Vado Ligure. “Il confronto di oggi per arrivare ad un nuovo Accordo di Programma per l’impianto di Taranto deve essere un’occasione per analizzare anche l’Accordo di Programma siglato nel 2005 dal governo di allora con tutti gli Enti locali, l’Autorità Portuale e i sindacati per lo stabilimento di Cornigliano che, come è noto a tutti, è strettamente connesso alla produzione di Taranto”. Così il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, intervenuto oggi pomeriggio insieme agli assessori regionali al Lavoro Augusto Sartori e allo Sviluppo Economico Andrea Benveduti al tavolo di confronto del ministero delle Imprese e del Made in Italy con il ministro Adolfo Urso sul nuovo piano di riammodernamento e riconversione presentato dai vertici di Acciaierie d’Italia (ex Ilva).
“Fermo restando che l’obiettivo di crescita della produzione e la transizione all’elettrico sul lungo periodo nell’impianto di Taranto sono fondamentali per il futuro della siderurgia italiana, credo che questo nuovo accordo di programma debba coinvolgere anche Genova in termini di investimenti, tempistica e soprattutto in termini di livelli occupazionali. Inoltre – continua il presidente – le aree concesse all’ex Ilva a Genova, oltre un milione di metri quadrati di grande importanza per lo sviluppo della città, sono connesse ai volumi di produzione: se questi venissero rimodulati, si potrebbe pensare a un nuovo utilizzo di queste aree”.
“La conferma della volontà di realizzare un Piano Siderurgico Nazionale, che con l’ex Ilva al centro, rilanci l’intero comparto della produzione di acciaio – aggiunge l’assessore Benveduti, presente al ministero. Non solo con una nuova immissione di capitale e con un decreto legge che introduce alcune importanti modifiche normative a favore dell’operatività e tutela del “socio pubblico”.
“Un Paese con ambizioni di eccellenza industriale non può prescindere da ciò e dal tutelare migliaia di lavoratori, diretti e dell’indotto, da troppi anni in una situazione di crisi e precarietà” conclude Benveduti.
L’immissione di nuove risorse e le modifiche in atto a livello normativo e produttivo rimbalzano prepotentemente nel territorio savonese e alla Sanac di Vado Ligure, una vertenza ancora in sospeso e, ad ora, senza soluzioni: 80 i lavoratori coinvolti nello stabilimento vadese specializzato nelle produzione di refrattari industriali e storicamente, per circa il 60% della sua attività, legato alle commesse di Taranto e dell’Ilva.
“Acciaierie d’Italia, ex Ilva, ha un debito con Sanac di circa 23mln di euro e questa situazione potrebbe pesare sulle scelte prossime per la sopravvivenza degli stabilimenti del gruppo, di cui almeno due a rischio chiusura secondo la documentazione in possesso del Mise” afferma il segretario provinciale Filctem Tino Amatiello.
“Dal commissario nessun riscontro dopo i bandi andati ormai deserti, è chiaro, quindi, che se non ci sarà una azione diretta del governo sarà impossibile uscire da questo tunnel… ” aggiunge l’esponente sindacale, anche per preservare uno stabilimento dalle indubbie potenzialità per il settore nel quadro della strategica filiera dell’acciaio.
Proprio i sindacati di categoria hanno chiesto un nuovo incontro in sede ministeriale, in quanto l’ultima azienda rimasta in corsa per la proprietà di Sanac, la Dalmia, si è ritirata dalla gara, confermando le preoccupazioni sulla trattativa in atto per l’acquisizione del ramo della stessa Dalmia, proprio per i refrattari, da parte della di Rhi Italia: un intreccio che, di fatto, ha poi fatto sfumare un esito finale sul nuovo iter procedurale.
“La struttura commissariale ha inoltre ipotizzato un cambiamento della strategia per la collocazione sul mercato dei complessi industriali del gruppo, individuando singole gare per asset produttivo, oppure una gara che tenga conto del patrimonio industriale.
Considerando che le risorse economiche per proseguire l’attività produttiva sono marginali, visto il credito di 23 milioni di euro che Sanac vanta nei confronti di Acciaierie d’Italia, per la riscossione dei quali sono attualmente in corso i decreti ingiuntivi, la struttura Commissariale ha indicato come possibile strategia la sospensione della produzione da aprile di due unità produttive e dopo circa due mesi la sospensione produttiva degli altri due stabilimenti del gruppo. Questa prospettiva, assolutamente inaccettabile, potrebbe significare secondo noi la cessazione delle attività di tutto il gruppo con la chiusura degli stabilimenti e il licenziamento dei lavoratori” hanno evidenziato Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil.
“Riteniamo invece che Sanac sia un gruppo con grandi potenzialità produttive, dimostrate in particolar modo nel corso degli anni 2020 e 2021, durante i quali ha prodotto utili aumentando il fatturato, realizzando investimenti, consolidando e sviluppando i livelli occupazionali, ma risulta fin troppo evidente che, venendo a mancare la parte degli ordinativi da parte di Adi che costituisce il pezzo più importante del fatturato, tutto l’assetto di Sanac sarebbe penalizzato e messo in difficoltà”.
“Come abbiamo avuto modo di rappresentarle nelle nostre precedenti comunicazioni, Sanac in amministrazione straordinaria è una azienda gestita dal Ministero delle imprese e del Made in Italy attraverso Invitalia e la sua missione è sempre stata fin dalla sua costituzione, quella di fornire i mattoni refrattari alle acciaierie nazionali, in particolar modo verso lo stabilimento di Taranto con volumi di fornitura di circa il 60/65% del suo fatturato complessivo. Incomprensibile come attualmente Acciaierie d’Italia (ribadiamo azienda partecipata dallo Stato attraverso Invitalia) da maggio 2021 non si rifornisca più da Sanac, mettendo il gruppo in seria difficoltà produttiva ed economica; a questo si aggiunge anche la mancanza dei pagamenti per il materiale fornito in precedenza.
“Riteniamo fondamentale per risollevare le sorti di Sanac e per permetterne la vendita, che Acciaierie d’Italia riprenda a fare gli ordini del materiale refrattario al gruppo Sanac e saldi il debito pregresso, in modo tale che la struttura commissariale possa esperire una nuova gara con tutti gli asset industriali e con tutti e quattro gli stabilimenti attivi, nell’obiettivo di mantenere livelli occupazionali adeguati e garantire alla struttura della siderurgia nazionale il giusto contributo che da sempre Sanac fornisce” concludono i sindacati.