Requisitoria

Processo Tirreno Power: il pm chiede 3 anni e 6 mesi di reclusione per ciascuno dei 24 imputati

Il pm: "L'attività della Tirreno Power è stata finalizzata a massimizzare i profitti e a contenere i costi"

Tirreno Power processo requisitoria

Savona. Tre anni e 6 mesi di reclusione per ciascuno dei 24 imputati ad eccezione di Jacques Hugé, per il quale è stata chiesta l’assoluzione. E’ questa la richiesta del pubblico ministero Elisa Milocco presentata durante la requisitoria nell’ambito dell’inchiesta di Tirreno Power.

E’ iniziata questa mattina la fase finale del processo che ha preso il via il 31 gennaio 2019. Sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di disastro ambientale e sanitario ventisei persone tra manager ed ex manager di Tirreno Power. Ad esclusione di Jacques Hugé (membro del CdA dal 13/11/2002 al 31/10/2008 nonché membro del comitato esecutivo) e di un altro imputato, nel frattempo deceduto, la pena richiesta è la stessa per tutti i manager coinvolti.

Nel mirino della procura l’atteggiamento dell’azienda, i mancati investimenti di Tirreno Power per limitare l’inquinamento (la mancata copertura del carbonile), il posizionamento del sistema di monitoraggio delle emissioni sui camini della centrale.

Milocco ha presentato le relazioni depositate dai consulenti dell’accusa a sostegno della tesi secondo cui i fumi emessi dai gruppi a carbone avrebbero causato un aumento dell’inquinamento nonché della mortalità dei residenti.

“Tirreno Power gestiva un’attività pericolosa – ha detto il pm durante le conclusioni -. Non è sufficiente la mera presenza di una autorizzazione. E non basta sostenere che l’attività non superava i limiti di legge, perchè di per sé non sono sufficienti a escludere danni alla salute. L’inquinamento andava ridotto il più possibile. Il gestore ha ignorato gli studi scientifici e i segni di allarme legittimamente sollevati degli enti locali“.

Milocco ha evidenziato che “è chiaro che l’attività della Tirreno Power è stata finalizzata a massimizzare i profitti e a contenere i costi. Questo è dimostrato dalla quantità di anidride solforosa prodotta, dalla mancata copertura del carbonile, e dalla distribuzione di ingenti somme tra i soci. Fino al 2013 Tirreno Power ha sfruttato i gruppi a carbone sapendo che erano inquinanti perchè obsoleti”.

Per il pm l’attività sarebbe conclusa a prescindere dal sequestro dei gruppi a carbone (avvenuto nel 2014): ” La volontà di realizzare il VL6 era stata abbandonata, la realizzazione del carbonile era antieconomica, non c’erano i presupposti della prosecuzione dell’attività e i gruppi a carbone sono stati sfruttati fino alla fine della loro vita. Le violazioni hanno cagionato un rischio alla salute, l’attività imprenditoriale non può compromettere la salute”.

E presenta alcuni numeri: “Tra il 2003 e il 2012 ogni anno è stato bruciato un milione e mezzo di tonnellate di carbone, nello stesso periodo le tonnellate di SO2 prodotte sono state oltre 52mila, di queste 21mila sarebbero potute essere evitate“.

Per quanto riguarda la costruzione del VL6 e la copertura del carbonile, Milocco ha evidenziato che “dal 2005 al 2008 la volontà di farlo era effettiva, poi abbandonata a causa del depauperamento delle casse“. Infatti, tra il 2004 e il 2009, “i soci si sono distruibiti utili per 428 milioni di euro, anziché utilizzare gli utili per coprire il carbonile e realizzare il VL6 hanno preferito distribuirseli così privando la società di risorse fondamentali”. La mancata copertura del carbonile non è stata fatta “per questioni economiche” ed è stata “una macroscopica violazione con impatto indubbiamente significativo sull’ambiente e sulla salute umana”.

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