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Storie ligustiche

La pesca al ressaggiu, la Liguria antica che può diventare attrazione turistica

“Storie ligustiche” porta il lettore alla scoperta della Liguria e della “liguritudine” che si nasconde nel cibo, nelle parole, nei personaggi, nella geografia e nelle tradizioni

storie ligustiche 9 febbraio 2023

C’era un tempo, nemmeno molti anni or sono, che la pesca al rezzaglio (in dialetto ressaggiu o ressoua, a seconda delle zone) era particolarmente diffusa in Liguria, terra baciata dal mare, ma che al mare dava le spalle (salvo poche eccezioni il Mediterraneo era più un’autostrada per i commerci, che non una prateria dove pescare). Una pesca impegnativa e povera.

Il rezzaglio, chiamato anche giacco, giacchio, sparviero, campana, a seconda delle località dove si usa, è una rete di forma circolare che, raccolta accuratamente dal pescatore, viene poi lanciata in acqua con una faticosa torsione del busto. Il perimetro esterno è circondato da piombi per far cadere rapidamente la rete sul fondale. Al centro una corda di recupero la fa rimanere in tensione, generando nel contempo un cono, sempre più stretto, all’interno del quale rimangono imprigionati i pesci. Recuperandola la rete forma un sacco che intrappola il pesce. Una tecnica molto antica, documentata già in epoca medievale in un dipinto di Matteo Giovannetti, risalente al 1343, nella Camera del Cervo, nel Palazzo dei Papi di Avignone.

La pesca col rezzaglio è ammessa nelle acque marine e proibita in quelle interne o dolci ed è stata particolarmente utilizzata alle foci dei fiumi molto pescose (branzini, spigole, muggini, salpe, ombrine…).

La pesca al “ressaggiu”, alla foce del Centa, è stata in auge sino alla fine degli Anni ’80 con pescatori entrati nel “mito”: Ferruccio Pastorino, Don Pino Zunino, il dottor Renzo Moisello (sulla sua bianchina aveva sempre questa rete e un bidoncino di plastica dove mettere le prede), Arnaldo Dentella, Berardi. Pescavano, soprattutto, branzini che, per la loro natura, spesso si trasferiscono dalle acque salate del mare a quelle salmastre della foce. Non hanno, purtroppo, lasciato “eredi” e oggi a pescare con il ressaggiu ad Albenga sono rimasti alcuni pescatori originari dell’Albania.

Diversa la situazione a Fiumaretta, provincia di La Spezia, alla foce del Magra, che ne hanno fatto non solo una passione hobbistica, ma anche un’attrazione turistica. Scrivono a Fiumaretta: “Alla foce del Magra è ancora utilizzato da un buon numero di pescatori che ne fanno tuttora una vera e propria arte, fonte anche di attrazione turistica e di manifestazioni con gare di lancio libero e di precisione. A Fiumaretta il Circolo Barcaioli Pescatori Sportivi gestisce anche una scuola per preservare questa tradizione.

Un’epigrafe posta sulla sede dell’associazione recita così: “Tirare il rezzaglio per far rivivere il mito dei pescatori della Magra e riscoprire i segreti di un’arte antica. Tirare il rezzaglio per sentire la vita interiore di un fiume straordinario e difendere la sua anima…”.

Fiumaretta ospita inoltre il “Palio Foce del Magra”. Durante l’evento gli equipaggi delle frazioni comunali si sfidano in gare di voga e lancio del rezzaglio attirando sulle sponde del Magra migliaia di visitatori e turisti”.

“Storie ligustiche” è la rubrica di Elisa e Stefano Pezzini che porta il lettore alla scoperta della Liguria e della “liguritudine” che si nasconde nel cibo, nelle parole, nei personaggi, nella geografia e nelle tradizioni. Perché la Liguria è anche uno “stile di vita”.

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