ecco perché furono nomati Biglietti di calice.
Consumato il delitto, Stradella fu sepolto in fretta e furia nella Chiesa delle Vigne, una delle più antiche chiese cattoliche genovesi, in Vico del Campanile delle Vigne al numero 5, dove ancora si trova la sua sepoltura. Fu presto dimenticato e anche la sua musica perse valore, tanto che le nobili famiglie genovesi decisero di disfaserne e la vendettero per pochi denari a Francesco II d’Este. Infatti, è a Modena dove oggi si può vedere gran parte della sua produzione oggetto continuo di studi ed esecuzioni. Ma l’Italia è questo strano Paese colmo di ricchezze da depredare per nostra colpa e infatti è la Francia, la Sorbona ad avere l’esclusiva sulle ricerche relative a questi manoscritti.
Qualcuno penserà che forse l’arte musicale in oggetto sia modesta nel numero di opere, che la composizione impegnasse ben poco la giornata di Stradella, sovente costretto a fuggire di città in città o attratto dal gentil sesso. Niente di più falso. Il Nostro, non fu solo l’inventore di una forma chiamata concerto grosso, nella quale le prime parti degli archi dialogano con il resto dell’orchestra, ma la sua produzione influenzò molto i compositori dell’epoca. Per farvi un’idea, e grazie alla sua facilità di scrittura, compose 8 drammi e commedie per musica, 20 Cantate profane e serenate con strumenti, 12 cantate sacre con strumenti, 128 cantate per voce sola e basso continuo e ancora tanta, tanta altra musica.
Naturalmente, la sua vita movimentata stimolò la creazione di romanzi e opere liriche in quel movimento nascente che conosciamo come Romanticismo. Furono tre i compositori che si dedicarono alla trasposizione in musica delle sue vicissitudini e il più famoso fu Friedrich von Flotow, autore dell’opera Alessandro Stradella (1844): fulgido esempio di genio e sregolatezza, morto assassinato a Genova.
Massimo Carpegna è direttore d’orchestra, critico musicale e compositore, con partiture lirico sinfoniche diffuse in mondovisione. E’ stato docente presso il Conservatorio di musica di Modena ed è Visiting Professor alla London Performing Academy of Music. Con “Classica&Dintorni” porterà i nostri lettori alla scoperta della musica classica e delle figure che ne hanno segnato la storia. Clicca qui per vedere tutti gli articoli.