Savona. “Tristezza e rabbia. Questi sono i sentimenti che ho nel cuore da quando, in un triste pomeriggio di dicembre, ho visto mio padre legato al letto, quasi nudo, gli occhi spaventati“. A raccontare una spiacevole degenza ospedaliera al reparto Dimi dell’ospedale San Paolo di Savona, è la figlia di un ricoverato, ormai deceduto.
“Lui era un anziano, malato, bisognoso di cure e di parole gentili – prosegue la figlia, Sabrina Melis -. Non sapeva che togliersi il sondino naso gastrico poteva essere pericoloso. La soluzione era legarlo. Anzi, no usare misure di contenzione, senza prima avvisare un parente, come vorrebbe la prassi. Almeno l’anziano scocciatore se ne stava tranquillo, con il campanello posto abbastanza lontano da non poterlo utilizzare”.
“Quel giorno di dicembre i medici hanno distrutto la dignità di questo grande uomo, mio padre. E hanno acceso in me una forte rabbia – aggiunge, poi conclude -. Spero e prego che ciò non accada a nessun uomo anziano indifeso come era mio padre”.
A questo sfogo è arrivata la risposta di Asl2. L’azienda sanitaria riferisce che “in casi particolari la misura di contenzione risulta necessaria per preservare l’incolumità del malato ed evitare che possa arrecarsi dolore o incorrere in cadute accidentali. Si tratta di una misura precauzionale, utilizzata in situazioni di emergenza e che prevede comunque un monitoraggio costante”.
“Nel caso specifico – proseguono dall’Asl2 savonese -, la famiglia era stata informata della gravità del quadro clinico e nel corso del ricovero i sanitari hanno dovuto ricorrere alla contenzione in diversi momenti al fine di preservare le condizioni generali e i presidi che consentivano l’alimentazione, l’accesso venoso e la somministrazione dei farmaci. Nel monitorare le condizioni i mezzi di limitazione venivano quindi rimossi in situazione di collaborazione e tranquillità del paziente”.
“La necessità di controllare il comportamento di un paziente così fragile risulta indispensabile per proseguire le terapie ed evitare ulteriori peggioramenti (prevenire cadute, impedire che il paziente si sfili il catetere venoso, il sondino naso-gastrico…). Di prassi in questi casi, se possibile, viene concesso al parente o al care giver (informato) di assistere il paziente, purtroppo a seguito della pandemia è stato talvolta più difficile dovendo limitare i rischi di contagio a salvaguardia dei pazienti stessi”.
“Il direttore della struttura in cui era ricoverato il paziente ha dato la sua disponibilità alla figlia, con la quale ha parlato di recente, ed ha assicurato che insieme a tutto il suo staff provvederà a valutare eventuali ulteriori azioni di miglioramento in particolare nella gestione dei rapporti con i familiari. L’azienda sanitaria si stringe al dolore della famiglia del paziente rinnovando il cordoglio per la perdita del loro caro” concludono.