Magazine

Per un pensiero altro

La magia della lettura

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

pensiero altro 9 novembre 2022

“Che cos’altro è leggere, se non raccogliere [anche qui gioca l’etimo tedesco, che è analogo a quello latino, dove “legere” significa anche raccogliere]: raccogliersi nel raccoglimento in ciò che, in quel che è detto, rimane non detto?”, si tratta di un’estrapolazione da una lettera di Heidegger a Emil Staiger del 1950. Il senso profondo dell’argomentare heideggeriano rimanda alla fase conclusiva del suo pensiero che diviene fondativo per la futura filosofia ermeneutica sviluppata da Gadamer. Ci basti rilevare da tanto pensiero la fondamentale centralità della lettura per la “costruzione e la scoperta” del soggetto, diviene di conseguenza drammatico quanto dimostrano i dati ISTAT del 2015 sulla lettura in Italia: solo il 42% della popolazione legge un libro all’anno, di questi il 45,5% viene considerato lettore “debole”, non avendo letto più di tre libri all’anno, mentre il 13,7% viene definito lettore “forte”, leggendo almeno un libro al mese. Forse sarebbe opportuno riflettere sul perché di tanto disastro, addirittura ipotizzando qualche soluzione, magari celebrare il libro, così succede a Barcellona per la festa di Sant Jordi, come pegno d’amore. Per la precisione gli innamorati catalani si scambiano rose rosse e libri. La leggenda racconta che la rosa rossa nacque dal sangue fuoriuscito dal corpo del drago ucciso dal santo che salvò la principessa e il paese di Montblanc, ma la celebrazione politico religiosa si connota come una grande festa della cultura e il vero protagonista diviene il libro. Ma torniamo nel Belpaese: perché si legge così poco in Italia?

La prima risposta, la più facile, quella che ho ascoltato innumerevoli volte è: colpa della scuola! Non è mio intento sollevare l’istituzione scolastica dalle sue responsabilità, ma per potergliene riconoscere è indispensabile che la stessa abbia dei mezzi per contrastare una simile decadenza. Se il genitore medio ha come gerarchia valoriale una classifica che vede al primo posto denaro e notorietà e solo molti ma molti gradini più sotto la cultura, giusto perché “tutto sommato non guasta”; se i nostri giornalisti e pseudo intellettuali sono spesso paragonabili a chiacchieroni postprandiali; se si confonde sommaria informazione da internet con profonda e metabolizzata cultura … ebbene, che ne può la scuola? Intanto sarebbe opportuno domandarsi: cosa leggere? Capisco che in alcune occasioni possa accettarsi una qualsiasi lettura piuttosto che il nulla, ma non possiamo certo immaginare di stimolare il piacere di una così sottile attività suggerendo ad adolescenti del terzo millennio dei classici ottocenteschi tanto lontani dal loro presente. Certo non avrebbe senso proporre i testi delle canzonette contemporanee che sono conferma di quanto il “vuoto pneumatico dei testi” possa divenire propellente per il successo di pubblico, imiteremmo il classico caso del Barone di Munchhausen che si libera dalle sabbie mobili sollevandosi per i baffi. L’autoreferenzialità della non cultura contemporanea si celebra e si corrobora nello sballo depensato, nella musica elettronica producibile da qualsiasi analfabeta del pentagramma, nel rumore che annichilisce il pensiero. Il dogma è. se non penso a quel poco che sono e che sto costruendo di me, ma mi limito e confermarmi nel rumore che abito, ecco che la filosofia dello struzzo elimina la tragedia. Non dimentichiamo, però, quale postura assume chiunque metta in atto tale strategia.

