Appello

Infelise (Più Cairo): “Unico modo per salvare l’ospedale è il riconoscimento di area disagiata”

"Abbiamo tutti i requisiti, lo devono chiedere i sindaci alla Regione per evitare la chiusura definitiva del nosocomio per come lo abbiamo conosciuto fino a poco tempo fa"

ospedale cairo eleonora infelise

Cairo Montenotte. “Siamo in Valbormida 40.998 abitanti e 19 comuni (oltre i lavoratori). Se avessimo chiesto e preteso tutti di essere quello che siamo, ovvero area Montana disagiata, avremmo oggi un Pronto Soccorso, dove – per pochi che ce ne siano – i medici sarebbero toccati anche a noi”. A dirlo è Eleonora Infelise, coordinatrice del gruppo di minoranza “Più Cairo, a seguito del consiglio comunale di ieri, in cui è stato ospite Luca Corti, nuovo direttore del distretto delle Bormide.

Un incontro, dopo quello avvenuto con i sindaci valbormidesi, nel quale il medico ha ribadito la necessità dei pazienti gravi di essere trasferiti in un “ospedale vero, ovvero attrezzato e con tutti i reparti adeguati, e non in quello più vicino: su questo – ha detto – bisogna educare la popolazione, cosa che finora non è stata fatta”.

Nessuno pretende una Rianimazione, la cardiochirurgia o chissà che – dice Infelise –  Da quando c’è il 118 i codici gialli e rossi sono sempre andati a Savona, tranne quando il 118 era già impegnato e si stabilizzava il paziente per poi trasferirlo. Però una colica renale, una distorsione o una ferita, una crisi ipertensiva, uno scompenso glicemico, una cefalea, una ritenzione urinaria, può benissimo essere trattata a Cairo Montenotte senza costringere la gente ad affollare il PS di Savona. Ma la domanda è: come è che se il paziente chiama l’ambulanza lo mandano direttamente a Savona? Oppure i pazienti che arrivano soli dovrebbero addirittura sapersi dare un colore? Andiamo, stanno male e vanno nel posto più vicino”.

Infelise pone poi l’attenzione su un problema sollevato anche ieri proprio dal capogruppo Fulvio Briano durante l’incontro: “A Cairo ci sono gli specialisti: l’oculista, il pneumologo, il diabetologo, il reumatologo e l’allergologo. Perché il loro uso è limitato o vietato se uno si trova al ppi e necessiterebbe di tale consulenza?”. Domanda alla quale, ieri dotto Corti ha  risposto sottolineando come “l’utilizzo deigli specialisti interni per i pazienti del Punto di primo intervento sia possibile”

Davvero è ancora così tanto difficile capire che ci può salvare solo il riconoscimento dell’area disagiata? – si domanda – Possibile che i sindaci valbormidesi hanno creduto alla favola di un Pronto Soccorso gestito da privati all’ospedale di Cairo, con l’obbligo in tale caso di finanziare un reparto di Rianimazione, e oggi, anche alla luce di quanto riferito dal Dott. Corti, non sono pronti a chiedere alla Regione tutti insieme tale riconoscimento? In tal caso i medici arriverebbero fosse solo pagati con quei fior di gettoni”.

“No, non è una politica seria – afferma Infelise -. Qui ci viviamo e abbiamo il diritto di pretendere una sanità vera, ed efficiente che risponda alla gente e a chi paga le tasse. Chi sostiene che non ci siamo problematiche che attengono alla riorganizzazione della sanità territoriale per renderla in linea con le domande di salute dei cittadini, mente sapendo di mentire. Per questo credo che il vero tema sul tavolo è come riuscire a invertire il conto alla rovescia che ci separa dall’inevitabile chiusura definitiva dell’ospedale per come lo abbiamo conosciuto fino a poco tempo fa”.

“Da tempo stringe progressivamente, per mano dell’ASL, la garrota mortale del taglio delle risorse e dei servizi, per abituare progressivamente i cittadini a risolvere altrove i propri problemi di salute. Ciò che può e deve essere ottenuto con urgenza, invece, in una trattativa diretta con la Regione (e non con l’ASL, cui compete solo la gestione delle scelte politico-organizzative assunte dal Governo regionale), è il riconoscimento del nostro ospedale come Ospedale di Base in zona particolarmente disagiata: i requisiti li abbiamo tutti, anche grazie (si fa per dire) alle politiche regionali che hanno impedito lo sviluppo di collegamenti viari degni di questo nome nella nostra area di riferimento. Questa sarebbe sinergia con l’ospedale di Savona o di Pietra, non oberarli”.

E non conta dopo, conta esattamente ora, perché se otterremmo quel riconoscimento potremmo davvero avere una riorganizzazione intelligente ed efficiente del territorio, (implementando letti territoriali di ospedale di comunità, di cure intermedie e di hospice, organizzando le Case di comunità, utilizzando con formule innovative la Medicina di Base e l’assistenza infermieristica), si potrebbe creare un ‘mix’ di attività sanitarie ospedaliere e territoriali tale da mettere in sicurezza davvero la salute dei cittadini della Valbormida, si potrebbe costituire un modello organizzativo innovativo da validare, magari anche oggetto di una sperimentazione sul campo cui ci potremmo candidare”, conclude Infelise.

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