Savona. Giorgio Calabria, segretario della Lega di Savona, interviene “sul piano pedonale presentato ieri pomeriggio in seconda commissione comunale a Savona. Ci ritorniamo ancora una volta con l’intento per non essere fraintesi. Quello che contestiamo alla giunta è l’uso politico di scelte amministrative elementari”.
“Chiudendo 150 metri di una via secondaria (via Manzoni) e di scarsa utilità per il traffico per farne una zona pedonale di scarsa attrattiva, di fatto elimino solo dei parcheggi, chiudendo via Ratti 50 metri, si eliminano semplicemente dei parcheggi e non vado oltre – afferma Calabria – Se chiudo 100 metri di corso Italia, elimino un cospicuo numero di parcheggi. Ma la domanda è: che cosa ho fatto di innovativo a vantaggio del cittadino? A mio avviso non ho ottenuto nulla. Se poi penso di attuare attrattive architettoniche conviviali, ci vuole la fantasia di un Jules Verne per immaginare come isole pedonali”.
Continua Calabria: “Se proprio un amministratore volesse farlo, basterebbe una comunicazione dell’ufficio traffico dei vigili senza declamare studi di settore, appelli alla vivibilità, alla miglioria della qualità dell’aria, il riferimento al rilancio della città con o senza Agenda, tutto lì, tutto troppo sproporzionato cioè un uso politico della amministrazione. Questo era il peccato veniale, tutto sommato passabile di consenso nella modalità da me descritta, ma il bello viene poi, quando si vuole contrabbandare un utilizzo condizionato del problema mercato ambulante con una rivoluzione del traffico cittadino basato, sulla chiusura della principale arteria di collegamento interno cittadino che i padri urbanisti avevano disegnato prospettando il collegamento tramite ponte (mai costruito) con l’Oltreletimbro, così si penalizzerebbe tutta la fisiologica circolazione interna spostando tutto il traffico privato e pubblico sulla dorsale via Gramsci, corso Mazzini lato mare con e via Santa Lucia, via Famagosta, piazza Diaz a monte”.
“Va bene che si sia interpellato qualche studente o docente del Campus, ma bastava riferirsi a qualche studio specializzato del settore e lo avrebbero sconsigliato; invece, una qualche presunzione politica ha avuto la meglio. Allora ribadiamo la nostra non è una censura politica del fatto tecnico, è una censura tecnica del fatto politico”.