Savona. Una svolta clamorosa la sentenza (la numero 14209) sulla cosiddetta malamovida che è stata emessa nei giorni scorsi dalla Cassazione e che allarma i sindaci.
Il tutto ha avuto origine da un ricorso avanzato da una coppia che vive nel cuore di Brescia, disturbata dal chiasso della movida notturna a tal punto da affrontare una lunga battaglia legale. Un percorso nato nel 2012 che, tra varie fasi, ha condotto alla sentenza emessa nei giorni scorsi dalla Corte di Cassazione: i giudici hanno accolto il ricorso, sostenendo che di fronte alla tutela del privato che lamenti la lesione del diritto alla salute costituzionalmente garantito, del diritto alla vita familiare e della stessa proprietà per immissioni acustiche intollerabili provenienti da area pubblica, la pubblica amministrazione “è tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, il principio del neminem laedere“.
La conseguenza per le casse dei Comuni è evidente: la pubblica amministrazione potrebbe essere condannata sia a risarcire il danno che ad intervenire per riportare le immissioni acustiche sotto la soglia di tollerabilità. Nelle località turistiche, in estate prese d’assalto dai vacanzieri, va da sé che nelle zone della movida in orari notturni si intensifichino schiamazzi e rumori ai danni di chi abita nelle vicinanze di locali e bar che proprio nella notte si animano dando vita alla movida. Ma (secondo la sentenza della Cassazione) se i rumori dovuti a chi chiacchiera a voce troppo alta o fa baccano a tarda notte sono troppo forti ed invadenti, quindi nocivi per la salute di chi abita nelle vicinanze, e non viene garantito il rispetto alle norme di quiete pubblica, c’è una responsabilità del Comune; il quale, se condannato, ha il dovere di pagare i danni. Il tenore e l’entità dei quali, nel caso bresciano, sarà stabilito a breve, considerato che la causa legale è stata rinviata alla Corte d’Appello che dovrà appunto provvedere a quantificare i danni subiti dalla coppia che aveva fatto denuncia.
A commentare la sentenza il sindaco di Albenga Riccardo Tomatis che afferma: “Si tratta di una questione molto delicata per la quale credo sia necessario trovare il giusto compromesso tra il diritto alla salute e al riposo dei residenti e la possibilità per cittadini e turisti di divertirsi. Per quanto riguarda Albenga, non possiamo dimenticare che il centro storico in questi ultimi anni (a partire dall’amministrazione Cangiano) è stato completamente riqualificato e rivalutato grazie alla collaborazione pubblico/privato. In questo senso i gestori delle attività hanno fatto molto. Hanno creduto e investito nella nostra città che è diventata, in questi anni, un vero e proprio punto di riferimento per l’intero comprensorio. Come amministrazione abbiamo sempre cercato di instaurare un rapporto di collaborazione con i gestori delle attività al fine di trovare il giusto equilibrio nel rispetto dei diritti di tutti e continueremo senz’altro a lavorare in questa direzione”.
Perplesso e preoccupato, come si evince dal commento a caldo del presidente Fipe Carlomaria Balzola: “Va fatta una grande distinzione. Non bisogna inserire tutto all’interno di un discorso di cattiva movida perché non sarebbe corretto e non qualificherebbe l’offerta che tante attività fanno. Una sentenza della Cassazione si rispetta, ma mi lascia attonito, perché se non interviene il legislatore con norme chiare potremmo avere da una parte i Comuni vessati con vertenze e richieste di risarcimento oppure, per contrapposizione, potremmo avere uno Stato davvero repressivo in cui anche solo accendere uno stereo a basso volume potrebbe creare reazioni. Importante quindi un intervento del legislatore. Certo è che andiamo nella direzione sbagliata: bisogna tutelare un turismo di qualità, il decoro urbano delle città, ma allo stesso tempo consentire di lavorare in una vivacità delle situazioni, non fare repressione delle situazioni. Lo ribadisco, mi lascia molto perplesso questa sentenza”, conclude Balzola.
Il sindaco di Alassio Marco Melgrati commenta: “Questa sentenza ci preoccupa, ma relativamente. Da sempre sono stato vicino alla movida e a chi la organizzava. Alassio è la città della movida e non si può pensare ad una città silente senza attività musicali. Detto questo, esistono delle norme precise che regolano i decibel dei locali fino a mezzanotte o l’una per smorzare o spegnere l’attività musicale dopo quell’orario. Da parte del sindaco, poi, esiste (e l’abbiamo sempre fatto) la possibilità, in caso di eventi speciali, di concedere delle deroghe. Per quanto concerne invece gli schiamazzi notturni dovuti a gruppi di giovani esiste il controllo delle forze dell’ordine che intervengono e, anzi, invito i cittadini che subiscono questi disturbi di rivolgersi a loro in caso di disturbo della quiete pubblica”.
Il sindaco di Loano, Luca Lettieri, chiosa: “Per esprimersi nel merito della questione sarebbe importate leggere la sentenza della Suprema Corte e capire in quale contesto è stata emessa. Certo è che ogni anno i sindaci nei comuni turistici come Loano, nel periodo estivo, sono coinvolti nel gestire l’argomento ‘movida’. Intanto occorre precisare che i primi cittadini hanno gli strumenti per contrastare la malamovida, che nulla ha a che vedere con gli intrattenimenti musicali e il ballo. Già l’anno scorso siamo intervenuti con la polizia locale e le forze dell’ordine, opportunamente coadiuvati dalla Prefettura e della Questura, per arginare il fenomeno di degrado urbano derivante dallo spaccio e dalla somministrazione di alcool a minorenni in alcuni locali del territorio, che sono stati sanzionati e chiusi. Argomento più complesso la tutela della salute pubblica attraverso il bavaglio o lo spegnimento degli strumenti sonori e musicali che inciderebbe sull’economia locale ma anche sulla programmazione degli eventi estivi dell’amministrazione comunale”.
Secondo Lettieri “‘spegnere’ la musica e sospendere gli eventi per non oltrepassare il livello di sopportabilità del ‘rumore’, molto soggettivo e diverso da persona a persona, negherebbe il sacrosanto diritto degli operatori di migliorare la loro offerta commerciale e all’amministrazione comunale di puntare su un cartellone eventi che non può prescindere dalla musica, dal canto, dal ballo e dalle serate di teatro e di cabaret. L’impegno dell’amministrazione comunale dovrebbe essere quello di impedire gli eccessi, che a volte si verificano, facendo rispettare le regole della civile convivenza. Ai cittadini e ai turisti si chiede un minimo di tolleranza per solo due mesi estivi”.