Spesso dimenticati

Rifugi antiaerei a Savona, una storia che nasce nel 1942: degli 11 costruiti oggi ne sono conservati 8

Sono visibili in centro città e in periferia, alcuni sono stati adibiti negli scantinati dei palazzi e negli stabilimenti industriali per sfuggire ai bombardamenti in guerra

Savona. La recente riapertura della galleria del Garbasso – anche se per pochi giorni e per un’iniziativa artistica chiamata Milk dell’artista Silvia Celeste Calcagno – ha riportato indietro nel tempo andando a solleticare le emozioni dei savonesi con colori e suoni forti. Si è tornati così nei lontani anni Quaranta del Novecento, quando anche Savona è stata vittima delle conseguenze della Seconda Guerra Mondiale.

La galleria del Garbasso è un esempio perchè in quel periodo fu utilizzata come rifugio antiaereo per proteggere gli abitanti dai bombardamenti che stavano devastando la città della Torretta. Ma ora cerchiamo di capirne di più su questi luoghi ricchi di storia e oggi spesso dimenticati; lo facciamo con l’aiuto di Marcello Penner che ha curato l’Appendice di Le gallerie rifugio antiaeree nella città di Savona, comparsa in “Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria”.

I lavori per la costruzione di questa galleria e di altri rifugi iniziarono negli ultimi mesi del 1942: “Il progetto di costruzione prevedeva la realizzazione di due rifugi a Zinola, uno a Legino, uno per le Fornaci in località Chiappino, due alla Villetta, due in centro città e altri due in Villapiana” scrive Penner, membro della Società Savonese di Storia Patria.

Furono le autorità dell’epoca a ordinarne la costruzione nel minor tempo possibile, “nell’arco di 100 o al massimo 120 giorni“. Tuttavia “la necessità di avere i rifugi fruibili al più presto si tradusse, durante le fasi d’esecuzione dei lavori, in diversi infortuni accaduti agli operai delle imprese costruttrici”.

Durante i primi bombardamenti, “mentre le gallerie ricovero erano in fase di costruzione, la popolazione trovò rifugio nelle gallerie ferroviarie: quella del Prolungamento a mare scavata nella collina del Priamar, di Lavagnola sulla linea Savona-Altare in costruzione, in quella di piazza d’Armi e nella galleria stradale del Garbasso”. Prima dell’estate del ’43 dieci rifugi furono ultimati e pronti ad accogliere circa un migliaio di persone: “all’interno c’erano spazi igienici, punti di pronto soccorso, panche, illuminazione e acqua, oltre due ingressi per motivi di sicurezza”.

rifugi antiaerei savona

QUANTE E QUALI GALLERIE ANTIAEREE SONO STATE PROGETTATE  A SAVONA?

Le gallerie progettate a Savona erano quella del Montincello tra via Paleocapa e via Roma (che poteva accogliere mille persone), quella del Garbasso (per duemila persone), quella di San Lorenzo (per mille persone), quella della Bassa Villetta con accesso da via Assereto e dal vallone di San Giacomo (per 1500 persone), quella dell’Alta Villetta da via Forzano al vallone di Loreto (per 900 persone), quella dell’ex Fortezza con accesso da viale Dante Alighieri e da corso Mazzini (per tremila persone), quella tra via Firenze e via Schiantapetto  per duemila persone), quella del Chiappino con l’apertura in via Addis Abeba (per duemila persone), la galleria Ferriera da via Aurelia a via Ferriera (per 1900 persone), la galleria Zinola Brichetti con tre ingressi da via Santo Spirito (per 700 persone), infine la galleria Zinola Lottero con accesso da via Aurelia e da via Barba Lunga (per 850 persone).

Oltre questi furono costruiti altri rifugi, di dimensioni minori, nelle frazioni di Savona: a Ciantagalletto, a San Bernardo in Valle e Montemoro. Ma ancora: “In molti palazzi furono ricavati dei ricoveri negli scantinati con ingressi protetti da sacchi di sabbia e anche nei fabbricati industriali furono realizzati dei rifugi antiaerei come quello dello stabilimento Ilva scavato all’interno della collina del Priamar”.

COM’ERA LA VITA SOTTO I BOMBARDAMENTI?

Marcello Penner racconta anche come vivevano i savonesi sotto l’incubo dei bombardamenti. “Le autorità avevano predisposto diverse cautele e regole comportamentali dirette alla popolazione civile in caso di attacco aereo. Prima fra tutte era l’oscuramento. Questa disposizione aveva lo scopo di nascondere le città agli aerei, così dopo una certa ora erano spente le luci delle strade cittadine e anche nelle case occorreva rimanere alla fioca luce di una lampadina o di una candela, dopo aver chiuso le persiane o coperto i vetri delle finestre con della carta”. Le diverse direttive erano indirizzate a tutte le persone delle abitazioni, dal proprietario all’inquilino, dal capo-fabbricato al portiere.

