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Per un pensiero altro

La rivoluzione del sorriso

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

pensiero altro 8 febbraio 2023

“Lo stato rappresenta la violenza in forma concentrata e organizzata. L’individuo ha un’anima ma lo Stato, essendo una macchina senz’anima, non potrà mai rinunciare alla violenza alla quale deve la propria esistenza”; si direbbero le parole di qualche anarchico, anzi, sull’onda di una comunicazione massmediale troppo spesso omologata e ottusa fino a diventare pericolosamente disinformativa, di un “pericoloso e violento anarchico” dal quale è bene per tutti che lo Stato si difenda. Il messaggio subliminale è che lo Stato è il buono e il suo antagonista, il soggetto capace di esprimere un simile pensiero è inevitabilmente il cattivo, logico che lo Stato lo tema, e fa bene, infatti le parole di apertura sono state pronunciate da un certo Mahatma Gandhi e lo Stato del Regno più o meno Unito di Gran Bretagna ne ha ben misurato la pericolosità. Potremmo proseguire con una diversa citazione: “Stato si chiama il più freddo di tutti i freddi mostri. Ed è freddo anche nel suo mentire; e dalla sua bocca striscia questa menzogna: «Io, lo Stato, sono il Popolo.» È una menzogna! Creatori erano coloro che crearono i popoli e sospesero sopra di essi una fede e un amore: e così servivano la vita”. Il pericoloso anarchico responsabile di una tanto radicale denuncia altri non è che un filosofo che per molto tempo è stato ritenuto il teorico di un feroce potere dittatoriale, l’esatta antitesi al pensiero anarchico, si tratta di F. W. Nietzsche; questo a riprova di quanto siano capaci di comprendere la profondità di certe filosofie gli “intellettuali istituzionali”. Il passo nietzscheano è tratto da un brano dello Zarathustra intitolato, significativamente, “Del nuovo idolo”, infatti, dopo gli Dei delle varie religioni, i Faraoni e gli Imperatori, dopo il denaro e il mercato non poteva che mancare, estremo gradino lungo la scala dell’auto punizione, la divinizzazione dello Stato, come suggerisce Hegel, l’ennesima creazione dell’uomo davanti alla quale lo stesso si obbliga a inginocchiarsi adorante. E meno male che ci salva la democrazia anche se un altro pericoloso anarchico afferma che “Siamo esseri impotenti davanti alle istituzioni democratiche alle quali non riusciamo nemmeno ad avvicinarci”, è il turno del violentissimo Nobel per la letteratura José Saramago.

Ma se fino a ora i miei rimandi sono stati per “anarchici non dichiaratamente tali”, inequivocabile è la collocazione di uno dei più importanti ideologi del pensiero anarchico, Petr Kropotkin, il quale afferma che “Dichiarandoci anarchici proclamiamo innanzi tutto di rinunciare a trattare gli altri come non vorremmo essere trattati noi da loro; di non tollerare più la disuguaglianza che permetterebbe ad alcuni di esercitare la propria forza, astuzia o abilità in maniera odiosa. Ma l’uguaglianza in tutto – sinonimo di equità – è la stessa anarchia”. Alla luce di un simile pensiero da parte di uno dei padri fondatori della filosofia in questione, quale sedicente anarchico potrebbe mai arrogarsi il diritto di giudicare e ancor più condannare a subire violenza un altro uomo? Com’è possibile definire anarchico chi si sente in diritto e addirittura in dovere di esercitare violenza su un altro essere umano che, ovviamente, giudica a lui inferiore e inevitabilmente colpevole? Forse sarebbe opportuno che nei programmi delle scuole superiori, ovviamente nel corso di filosofia che andrebbe inserito per ogni indirizzo di studi, si insegnasse cosa si deve intendere per pensiero anarchico, magari riconoscendone le radici già nel cosmopolitismo ugualitario di Democrito, oppure nella distinzione tracciata da Ippia tra la legge naturale, omogenea a tutta l’umanità, e quella umana, che divide la stessa nel tempo e nel luogo, o ancora nella critica del greco Antifonte verso l’arroganza dei suoi connazionali nei confronti dei cosiddetti barbari. E perché non parlare di Trasimaco il quale sostiene che la legge è solitamente lo strumento di chi comanda per controllare il popolo a tutela dei propri interessi, e ancora potrebbe essere utile spunto di confronto lo sfociare del pensiero libertario di Crizia nel dittatoriale governo dei Trenta tiranni, o lo sviluppo dello stesso nel suo discepolo Callicle che riconosceva nella legge naturale solo “la legge del più forte” e in quella dello Stato lo strumento nelle mani di una maggioranza di deboli per difendersi da chi altrimenti li avrebbe assoggettati fino a Licofrone e Alcidamante che anticiparono più mature posizioni Stoiche. Non so quanti studenti abbiano avuto modo di approfondire questo non trascurabile momento del pensiero classico.

