Savona. “Si è gridato molto e si continua a gridare nonostante abbia detto che sul punto nascite di Savona mi sono impegnato e mi impegnerò non tanto perché i savonesi lo chiedono, ma perché è giusto che Savona, per ragioni organizzative, abbia un punto nascita. Quindi noi chiederemo di avere un punto nascita anche lì, oltre a quello di Pietra Ligure, considerando l’area di Ponente un’area vasta: uno a Imperia, che sarà poi Sanremo, e due nella zona del Savonese. Mettere il punto nascita a Savona è pure utile a Genova, perché in qualche modo guarda la parte a Ponente del Genovese”.
L’assessore alla Sanità Angelo Gratarola interviene ancora sulle indiscrezioni a proposito del piano sociosanitario della Regione Liguria che potrebbe prevedere la chiusura del reparto di maternità di Sampierdarena. Documento che, precisa l’ex primario del San Martino, non sarà pronto entro quest’anno: “Non ce la facciamo, c’è la legge di bilancio. Arriverà nei primi mesi del 2023“.
Per mettere tutti d’accordo, la soluzione sarebbe, infatti, quella di mantenere due punti nascita: uno a Savona e uno Pietra Ligure. A pesare, però, sono la carenza di personale e i numeri: secondo il DM 70 la soglia ottimale per l’esistenza del reparto è di circa 1000 parti, e il minimo è di 500.
“In linea teorica e solo su base geografica – aveva spiegato domenica – la prima stesura del piano socio sanitario indica a proposito di Genova nell’ospedale Evangelico di Voltri la struttura deputata alla copertura dell’estremo Ponente cittadino, sono però al vaglio altri elementi per definirne l’assetto finale”. Ma, precisa oggi l’assessore, “non si può guardare solo agli elementi geografici, ma tutta una serie di elementi aggiuntivi: il punto nascita non è una struttura avulsa dal resto dell’ospedale, bisogna fare dei ragionamenti, ma su quello non è stato fatto ancora nulla di certo. Mettere il punto nascita a Savona è pure utile a Genova, perché in qualche modo guarda la parte a Ponente del Genovesato”. Uno scenario che potrebbe concretizzarsi se la scelta di chiudere coinvolgesse l’Evangelico anziché il Villa Scassi.
I tempi, in ogni caso, non saranno brevissimi. Il piano sociosanitario “lo stiamo rivedendo – premette Gratarola -. Ci sono cose che mi convincono, altre che mi convincono meno. Una volta che lo abbiamo dichiarato discutibile, passa in giunta. Poi deve andare al ministero che ha 30 giorni di tempo per sentire Agenas e un’altra commissione. Dopodiché viene dato alla giunta che lo dà alla commissione Sanità. Una volta che la commissione lo ha licenziato va in Consiglio e a quel punto diventa legge”.