Il segnale che invitava tutti ad abbandonare l’abitazione e raggiungere i rifugi l’allarme proveniente dal suono inconfondibile delle sirene. “Durante l’incursione solo il personale munito di un’apposita tessera della prefettura poteva circolare liberamente: si trattava di medici, ostetriche, personale di servizi pubblici“. Allo stesso modo “era permesso la circolazione solo dei veicoli della Croce Rossa, dei vigili del fuoco e delle squadre di soccorso dell’Unione Nazionale Protezione Antiaerea”.

Terminato il bombardamento per qualcuno restava la triste sorpresa di trovare la sua casa distrutta, o ancora più grave, la perdita di amici o parenti che non erano riusciti a mettersi in salvo. Ma anche nel rifugio non si era del tutto al sicuro – spiega Penner -. Durante il bombardamento del 10 agosto 1944, in località Strà sopra a Legino, una bomba cadde di fronte all’ingresso di una galleria scavata dagli abitanti della zona per proteggersi dai bombardamenti, e nel tremendo scoppio morirono 51 persone”.

COSA NE RIMANE OGGI DI QUEI RIFUGI?

Oggi, passati ormai 78 anni dalla fine della guerra, si è persa la memoria di alcuni di questi rifugi. “Certe gallerie rifugio sono state adibite a magazzino o garage, altre semplicemente chiuse da un cancello e dimenticate, fino a quando queste aree hanno interferito con la costruzione di una nuova strada o di una ferrovia chiudendoli definitivamente con un muro in cemento armato” si legge in Le gallerie rifugio antiaeree nella città di Savona.

“Dalla ricerca effettuata sul terreno si è verificato che diversi rifugi non sono più agibili. Ad oggi, dei vecchi rifugi antiaerei, sia pubblici che privati, solo 8 sono ancora esistenti sul territorio cittadino e sono ancora identificabili dall’esterno“.

In particolare, nel quartiere di Villapiana in via Firenze è possibile osservare l’ingresso del rifugio Galleria che raggiungeva via Schiantapetto oggi ultimo tratto di via Rusca. Qui l’ingresso è in parte interrato a seguito dei lavori di realizzazione dell’Aurelia Bis. Invece in via San Lorenzo sono ben visibili gli ingressi del rifugio Galleria San Lorenzo. Un altro ingresso, murato, della stessa galleria si trova in via Barrili. Le gallerie oggi sono conservate e utilizzate come magazzini in concessione a privati.

Nella parte alta di via Corridoni, nel terreno oggi di proprietà si apre quello dell’Alta Villetta che ha uscita in piazza Amendola nei pressi della chiesa di Santa Maria Giuseppa Rossello. Nel quartiere della Villetta il rifugio della Bassa Villetta, invece – scavato sotto la collina del seminario -, è stato probabilmente distrutto in parte o definitivamente chiuso a seguito dei lavori per la costruzione di box auto tra il 2008 e il 2009.

Il rifugio degli abitanti del quartiere delle Fornaci era quello della galleria del Chiappino, si trovava all’incirca nell’area tra l’incrocio dell’attuale via Vittime di Brescia e via Stalingrado demolito dalle ferrovie durante la costruzione della stazione Mongrifone. A Legino il rifugio galleria Ferriera era stato scavato all’incirca nei pressi del campo di calcio Ruffinengo. Nel quartiere di Zinola e precisamente nella collina dei Bricchetti erano stati scavati due rifugi, Gallerie Lottero e Bricchetti che a seguito della costruzione della ferrovia e della superstrada di collegamento Savona – Vado Ligure sono stati definitivamente cancellati. In ogni modo negli anni successivi la realizzazione di nuovi box interrati hanno forse completato la demolizione e la scomparsa della galleria Bricchetti.

A Lavagnola esiste e si possono tutt’oggi distinguere i due ingressi di una galleria rifugio, fatta costruire dal commendatore Cesare Bertani, il quale mise a disposizione il rifugio antiaereo, non solo per i suoi familiari, ma anche per gli abitanti di Lavagnola che trovarono sicuro riparo durante i bombardamenti. La galleria è stata costruita tra il 1941 e il 1942, un ingresso si apre all’inizio della salita per Cantagalletto, di fronte al ponte di San Martino, poco sopra la strada, ed è chiusa da un cancello, l’altro ingresso è visibile all’interno della stazione di servizio Agip posta sulla strada Provinciale 29, in via Nazionale Piemonte. La galleria poteva ospitare circa seicento persone.

Nel centro della città sono ancora presenti i vecchi rifugi: la galleria tra via Roma e piazza Diaz con ingresso su un lato della galleria Garbasso e la galleria del Monticello collegamento tra via Paleocapa e via Famagosta, quest’ultima utilizzata per circa trent’anni come passaggio pedonale, poi chiusa negli anni ’90 del secolo scorso, probabilmente per motivi di sicurezza. La galleria ex Fortezza per gli abitanti nel centro cittadino, all’interno della collina del Priamar oggi facente parte dei complesso sotterraneo della fortezza omonima. Nella stessa collina del Priamar lo stabilimento Ilva fece realizzare un rifugio antiaereo per i suoi operai, oggi è uno degli ingressi alla fortezza (galleria degli ascensori). Tirando le somme, quindi, “degli undici rifugi pubblici costruiti nel 1942, oggi ne sono conservati solo sei” conclude Marcello Penner.

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