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Per un pensiero altro

Fagocitosi del reale

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

pensiero altro 1 febbraio 2023

“Il reale è razionale e il razionale è reale è una delle più grandi falsificazioni filosofiche e maggiormente condivise che abbia mai elaborato il pensiero, oggi il suo conseguente sviluppo è il virtuale è reale il reale è virtuale”; la verve polemica dell’amico Gershom Freeman non rispetta nemmeno, forse soprattutto, i grandi pensatori della tradizione filosofica occidentale; quella sera il bersaglio era uno dei suoi preferiti, senza possibilità d’errore si poteva riconoscere uno dei capisaldi del sistema hegeliano nelle sue parole ma, come sempre, l’attacco si radicava nelle faglie più profonde della realtà attuale. Il cuore della sua riflessione stigmatizzava come la dicotomia “Io-Mondo” nel virtuale scompaia. L’estrema sintesi della sua posizione si fonda su un pensiero piuttosto ampio, parte dalla considerazione, direi di natura heideggeriana, che l’Io si trova gettato in un mondo che, mentre “impara a usarlo”, lo determina con un’intima azione dialettica, ne segue che la “generazione virtuale” sia inevitabilmente assuefatta alla prospettiva collettiva nella quale avviene una sorta di fagocitosi del reale da parte di una capillare e sistematica quotidianità con il virtuale. Addirittura accade che l’Io divenga una sorta di avatar di se stesso, certo più idoneo al mondo virtuale, fino a consumare un rovesciamento dei ruoli poiché, darwinianamente, il più adatto dei due al contesto sopravvive a spese dell’altro evidentemente obsoleto. Nessuna etica, pertanto, se non quella dell’eterna lotta per la sopravvivenza. Lasciamo ai margini della nostra riflessione l’atteggiamento degli “schizzinosi pensatori paludati” certamente offesi dall’approccio così irrispettoso all’idealismo hegeliano e raccogliamo il grimaldello di un pensiero altro offertoci dalla affermazione di apertura.

Il processo della fagocitosi in biologia si riferisce alla capacità di alcuni tipi di cellule, i fagociti appunto, di ingerire e metabolizzare particelle infettive per proteggere l’organismo, nel nostro esempio l’infezione non è determinata dal virus del virtuale ma riconosce il reale come elemento estraneo e dannoso e se ne libera. Avete mai provato a osservare un adolescente quando il mondo reale, il genitore di solito, lo distrae dalla sua assidua frequentazione con il Web? Il suo microcosmo peripersonale che è accogliente, protettivo e condiviso con la “specie” è sotto attacco e lui lo deve difendere, che poi la patologia vada diffondendosi con l’avanzare dell’età tanto che oramai molti adulti trascorrano più tempo sul Web che nella realtà è inevitabile, chi non discute attraverso Whatsapp o Twitter? Chi non sintetizza il proprio stato d’animo con un Emoil? Chi non ha mai condiviso gruppi di amici che non ha conosciuto di fatto? L’interrogativo dalle antiche radici sofiste intorno alla realtà del reale si ripropone in tutta la sua rivoluzionaria portata. Se posso innamorarmi e odiare davvero in una surrealtà condivisa non è proprio questa la realtà? Non è in fondo ogni esperienza comune alla quale assegniamo un nome e un valore quanto comunemente giudicato reale? Che differenza possiamo riconoscere tra valuta reale, che è già virtuale e simulacro, e le cryptovalute? La realtà garantita dai consumi sarà fondata sui bisogni indotti del soggetto, in un certo senso questa spiazzante prospettiva era già implicita nella critica marxiana al sistema capitalistico, come non riconoscere, ancora una volta, le radici della totale sovrapposizione del virtuale al mondo fino alla fagocitosi di cui sopra?

Si può sostenere che anche la letteratura e il cinema o il teatro diano vita a un mondo virtuale ma in questi casi le differenze sono determinanti e possiamo individuarle, anche grazie ai lavori del filosofo francese Baudrillard, nel ruolo del soggetto e nelle coordinate spazio temporali. La differenza fondamentale è che con il reale è inevitabile confrontarsi e viverlo come altro da sé, mentre con il virtuale non ci si confronta, ci si immerge, si diviene interattivi, non si ha più la distanza dello sguardo, della contraddizione. Come afferma in un’intervista il pensatore francese “L’insorgenza della realtà virtuale ha privato il mondo di ogni aspetto trascendentale, annientandone la valenza simbolica: l’interattività che domina la vita umana abolisce la distanza tra spettacolo e spettatore, annulla l’illusione estetica. Venendo a mancare la realtà critica, la possibilità di dialettica sparisce. Ciò che resta è un mondo che tende al nichilismo”. Quanto accade, eliminando il tempo della riflessione, è la riduzione del fluire nell’eternità di un istante senza tempo; azzerata la memoria che crea il passato, annichilito il pensiero che si proietta nel futuro, cancellato l’uomo storico, il valore di realtà è svincolato dal soggetto che lo pensa che non ha più ragione di essere e diviene uno statico fluire nella nuova realtà che lo ingoia sollevandolo dalla responsabilità di creare e dalla gioia di essere.

“Il Simulacro non è mai ciò che nasconde la verità – è la verità che nasconde il fatto che non vi è alcuna verità. Il Simulacro è vero” recita l’incipit di Simulacri e simulazioni di Baudrillard; mentre Nietzsche ci ha insegnato a comprendere che abbiamo più o meno deliberatamente imparato a fare a meno di Dio, Baudrillard ci informa che non abbiamo davvero scelto ma che abbiamo imparato a fare a meno della realtà. Anche lo spazio è modificato ma sempre in una dimensione dove ogni cosa è qui e ora, dove il senso delle due espressioni, però, nulla ha a che vedere con quello tradizionale. La pre-architettura del logos gettata sul mondo era si prevaricazione unilaterale, ma non violenta, utile alla sopravvivenza della specie, mentre l’azione attuale ha per protagonista la tecnologia svincolata dal suo creatore che ne diviene oggetto fino a trasformarsi in “cosa virtuale in un mondo di cose virtuali”. Ma la questione si complica ulteriormente, non ha più senso alcuna precedente categoria, anche e forse soprattutto, di natura etica. Se fino a ora la morale è stata figlia del giudizio spesso bigotto, censoreo e ottuso di una mediocre maggioranza, utile alla solidità di un sistema che si auto proclamava buono in quanto adatto a una “morale per schiavi”, per dirla con Nietzsche, se il comportamento era condizionato dall’adeguarsi a ciò che “gli altri” avrebbero pensato dell’attore dello stesso, la garanzia dell’asettico anonimato dell’agire virtuale, protetto da uno schermo o da un avatar, mentre sembra consentire la massima libertà, (un paradiso nel quale essere se stessi senza paura, dove la trasgressione è lecita e condivisa e non ha conseguenza fisiche) è di fatto una mutazione estremamente pericolosa. L’uomo sociale, quello che aveva fondato la sua morale sulla garanzia del rispetto dell’altro in nome di un sistema che pure era autoritario e che era divenuto prevaricante, nel virtuale vede eliminata la responsabilità così che l’egotismo più esasperato deflagra, è allora urgente una nuova morale rifondata su un panorama mutato nel quale i soggetti nati virtuali non hanno modo di avvertirne la necessità: chi e come potrà intervenire è ancora una questione aperta.

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero. Clicca qui per leggere tutti gli articoli

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