Ho sentito spiegare che la lettura è soprattutto evasione, se così fosse non avrebbe senso suggerirla a chi evade perennemente da sé per mezzo di video o simili. No, leggere non è allontanarsi da sé e dalla propria vita ma prenderne possesso più intimamente! Umberto Eco afferma che leggere è vivere moltissime vite, credo però che sia importante chiarire che grazie a una simile opportunità si riesce a vivere e comprendere più profondamente la propria. Ancor più interessante l’osservazione di Marcel Proust per il quale la lettura è sempre lettura di se stesso. Se è vero, come afferma un grande pensatore contemporaneo, che negli altri incontriamo noi stessi, ecco che in un libro i meccanismi di incontro si liberano in un tempo dilatato dove il pensiero si appropria e si estende, diviene più ricco e acuminato, ecco che le frasi dello scrittore da “testo” divengono “pretesto”, occasione, strumenti di indagine sull’unico soggetto presente nell’oltre tempo della lettura, quell’io più intenso che, liberato, almeno in parte, da censure e pregiudizi verso di sé, sta leggendo. Ecco cosa significa leggere, “raccogliersi nel raccoglimento in ciò che, in quel che è detto, rimane non detto”, è procedere lungo tracce indiziarie che solo i nostri occhi sanno riconoscere, lo stesso testo crea differenti sentieri a secondo di chi lo accoglie, e così procedere nell’universo magico che andiamo edificando. Mentre proseguiamo nel nostro cammino ecco illuminarsi radure, intravedersi ombre, manifestarsi profumi e poi laggiù, nel silenzio pregno di voci che abita chiunque sappia davvero godere della lettura, possiamo incontrare “noi stessi leggenti”, e allora ristiamo, respiriamo le emozioni che si liberano, ascoltiamo i nostri pensieri senza bisogno di doverli condividere se non con noi stessi, noi che semplicemente realizziamo l’atto divino del creare, ci sorridiamo e ci osserviamo mentre l’io lettore si alza, risponde al nostro sorriso e ci viene incontro.

Chiedo perdono, mi sono lasciato trascinare dall’emozione, torniamo alla questione. Come affermava Cesare Pavese “Leggendo […] Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra – che già viviamo – e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi”. Leggere, ribadisco, è incontrare se stessi, lascio a chi ha avuto la pazienza di arrivare fino a queste righe completare l’anomalo sillogismo: se non ami la lettura …! Ricordo, in una presentazione de “Il respiro dell’anima” dell’amico Freeman, come stessi evidenziando il meccanismo di sovrapposizione emotivo esperienziale della protagonista, una poliziotta, con quello dell’assassino che tentava di catturare, un’operazione che costringeva la prima a riconoscere in sé i tratti dell’altro, quello che Nietzsche descrive come osservare l’abisso che osserva te. Se riesco a “osservare e vedere ciò che guardo” significa che i miei occhi sono in grado di farlo, fuor di metafora: potrei io stesso essere il il criminale se comprendo intimamente la sua logica e questo non mi rende tale ma consapevole di essere altro per scelta: la complessità psicologica costruita da Freeman è uno dei tanti doni della buona letteratura coglibile da un lettore appassionato. Ebbene, nell’occasione molti dei presenti mi hanno ringraziato per aver fornito loro un ulteriore livello di riflessione nei riguardi del testo in oggetto: si erano riconosciuti nell’assassino? Ne avevano compreso le motivazioni? Avevano condiviso l’intimità emotiva tra la poliziotta e il criminale? Può essere che qualcuno abbia rinunciato alla lettura del romanzo perché spaventato dalla complessità dell’approccio, ma va anche detto che la lettura di un romanzo di spessore può limitarsi alla sola “piacevole evasione” se è quello di cui il lettore ha bisogno in quel momento e il romanzo è ben scritto, ma attenzione: è la scelta di chi rinunciasse a una storia d’amore profondissima perché troppo impegnativa, certo, questo garantisce di incorrere in meno problemi ma, amico mio, non ti leccherai mai le dita assaporando un amore troppo facile. Solo un’ultima provocatoria riflessione: come mai oggi si sente sempre più spesso domandare, quando si suggerisce la lettura di un buon libro, “Ma ne hanno fatto il film?” La ragione è ovvia, mi sembra, si tratti di evitare la “fatica” di leggere. E quante volte vi è capitato di conoscere prima il romanzo e poi vederlo trasposto in pellicola: ebbene, per quanto fosse abile il regista e belli ed efficaci gli attori, come mai il vostro film era “un’altra cosa”?

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero. Clicca qui per leggere tutti gli articoli

Più informazioni

Vuoi leggere IVG.it senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.