A tre anni dal rogo

Cairo, in centinaia alla riapertura della chiesa di San Lorenzo. Il vescovo: “Un giorno di gioia” fotogallery

Tanta commozione e don Mirco in lacrime mentre percorre la navata: “Non avere questo edificio ci ha fatto capire quanto è importante la comunità cristiana”

Cairo Montenotte. A quasi mille giorni dall’incendio che devastò il tetto, tornano ad aprirsi le porte della chiesa di San Lorenzo. Un momento molto atteso da tutta la comunità che per quasi tre anni ha dovuto fare a meno della sua casa religiosa.

Ancora una gru e qualche ponteggio sovrastano la facciata, ma i lavori più importanti (partiti lo scorso settembre) sono stati svolti. L’edificio ora è agibile e può tornare a riempirsi di fedeli. Come è avvenuto proprio oggi, sono stati infatti  centinaia i cairesi che hanno voluto partecipare alla riapertura e che in questi anni hanno contribuito con numerose offerte ai lavori. Dopo il tragico evento, infatti, si è subito attivata la macchina della solidarietà con associazioni e fedeli che hanno organizzato diverse raccolte fondi.

La festa è partita alle ore 16:30 nella vicina Piazza della Vittoria, cuore della città, con la processione che poi si è diretta in via Buffa. Qui il vescovo Luigi Testore, della Diocesi di Acqui, ha aperto il portone d’ingresso, per poi celebrare la messa di fronte ad una chiesa gremita. Tanta la felicità e la commozione anche per Don Mirco Crivellari, che mentre percorreva la navata, aveva gli occhi pieni di lacrime.

“È un giorno di gioia, è bello ritrovarci qui oggi, insieme – ha esordito il vescovo durante la sua omelia – Sicuramente per voi è stato faticoso stare senza questa chiesa. Per questo oggi dobbiamo riflettere su cosa voglia dire essere una chiesa. Se è importante l’edificio, ancora più importante è la comunità, che cerca di costruire il suo cammino giorno per giorno. Oggi dobbiamo domandarci: ‘se è stato difficile stare un lungo periodo senza una chiesa, quanto lo sarebbe senza una vera comunità cristiana, fatta di pietre vive, capace di vivere la speranza e la carità”.

“Essere una comunità cristiana – ha proseguito – vuol dire avere un compito importante in mezzo agli altri. Oggi capiamo benissimo che la chiesa è solo un simbolo, che è molto più importante la chiesa che siamo noi. L’edificio è fondamentale, senza si fa fatica, è vero, però l’essere cristiani è ancora più importante. Oggi vogliamo quindi chiedere al signore: oltre ad aver rinnovato questo edificio, rinnovi anche noi stessi, gli chiediamo che ci aiuti ad essere più consapevoli del nostro compito. Che ci aiuti a capire meglio come l’essere cristiani possa essere un dono per tutte le persone che sono accanto a noi”.

Don Mirco ha ringraziato chi ha collaborato nei lavori per la ricostruzione: “Oggi possiamo rientrare nella chiesa, troviamo la porta aperta – ha detto il parroco -. Permettemi un pensiero a tutti coloro che avrebbero voluto essere qui con noi ma sono in cielo. Siamo davvero tanti ed è bello. Noi cairesi siamo così: ‘mugugnamo’ tanto ma quando è il momento siamo presenti. Oggi è una grande festa per la città“. E conclude dicendo commosso ai presenti “Vi voglio bene”, che rispondono con un lungo applauso.

Il sindaco Paolo Lambertini: “Entrare qui dopo 3 anni è stata un’emozione forte. E’ una giornata bella che ci ricorderemo per tanto tempo. Abbiamo dimostrato di essere capaci di lamentarci poco e fare tanto. Questa chiesa è importante per tutti noi, anche per chi la frequenta poco o per niente, perché chiunque in un modo o nell’altro qui ha dei ricordi. Qui abbiamo riso, gioito, pianto: è un punto di riferimento per tutti“. Il sindaco rivolge un particolare “grazie” ai vigili del fuoco, che quel giorno sono intervenuti: “Si dice che gli angeli sono invisibili, ma direi che noi li abbiamo visti. Quel giorno chi c’era si ricorda: li abbiamo visti volare“. E di nuovo scatta un grande applauso.

