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Storie ligustiche

Tra camalli e Gabibbo la Liguria parla arabo

“Storie ligustiche” porta il lettore alla scoperta della Liguria e della “liguritudine” che si nasconde nel cibo, nelle parole, nei personaggi, nella geografia e nelle tradizioni

storie ligustiche 26 gennaio 2023

Il dialetto che brutti scherzi che gioca! Uno pensa che alcune parole diventate simbolo della propria regione, vecchie di secoli, siano frutto della fantasia degli avi, e invece altro non sono che assonanze “rubate” ad altre lingue. Soprattutto in Liguria, dove le contaminazioni, frutto degli scambi mercantili dal e verso l’Oriente, ma anche quelli da e verso il nord Europa, caratterizzano lingua e cucina.

E proprio dal mare, visto dai liguri come un’autostrada per i commerci, più che come territorio di pesca, arrivano due parole entrate nella lingua italiana, una per definire gli scaricatori del porto, il termine Camallo, l’altro, un tempo sinonimo, portato alla ribalta dall’ingauno Antonio Ricci e Lorenzo Beccati a Striscia la Notizia: Gabibbo.

Camallo deriva da Hammal, in arabo “facchino”, “portantino”, parola che i genovesi sentirono nei porti orientali durante il carico e scarico delle merci su galee e velieri. Non ci volle molto a genovesizzare Hammal in Camallo, termine utilizzato ancora oggi per definire il lavoratore dei porti liguri.

Sempre da un porto esotico, quello di Massaua, arriva il nome Gabibbo, derivante da Habib, il nome più comune tra gli scaricatori (e non solo) dell’Eritrea. In questo caso siamo in tempi “recenti”, metà dell’800, quando Raffaele Rubattino, armatore genovese passato alla storia per aver messo a disposizione di Garibaldi la nave che portò i Mille a Marsala, acquistò la Baia di Assab facendola diventare base per i suoi scambi commerciali nel Mar Rosso. Anche in questo caso Habib fu genovesizzato in Gabibbo, e servì, in Eritrea a definire i “Camalli” stranieri. Tornati a casa i marinai genovesi portarono con sè anche il termine Gabibbo, che nel porto servì a definire gli scaricatori “foresti”. Negli Anni ’60 con il termine Gabibbo si definivano, in tutta la Liguria, gli immigrati del sud, “foresti”, ma di certo con accezione scherzosa, differente dal disprezzo insito in altre terminologie. Nonostante questo il termine Gabibbo andò scemando, almeno sino a quando, Anni ’90,

Antonio Ricci non lo sdoganò battezzando con quel nome il pupazzone rosso che denuncia le ingiustizie e il malaffare. Una curiosità: Habib, in Eritreo, significa “amato”.

“Storie ligustiche” è la rubrica di Elisa e Stefano Pezzini che porta il lettore alla scoperta della Liguria e della “liguritudine” che si nasconde nel cibo, nelle parole, nei personaggi, nella geografia e nelle tradizioni. Perché la Liguria è anche uno “stile di vita”.

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