Cairo Montenotte. Entro la fine di gennaio si sarebbe dovuta definire la situazione di Grancasa, i lavoratori invece dovranno restare sulle spine ancora per qualche giorno. Le banche creditrici, che da settimane stanno valutando il piano di risanamento proposto dell’azienda (sottoposta al momento ad una composizione negoziata della crisi), infatti non si esprimeranno fino al 6 febbraio.
È questo quanto emerso nel pomeriggio di oggi (30 gennaio) durante la riunione tenutasi tra i vertici dell’azienda e le segreterie nazionali e locali dei sindacati.
Le organizzazioni sindacali si sarebbero aspettate oggi di poter discutere di un quadro definitivo, invece, come detto, così non è stato. La risposta delle banche è tardata, ancora. Al vaglio dei creditori, tra le proposte, la possibilità di poter liberare dalle ipoteche alcuni immobili, in modo da venderli e ricavare nuova liquidità. Questa la sorte che dovrebbe spettare anche al capannone di corso Brigate Partigiane a Cairo, che fino al 31 dicembre 2022 ha ospitato il punto vendita di Grancasa, chiuso definitivamente a fine anno. Abbaseranno la saracinesca anche i negozi di Carmagnola (nel torinese), di Spello (in Umbria) e Nerviano (in provincia di Milano)
Ma la questione più importante riguarda sicuramente i 400 lavoratori del gruppo, tra loro anche i 10 dipendenti del negozio valbormidese che momentaneamente sono stati trasferiti a Ceva, in attesa di conoscere quale sarà il loro futuro: tra poco più di una settimana (appena tre giorni dopo l’attesa risposta delle banche), infatti, scadrà il contratto di solidarietà che era stato rinnovato nel 2022 e ancora non si sa se verrà ulteriormente prorogato.
Tra i dipendenti cairesi, c’è però anche chi ha intenzione di rifiutare il trasferimento: “Considerando le spese per raggiungere il Piemonte e lo stipendio ridotto, non è conveniente – dicono – appena avremo scritto nero su bianco cosa succederà, prenderemo la nostra decisione”. Per loro potrebbe essere dunque attivata la cassa integrazione oppure si potrebbe ricorrere ad un licenziamento collettivo. Tutto dipenderà dalla decisione del ministero e soprattutto delle banche.
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