Albenga. Sabato 15 luglio alle 19,30 nel parco della pineta della Clinica San Michele di Albenga Pier Franco Quaglieni farà la sua prima presentazione del nuovo libro “diario italiano – Figure del nostro tempo”,edizione Pedrini. Ci saranno letture di Giulia Isnardi. Seguirà un apericena offerta dalla direzione della clinica San Michele.
Il saggio di Quaglieni prende di mira l’Italia delle polemiche onnipresenti e infinite. Quella che, in politica, preferisce l’invettiva al confronto ragionevole. L’Italia intollerante e divisiva, guelfi e ghibellini, bianchi e neri, incapace di smontare odio e intolleranze per lasciare posto a una riflessione storica e politica meno faziosa e più assennata.
Questa la sfida nel nuovo saggio di Pier Franco Quaglieni, Diario italiano. Figure del nostro tempo. Una indagine ad ampio raggio. Ventinove ritratti di personaggi per fare i conti con “la riflessione su destra e sinistra nella storia del Novecento, andando oltre le contrapposizioni manichee”. Ventinove protagonisti a modo loro, nelle cui rappresentazioni scorre la storia fra passato e presente.
Qualche nome: Giovanni Agnelli, presidente della Fiat; Alberto Asor Rosa, storico della letteratura italiana; Gino Strada, fondatore di Emergency; Renzo De Felice, storico del fascismo; Roberto Calasso, direttore della casa editrice Adelphi; Piero Angela, conduttore televisivo. E poi i nomi della politica, del giornalismo (Walter Tobagi, Piero Ostellino, Arrigo Levi, Eugenio Scalfari ) un celebre latinista Luciano Perelli, docente universitario, autore di un eccellente saggio, La corruzione politica nell’antica Roma (Rizzoli). E via via gli altri.
Da navigatore solitario, come ha fatto nelle opere precedenti, Quaglieni, fondatore con Adriano Olivetti e Mario Soldati del Centro Pannunzio di Torino, affronta la traversata burrascosa fra ieri e oggi, seguendo una rotta precisa: “La riflessione sui grandi temi delle ideologie novecentesche, dal comunismo al fascismo, all’antifascismo post-bellico e odierno, ai sovranismi del Terzo millennio. L’autore – scrive – ritiene di rappresentare anche le ragioni dei vinti perché una storia scritta dai soli vincitori gli appare non accettabile”.
La chiave di lettura di Quaglieni è il pensiero liberale. Per ogni personaggio il ritratto essenziale accompagnato dall’opinione dell’autore e, spesso, anche dal racconto di episodi inediti di cui è stato testimone.
Ecco Piero Angela. “Elegante e cordiale, è stato un unicum non solo sul piano televisivo – scrive Quaglieni – . La boria dei colti non gli apparteneva e anche gli incolti refrattari ai temi della cultura scientifica gli davano ascolto (…) Quando gli consegnai il Premio “Pannunzio” imperversava in tv Michele Santoro e io definii Angela l’anti-Santoro. Gli feci un grave torto nell’accostarlo a questo personaggio, ma lui capì l’intento delle mie parole che volevano evidenziare il rifiuto di ogni facile demagogia nel suo rapporto umano e televisivo”.
Significativo anche il ritratto di un esponente della sinistra come Gino Strada. “ E’̀ stato un uomo generoso perché ha praticato la medicina non per affermarsi professionalmente, ma per dedicarsi a chi si trova in difficoltà. Pochi medici – osserva Quaglieni – hanno fatto la sua scelta che merita ammirazione e rispetto. Strada ha scelto sempre di soccorrere gente disperata, soprattutto vittime di guerra (…) Gli sarebbe spettato il Nobel. Se consideriamo che lo ebbe un giullare come Dario Fo (che fu anche repubblichino di Salò oltre che sostenitore dei terroristi rossi), il Nobel per la pace lo avrebbe meritato a pieno titolo un uomo serio e concreto che non ha fatto ridere il pubblico, ma si è impegnato a salvare seriamente vite umane”.
Nelle pagine che raccontano Frida Malan, figlia di un pastore valdese fermamente impegnata per l’affermazione dei diritti delle donne e della loro effettiva parità, emerge il pensiero di Norberto Bobbio. L’autore di Diario italiano ricorda di avere partecipato con lei a conversazioni appassionate in cui si confrontavano le definizioni di laicismo e laicità. E spiega: “Fu decisivo Bobbio quando, una volta, ci disse che i due concetti andavano tenuti distinti e che la laicità era lo spirito di chi amava il confronto e il laicismo era l’irrigidimento su posizioni che ritenevano le religioni qualcosa di arcaico e di dogmatico da respingere in blocco”.
“La società italiana – conclude Quaglieni – aveva bisogno di laicità anche rispetto alle ideologie, non di laicismo manicheo. Frida oscillava a volte tra le due posizioni, ma alla fine prevaleva in lei lo spirito laico improntato alla tolleranza”.