Liguria. “È un disastro di dimensioni molto più grandi e gravi di quanto possiamo ora immaginare. Forse ce ne renderemo conto con gli anni delle dimensioni di questo danno, di questa grande frattura. Una frattura epocale che dividerà la storia della Turchia in un prima e un dopo”. Lo racconta a Genova24 Deniz Özdoğan, attrice turca, naturalizzata italiana, che da anni vive a Genova, e che da una settimana è in stretto contatto h24 con parenti e amici oggi in Tuchia e attraverso i quali sta assistendo a questa catastrofe.
Ad una settimana dalle prime due imponente scosse di terremoto, la situazione nei territori di Turchia e Siria resta drammatica. Le dimensioni della tragedia sono impressionanti e ancora oggi è difficile quantificare con esattezza quante le vittime e i danni provocati dal movimento tellurico in un’area così vasta. Secondo le ultime notizie riportate dalle agenzia di stampa, i morti sarebbero oltre 40mila, ma con ogni probabilità il bilancio non è ancora definitivo. Se mai si avrà un bilancio definitivo di questa ecatombe.
Mentre la terra continua a tremare – sono decine le scosse di assestamento che i sismografi di tutto il mondo stanno ancora registrando nell’area colpita dal sisma – dalla Turchia arrivano notizie devastanti sulla tenuta delle strutture del paese, il cui incremento demografico incessante (dagli anni 60 la popolazione è più che raddoppiata) ha portato ad una forte crescita di città e urbanizzazione: “Il fatto è che i vari allarmi dei geologi in tutti questi anni non sono mai stati ascoltati da chi doveva – spiega Deniz – Vite umane, storie, speranze, progetti vengono frantumati tra le fauci dei giochi di potere, della speculazione edilizia e di un’urbanizzazione sfrenata e incosciente in un’area a fortissimo rischio sismico”.
Secondo quanto riporta l’agenzia Agi, che riprende l’agenzia di stampa turca Anadolu, sarebbero almeno 122.152 i palazzi crollati o pericolanti ispezionati e almeno in 6.400 di questi sono state riscontrate irregolarità palesi. Ispezioni da cui sarebbero stati poi spiccati 130 mandati di arresto nei confronti di costruttori negligenti, accusati di aver utilizzato cemento di qualità scadente o aver imbottito i muri di polistirolo in proporzioni ben oltre di quelle necessarie all’isolamento termico. Molto più difficile capire e sapere quello che sta succedendo in Siria, paese devastato dalla guerra, del quale al momento sono ignote le dimensioni di quanto successo.
Ma la catastrofe sta colpendo soprattutto la popolazione: “Ci sono ancora persone vive sotto le macerie che aspettano, nonostante il gelo e la pioggia, con i loro cari fuori che disperatamente attendono aiuti – racconta Deniz, riportando le ultime news su ritrovamenti avvenuti anche giorni dopo il sisma – Dei nostri amici stanno cercando la loro cugina, di 12 anni, l’unica superstite della sua famiglia, estratta dalle macerie il secondo giorno di cui non si sono più avute notizie. Ci sono migliaia di bambini salvati rimasti orfani”.
Un dramma che ha colpito anche le infrastrutture del paese: “Sono crollati ospedali, aeroporti, benzinai. Dopo le due scosse del 6 febbraio molte strutture ospedaliere sono state evacuate in fretta, portando via i malati che potevano essere trasportati fuori velocemente. Molti sono stati abbandonati a se stessi dentro questi palazzi. Non si sa quanti, e non si sa il loro destino – riporta Deniz – Non c’è acqua, non c’è corrente. Quelli che sono stati salvati rischiano di morire di ipotermia. C’è bisogno di qualsiasi cosa”.
Dall’Italia cosa si può fare? “A chi legge, ribadisco che ogni aiuto in questo momento è preziosissimo. Anche 5 euro. Vi indirizzo all’associazione AHBAB, è un’organizzazione non governativa, molto efficiente, pratica e affidabile – spiega Deniz – prima che il clamore mediatico internazionale cali e poi finisca, oggi è fondamentale il supporto di tutti: dopo la distruzione, ci sarà bisogno di qualsiasi cosa, dalla costruzione di nuovi spazi, scuole, strutture. Il dato drammatico è che già adesso c’è necessità di migliaia di protesi e attrezzature ortopediche per le decine di migliaia di feriti, che hanno perso tutto e che ora sono soli al mondo”.