Normalmente si parla di anarchia come sinonimo di disordine, mentre nel pensiero di M. Bakunin e P. Kropotkin è chiaro un sistema fondato su un capillare e ordinato decentramento amministrativo nel quale il fine divenga l’individuo e non il sistema stesso. È utile ribadire che un altro importante filosofo di scuola anarchica, Pierre-Joseph Proudhon, affermava che “La più alta perfezione della società si trova nell’unione dell’ordine e dell’anarchia” dove per ordine non si deve intendere quello sovrapposto dal potere all’uomo ma quello naturalmente insito in ogni essere umano per sua natura “sociale e solidale”. Con una piroetta poco convenzionale ma lecita in un contesto di “pensiero altro”, raggiungo una delle formulazioni dell’Imperativo categorico kantiano dal sapore, a mio parere, decisamente anarchico: “agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo”. Meno male che qualche giornalista contemporaneo non ha dovuto commentare in un talk show la Critica della Ragion Pratica del pensatore di Konigsberg, altrimenti si sarebbe dovuto sbilanciare definendola una pericolosa minaccia anarchica. E ora è bene precisare che i veri nemici sia del pacifismo anarchico che delle migliori espressioni del libertarismo democratico sono i violenti, di qualsiasi natura, che nascondono la propria frustrazione e la propria aggressività dietro ideologie troppo spesso incomprese o nemmeno studiate.

Arriviamo infine ai giorni nostri per capire che la grande rivoluzione anarchica non è stata fermata né dagli stati né dalle guerre che gli stessi hanno promosso, e nemmeno dai tradimenti dei falsi compagni di viaggio (la guerra di Spagna non è che l’evento più noto in tal senso), è transitata attraverso la rabbia nascosta di “una risata vi sotterrerà” per raggiungere finalmente “il sorriso della consapevolezza”. La violenza non è solo dello Stato, è nell’arroganza di si crede depositario di una verità, è nel grigio burocrate che si nasconde dietro un regolamento o uno sportello, è nella vigliaccheria falsificante dell’informatizzazione di ogni rapporto umano, è nella fuga codarda dalle responsabilità. Non esiste una reale differenza tra chi afferma che poiché “così van le cose” non è possibile comportarsi diversamente e chi a Norimberga pensava di sollevarsi dalla responsabilità dei propri crimini affermando di essere un soldato che si limitava a obbedire. Non necessariamente l’obbedienza è positiva così come la disobbedienza non è sempre sintomo di libertà, la qualità è nelle motivazioni; se non sai ri-conoscerti nell’altro, se non sai amarlo, se nemmeno sai davvero amare te stesso, il tuo sorriso sarà solo una ferita obliqua su una maschera che non sa essere volto, ma se scoprirai la bellezza dell’accoglienza cominciando dal lasciarti visitare da te per poi offrire il tuo tempo a chi ti sta davanti, non per quantificarlo in denaro, ma in emozione, ecco che avrai dato inizio alla “rivoluzione del sorriso”, quella che ha per domanda e estrema risposta il soggetto, quella che ha sconfitto il Potere e lo Stato riportandoli nel loro alveo, al servizio dell’uomo e, in conclusione, ricorro alle parole dell’amico Alber Camus: “Invece di uccidere e morire per diventare quello che non siamo, dovremo vivere e lasciar vivere per creare quello che realmente siamo”.

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
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