Spada di damocle

Area T1 di Ceriale, la Rush fa ricorso al Tar contro il Comune: chiesti oltre 2,2mln euro di risarcimento

Contro la decisione dell'amministrazione di non concedere il cambio di destinazione d'uso degli immobili

area t1 ceriale

Ceriale. Ammonta a oltre 2 milioni e 200 mila euro il risarcimento danni presentato da Rush srl, società proprietaria dell’Area T1 di Ceriale, nel ricorso presentato al Tar per richiedere l’annullamento della delibera numero 12 del 21 febbraio scorso. Con quella delibera il consiglio comunale cerialese di fatto “fermava” la procedura con la quale l’amministrazione guidata dall’allora sindaco Luigi Romano aveva cercato di risolvere la questione T1, la zona a ponente della cittadina rivierasca sulla quale sorgono diverse costruzioni incompiute: una vera e propria spada di Damocle che pende ora anche sulla testa dell’amministrazione del nuovo sindaco Marinella Fasano a pochissimi giorni dal suo insediamento.

La questione è piuttosto tecnica ma in parte nota. Nel 2020 la società Rush aveva acquisito l’area con un investimento di circa 2 milioni e 400 mila euro. Secondo il progetto approvato nel 2001, il 50 per cento dei sette edifici previsti doveva avere una destinazione turistico-alberghiera; il 30 per cento avrebbe dovuto ospitare attività commerciali e solo il 20 per cento delle nuove costruzioni sarebbe stata adibita ad appartamenti, in pratica a seconde case.

Fin dall’inizio, tuttavia, tra Comune e società è iniziato un fitto dialogo per consentire la variazione della destinazione degli immobili, anche alla luce delle nuove necessità del territorio. Come confermato ai media dallo stesso (ormai ex) sindaco Luigi Romano ad agosto 2021, si è trattato di una scelta quasi necessaria. E per diversi motivi: “E’ stato necessario affrontare anche il tema di come dovesse e potesse svilupparsi l’operazione perché fosse economicamente sostenibile per la nuova proprietà, ma che lo fosse anche sotto il profilo dell’impatto sulla città. Ci siamo posti il problema dell’albergo, scontrandoci con una realtà che non consentiva uno sviluppo turistico dell’area, e ci siamo resi conto che insistere su quella strada avrebbe significato lasciare l’intera area in stato di abbandono per altri 10, 15 o forse 20 anni, perpetrando nel tempo le problematiche che tutti conosciamo. Quindi porteremo in consiglio la variante per la riqualificazione urbanistica dell’area comprendente lo svincolo dalla destinazione turistica della prevista struttura alberghiera che dopo il periodo dedicato alle osservazioni sarà inviato in Regione per l’approvazione. Ma la condizione che abbiamo posto è che non siano realizzati ulteriori volumi oltre a quelli già esistenti”.

In altri termini, l’amministrazione Romano si era detta disponibile (e anzi, aveva anche avviato l’iter con gli uffici e in Regione) a rimodulare la destinazione degli immobili adottando una apposita variante urbanistica. Una scelta che aveva anche scatenato le proteste dell’allora minoranza consiliare: secondo i consiglieri del gruppo “Uniti per Ceriale”, infatti, il sindaco avrebbe dovuto comunicare pubblicamente questa intenzione prima di indire l’ennesima asta per l’alienazione dell’Area T1, in modo da mettere tutti i competitor in una situazione di par condicio. “Quello che non risulta chiaro – sottolineava la minoranza – è il motivo per cui il Comune non ha proceduto ad informare il curatore fallimentare dell’intenzione di avvalersi dell’opportunità [consentita dalle norme di legge]. Mentre si è premurato di renderlo noto prima dello svolgimento dell’asta, alla Rush srl che è risultata unica concorrente. La volontà dell’amministrazione comunale avrebbe dovuto trovare idonea attuazione nella fase preliminare alle aste effettuate, al fine di consentire ai possibili ‘competitor’ di valutare correttamente le reali possibilità edificatorie che nel bando risultano molto diverse e indubbiamente più penalizzanti rispetto a quanto previsto dalla variante in discussione”, dicevano i consiglieri a settembre 2021. Secondo loro c’era il rischio che la variante fosse illegittima e che, anzi, la società potesse chiedere un risarcimento milionario (come in effetti è accaduto).

ex area T1 Ceriale

Nonostante tale dichiarazione di intenti da parte del sindaco, in seguito la Rush ha rilevato, da parte dell’amministrazione comunale una certa “inerzia” a concretizzare la proposta di rivedere la suddivisione dei volumi e, anzi, in alcune fasi dell’interlocuzione quasi un passo indietro rispetto all’idea iniziale.

Si arriva dunque al consiglio comunale del 21 febbraio scorso: in quella sede è portata in discussione la variante urbanistica per l’accordo di programma necessario al piano di restyling. Una variante che prevedeva un aumento fino al 95 per cento della quota di volumi ad uso residenziale e solo il 3 per cento ad uso turistico-ricettivo (Rta), oltre all’eliminazione totale della destinazione alberghiera. Il consiglio comunale ha rigettato la richiesta “in quanto non presenta benefici evidenti per la comunità cerialese e per l’interesse generale per l’intera area di via Orti del Largo”. Insomma, il cambio di destinazione d’uso dei volumi avrebbe fatto venire meno un “interesse pubblico” sulla riqualificazione e perciò il consiglio comunale (almeno la maggioranza consiliare, visto che la minoranza ha lasciato l’aula) ha espresso parere negativo.

Trovandosi dunque a non poter cambiare la destinazione d’uso della aree già acquisite nonostante le intenzioni proclamate dell’amministrazione, la Rush srl ha presentato ricorso al Tar per chiedere l’annullamento della delibera di consiglio comunale che bloccava la variante urbanistica e, allo stesso tempo, ha chiesto un risarcimento danni di circa 2 milioni e 200 mila euro. Il Comune di Ceriale ha già dato mandato ai suo legali di opporsi al ricorso.

Fare previsioni su ciò che accadrà è, come sempre in questi casi, piuttosto complicato. Da un lato, l’amministrazione potrebbe decidere di annullare in autotutela la delibera di consiglio comunale: ciò consentirebbe di far venire meno le istanze del ricorso, ma d’altro canto verrebbe anche messo in secondo piano l’interesse pubblico che l’aveva sostenuta e le modalità previste in sede di asta. In alternativa, il Comune potrebbe mantenere la “linea dura” e resistere, con il rischio però di dover versare alla società, in caso di una sentenza sfavorevole del Tar e del Consiglio di Stato, una cifra praticamente identica a quella versata in sede di asta dalla Rush per acquistare l’Area T1. A ciò si aggiunge il possibile “congelamento” dell’intervento di riqualificazione, già fermo al palo da diversi anni.

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