Oggi la popolazione mondiale ha superato gli 8 miliardi di abitanti, secondo una stima ufficiale delle Nazioni Unite, un passo che definisce “una importante pietra miliare nello sviluppo umano” e un monito, nel pieno della COP27 , della “nostra responsabilità condivisa di prenderci cura del nostro pianeta”.
Per l’Onu, “questa crescita senza precedenti” – nel 1950 si contavano 2,5 miliardi di abitanti – è il risultato di “un graduale aumento della durata della vita grazie ai progressi della sanità pubblica, dell’alimentazione, dell’igiene e della medicina”. Secondo le stime però questa crescita sta rallentando. Nel 2010 sono stati raggiunti i sette miliardi, mentre serviranno altri 15anni per raggiungere i 9 miliardi nel 2037. «Un segnale – scrivono le Nazioni unite in una nota – che il tasso di crescita della popolazione sta rallentando».
Sono le stesse Nazioni unite poi a sottolineare come il boom demografico rappresenti, anche, una sfida sociale ed economica per il Sud del mondo visto che i paesi con i più alti tassi di fertilità tendono a essere quelli con il più basso reddito pro capite. La crescita demografica, quindi, si sta concentrando nelle economie più deboli e fragili, sopratutto nell’Africa sub-sahariana, cosa che potrebbe complicare il cammino degli obiettivi della ‘agenda verde’.
Ma per evitare fraintendimenti l’Onu chiarisce: l’insostenibilità non è dovuto alla crescita della popolazione, ma a quella dei redditi. Non è un caso, infatti, che i paese con il reddito pro capite più alto sono quello con consumi più elevati di risorse naturali e di emissioni. Il raggiungimento degli obiettivi sanciti dall’Accordo di Parigi, il testo che fissa limiti all’aumento delle temperature, dipende dal taglio dei «modelli insostenibili di produzione e consumo», anche se un rallentamento della crescita demografica può ridurre l’impatto ambientale nella seconda metà del secolo.