Generosità

Raccolti altri 13mila euro per Daniela Molinari, 49enne malata di un tumore raro: “Grazie di cuore”

Grazie alle ultime donazioni, la raccolta fondi su “gofundme” ha superato quota 118mila euro, avvicinandosi sempre di più al traguardo di 140mila euro

Daniela Molinari

Valbormida. Oltre 13mila euro, è questa la somma raccolta in poco più di tre settimane a favore di Daniela Molinari, infermiera di 49 anni di origini valbormidesi, che da anni lotta con una malattia rara. Molti di questi fondi arrivano dalla generosità dei savonesi che, dopo aver letto la sua storia, hanno deciso di aiutarla.

Grazie alle ultime donazioni, la raccolta fondi su “gofundme” (QUI il link) ha superato quota 118mila euro, avvicinandosi sempre di più al traguardo, ovvero 140mila euro. Risorse che Daniela utilizzerà per continuare la sua terapia e riuscire ad andare allo Houston Cancer Center, ospedale americano che da anni la segue attraverso una cura sperimentale.

Ringrazio con tutto il cuore dell’aiuto che mi è stato dato per arrivare a questo risultato nella raccolta fondi – dichiara Daniela – oltre al sostegno di tutti gli amici sconosciuti che mi hanno scritto ed incoraggiata, grazie ai giornalisti che si sono premurati di scrivere interpretando con tanta delicatezza la mia storia, grazie per aver sopportato il mio silenzio in un momento in cui sono stata malissimo e non ce l’ho fatta a parlare. Grazie perché so che qualsiasi cosa si potrà mai fare per continuare a supportarmi lo farete, perché come sono stata rifiutata dalla Valbormida, sono anche stata accolta nell’abbraccio di molti”.

Daniela, infatti, è stata adottata ancora in fasce da una famiglia di Como e si è messa alla ricerca dei suoi genitori biologici una volta scoperta la malattia. Per accedere alla cura sperimentale, le occorreva il loro Dna. Una ricerca che non è stata per nulla semplice sia dal punto di vista burocratico che morale. Prima è riuscita a trovare la mamma che inizialmente ha rifiutato di fornire la provetta di sangue, ma poi ha cambiato idea. Più arda la ricerca del padre che solo pochi mesi fa ha avuto un esito, dopo numerosi rifiuti: Daniela aveva scoperto che le sue origini paterne erano in Valbormida, ma quello che credeva essere il genitore biologico si è rivelato poi il fratello, mentre il padre era morto anni prima. Una scoperta arrivata troppo tardi per aiutarla nelle sue cure.

LA STORIA DI DANIELA

Daniela viene adottata da una famiglia di Como all’età di due anni, era stata abbandonata in un orfanotrofio appena nata. La terribile notizia del cancro arriva quando ha 46 anni. Poco tempo dopo scopre di avere alcune metastasi. La chemioterapia, però, non ha alcun effetto sul tumore, la sua è una malattia molto rara, così l’equipe che la segue le propone di sottoporsi ad una terapia sperimentale ideata dallo Houston Cancer Centre. Daniela accetta, ma prima deve trovare i suoi genitori biologici, senza il loro Dna infatti non è possibile modulare il farmaco necessario.

Qui i primi ostacoli: la madre, trovata grazie al Tribunale dei Minori di Milano, si rifiuta di fornire la provetta di sangue. Iniziano quindi gli appelli di Daniela in tv e dopo qualche mese la signora cambia idea, ma decide di restare nell’anonimato. Il tempo passa, ma Daniela non si abbatte ed inizia a sottoporsi alla cura. L’insorgere di un pesante effetto collaterale rischia di pregiudicare la terapia, i medici suggeriscono di riformulare il farmaco, serve però anche il Dna del padre. Daniela aveva già iniziato a cercarlo rivolgendosi alla banca dati mondiale, grazie alla quale riesce a trovare un cugino che vive in Francia: “Subito si è attivato per aiutarmi – racconta – e siamo riusciti a capire che le mie origini paterne erano in Valbormida”. Ricostruendo il suo albero genealogico, scopre poi un altro cugino a Como. Anche lui si adopera nelle ricerche.

Si arriva così al nome di uomo valbormidese, zona che Daniela conosce bene, dato che per il suo lavoro di infermiera, si è recata più volte in una struttura cairese: “Tra l’altro, la Liguria è un posto che amo”, ci svela. Una coincidenza, dunque, che alla donna fa ben sperare. Si mette così in contatto con la famiglia del suo presunto padre, ma trova l’opposizione delle figlie: “Una di loro mi ha addirittura ingannata, dicendo che aveva inviato a Houston il Dna, cosa che in realtà non era accaduta, ho perso così altro tempo prezioso. Ho ricevuto davvero tanta cattiveria gratuita da loro e faccio fatica a capirne il motivo, ho solo chiesto una semplice provetta di sangue, nessun soldo, anzi mi sono offerta io di pagare le spese per il test del Dna. Sono riuscita anche a contattare direttamente l’uomo, mi ha ascoltata per qualche minuto poi ha chiuso la chiamata”.

Per diverso tempo, l’uomo si rifiuta di fare il test, ma in seguito ad un colloquio con i legali di Daniela, decide di fornire la provetta. E pochi mesi fa arriva un’altra brutta notizia: non si tratta del padre, morto anni prima, ma del fratello.

Ormai è troppo tardi, Daniela è giunta quasi al termine della terapia, i medici decidono quindi di continuare ad utilizzare lo stesso farmaco. A gennaio, la donna dovrebbe recarsi a Houston per i controlli che avrebbe dovuto fare anche ad inizio e metà percorso, ma non è stato possibile. Ed ora chiede un piccolo sforzo a tutte le persone che vogliono aiutarla per riuscire a pagare le ultime somministrazioni della cura e il viaggio negli Usa.

“Non ho mai avuto la certezza che la terapia possa andare a buon fine – ci dice – perché è sperimentale, nel mio caso è basata su un Dna ‘monco’ e soprattutto, a causa delle ricerche e dei rifiuti, ho perso troppo tempo. Ma, come ho fatto fin dall’inizio, non perderò mai la speranza, questa è stata la mia forza. Sto male, ogni giorno, non riesco ad alzarmi, ma voglio crederci, voglio continuare a vivere”.

 

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