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Per un pensiero altro

Sulla creatività

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

pensiero altro 21 dicembre 2022

“L’uomo che non può creare vuole distruggere” afferma Eric Fromm forse non senza una certa volontà polemica. Temo che abiti una profonda fondatezza psicologica in queste parole. Ne abbiamo numerose riprove nelle frustrazioni di individui capaci di uccidere anche in maniera feroce persone a loro vicine, troppi eventi di questa natura invadono le nostre cronache, per non parlare di squallidi dittatori che in nome di qualche Dio o di qualche opportunistica verità ideologica consumano atroci nefandezze nei confronti di “esseri umani”. Già, troppo spesso nomi e volti che osserviamo su uno schermo perdono di “profondità esistenziale”, divengono statistiche, scordiamo che anche uno solo di questi esseri umano che perde la vita è un valore inestimabile cancellato dalla mano di un altro essere umano che ha abdicato alla sua natura più peculiare. Ma abbandoniamo queste tristi notazioni per tornare al tema sollecitatomi a seguito di un precedente scritto che esordiva da una citazione di Douglas Coupland: “Ci sono tre cose che non puoi simulare, e sono le erezioni, la competenza e la creatività” e della quale la terza “cosa insimulabile” non era stata esaminata. Premetto che purtroppo è difficile dare del tutto ragione a Coupland al riguardo, o meglio, è complicato riconoscere ciò che è creativo e, pertanto, diviene arduo affermare con certezza che definire “creativo” qualcosa o qualcuno richiede una certa attenzione così da poter deliberare intorno alla simulazione.

Ricorrendo alla medesima allegoria impiegata in quel testo, quella del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, possiamo affermare che la creatività ha urgenza di pienezza, è sovrabbondanza, è un bisogno doloroso e piacevole del dover donare e se nel bicchiere si versa banalità anche il traboccare sarà banale, sarà clonazione e non gestazione di ciò che ancora non era, almeno non intriso della natura profonda del gestante. Guardiamoci intorno, oggi troppa spazzatura letteraria, musicale, pittorica, insomma, artistica o, per tornare al tema, “creativa” invade il nulla che si presenta come qualcosa, oggi il più ovvio artigiano si auto definisce artista e si misura con chi si reputa tale senza aver mai scoperto l’oltre confine non avendo mai nemmeno intrapreso il viaggio verso il confine. Creare è sempre scandalo, infrazione, trasgressione, oggi trasgredire è farsi le canne o ubriacarsi o ruttare in un ristorante alla moda, troppo facile scandalizzare l’ovvio, sei in grado di scandalizzare te stesso? Come non pensare all’anarchismo metodologico di Feyerabend? Creatività non è solo arte, anzi, molto spesso è la capacità di pensare fuori dagli schemi e inventare una prospettiva altra nell’osservare il problema tanto da generare soluzioni assolutamente imprevedibili all’interno del metodo convenzionale, questo dall’invenzione della ruota fino alla fisica quantistica, e il medesimo ragionamento vale per la filosofia e per tutte le scienze umane. Per chiudere la parentesi: non c’è nulla di male nell’essere un abile artigiano, anzi, magari trovarne ancora, ma non facciamo confusione, se ogni atto è artistico nulla lo è più, certo, con qualche sofferenza per i più.

Per tornare alla domanda iniziale: si può simulare la creatività? Potrebbe essere una risposta: dipende da a chi è rivolta la simulazione. Provo a chiarire con un esempio: molti anni fa un mio studente mi sottopose il ritornello di una canzone che andava allora tra i ragazzi che recitava, tra l’altro, quello che divenne un tormentone: “l’ombelico del mondo”, non ricordo più in riferimento a cosa e me ne scuso con l’autore. Ebbene, chi ascoltava la canzone riconosceva un valore simbolico e di sintesi estremamente efficace in quell’immagine, senza sapere, cosa che suppongo fosse nota al cantante, che tale espressione ha radici antichissime, dal mito greco delle aquile di Zeus e della pietra di Delphi all’omphalos di Napata (oggi in Sudan ), dall’ Umbilicus Urbi Romae alla città di Cusco, antica capitale Inca, che, infatti, nella lingua quechua significa proprio ombelico del mondo. La frase della canzone era creativa o una citazione? Non penso che l’autore volesse simulare, semplicemente utilizzava un dato del suo bagaglio culturale, ma ecco che, magicamente, agli occhi di un pubblico incolto e dal palato dozzinale, una citazione diviene un atto creativo. Ciò non toglie che in altre situazioni il fenomeno non possa essere deliberato, mi sembra emblematico il caso di un comico italiano che andava per la maggiore mi sembra negli anni 90, che traduceva pari pari dall’inglese le battute di comici statunitensi spacciandole per originali, in quel caso la simulazione mi sembra evidente.

Esistono poi diversi tipi di creatività: una è quella di cui scrive Ernest Hemingway: “Ma accorgersi che si era capaci di inventare qualcosa; di creare con abbastanza verità da esser contenti di leggere ciò che si era creato; e di farlo ogni giorno che si lavorava, era qualcosa che procurava una gioia maggiore di quante ne avessi mai conosciute. Oltre a questo, nulla importava.” In quel caso il pubblico è l’autore stesso che sa e si compiace dell’aver generato ciò che reputa “nuova e originale bellezza”, certo, desidererà essere riconosciuto e gratificato da altro pubblico, ma l’atto creativo ha già avuto luogo, il suo riconoscimento è nel mercato e non lo scalfisce. Altro modo di concepire l’atto creativo è quello descritto da Alejandro Jodorowsky: “Un creatore è del tutto paranoico. Si crede Dio. E non bisogna aver paura di prendersi per dio o per una dea”, ma di questo in molti è rimasto solo il credersi dio senza rendersi conto che esserlo è terribilmente sconvolgente, quanti minuscoli insetti osservano l’asfittico soffitto del loro pensiero, lo chiamano cielo e, chiusi nei loro ghetti culturali e quotidiani, si sollazzano con l’aria condizionata e appena un soffio di vento, magari solo prodotto da un ventilatore, li coglie, sono convinti di volare. Com’è facile fraintendere il senso e il valore di una parola quando se ne abusa: un esempio utile del travisamento del concetto di creatività lo si può incontrare nelle pagine dell’autobiografia di se stesso scritta da Salvador Dalì dove racconta che, una volta ottenuto di poter accedere all’Accademia di belle arti di Madrid, si sentì dire dal maestro: «Disegna, così, come ti viene, in questo modo sarai creativo». La domanda che il grande artista di Figueres rivolse all’insegnante fu: «Ma allora che ci vengo a fare qui?» La creatività è un percorso, è acquisizione di competenze, è ricerca, ascolto, passione e, forse soprattutto, un atto d’amore, è dare senza nulla chiedere in cambio, amando disperatamente chi coglierà il regalo, sia che sappia comprenderlo e condividerlo che no.

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero. Clicca qui per leggere tutti gli articoli

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