Tante le istituzioni politiche e militari che hanno preso parte alla cerimonia: oltre a Lambertini, il prefetto Enrico Gullotti, il consigliere regionale Angelo Vaccarezza, i sindaci di molti comuni valbormidesi, assessori e consiglieri di maggioranza e minoranza. Presenti anche carabinieri, guardia di finanza, polizia penitenziaria, polizia locale, vigili del fuoco e protezione civile, alpini, oltre a numerose associazioni locali.

Il sindaco Paolo Lambertini, il 14 agosto 2020, fu tra i primi ad accorrere sul posto una volta ricevuta la notizia dell’incendio. In pochi minuti una coltre di fumo si espanse in quasi tutta la città e le fiamme iniziarono a distruggere il tetto della struttura. Grazie all’intervento tempestivo e ininterrotto dei vigili del fuoco, gli interni della chiesa e la navata centrale non subirono danni. Al contrario del lato monte e della copertura della sacrestia. Ad appiccare il fuoco fu un 44enne cairese, arrestato dopo le accurate indagini dei carabinieri.

IVG raccontò tutto in una lunga diretta, ascoltando anche alcuni testimoni: subito l’ipotesi dell’incendio doloso fu tra le più accreditate, una donna infatti raccontò di aver visto un uomo entrare nella sacrestia. Tesi che fu poi acclarata dalle forze dell’ordine, aiutate nelle indagini anche dalle immagini delle telecamere. Un episodio che aveva scioccato la città che oggi 16 aprile, data che coincide con la festa della Misericordia, torna nella sua chiesa.

II messagio del Consiglio Pastorale Parrocchiale

“Siamo tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati, perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi…”. È con le parole di San Paolo che oggi il Consiglio Pastorale vuole iniziare il suo messaggio rivolto a tutta la comunità; rivolto a voi, a noi, che finalmente torniamo a casa, si torna a casa, finalmente siamo tornati a casa!

Il fumo e le fiamme che erano impressi nei nostri occhi e nei nostri cuori lasciano lo spazio alla vita e alla gioia. Dopo quasi 3 anni la nostra chiesa parrocchiale torna ad essere agibile, anche se la nostra Comunità lo è sempre stata.

Si sono sgretolati i muri, ma non i cuori, ridotti in cenere i travi ma non lo Spirito, scoperchiato il tetto ma non la fede!

È stato un tempo in cui riflettere e pensare all’essenziale, siamo tornati all’ essenzialità, siamo tornati a quel senso di povertà che fa più belle le piccole cose, alla povertà che nel Vangelo è racchiusa.

Forse tutto ciò è stato un momento di grazia; siamo cresciuti nella fraternità, ci siamo arricchiti di “come stai”, “che bello vederti”, di sguardi, di attenzioni, di occhi negli occhi.

Non sono mancate le fatiche, le perplessità, le lacrime, la difficoltà degli spostamenti, la preoccupazione, la rabbia, l’attesa snervante dell’inizio dei lavori che svaniva di mese in mese, il dispiacere per gli anziani che non riuscivano a stare al passo e per quelli che non si sono più visti. Questa casa è mancata, è mancato anche il semplice entrare, accendere una candela, una preghiera veloce e poi uscire. E’ mancata la quotidianità, quella routine, quei piccoli gesti che avvengono in famiglia, che profumano di Dio.

Ad ognuno di voi un grande grazie. Grazie per non aver mai smesso di sperare, grazie per le preghiere condivise, grazie per i momenti vissuti insieme, grazie per esserci stati.

Le maniche sono state rimboccate, ora si “entra” per finire e mantenere sia la Fede che i “segni” di essa: una Casa Comune, la NOSTRA CHIESA aperta sempre e per tutti e con l’aiuto di tutti.
Per “fare” occorre “essere”, non tanto il “fare la Chiesa” per “avere una chiesa, ma per esprimere che “siamo Chiesa”

Oggi siamo Chiesa più che mai!”.

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