Commento

Bozza nuovo piano sanitario, punto nascite solo al Santa Corona. Storti: “Non è un Dea di II livello, decisione assurda”

Il presidente del comitato “Amici del San Paolo” interviene a gamba tesa sul disegno che traccia la futura sanità ligure: “Ecco cosa intende Toti per ospedale cittadino”

Storti Santa Corona San Paolo

Savona. “La decisione di chiudere il punto nascite di Savona a favore del Santa Corona di Pietra Ligure disvela il lento smembramento del San Paolo a favore di altri territori meno popolati. A questo livello di aggressione il comitato non ha le munizioni per difendere il nosocomio. L’ospedale pietrese, inoltre, non possiede le specialità previste dalla legge per essere qualificato come un Dea di secondo livello, basta guardare il decreto per rendersene conto”. Così Giampiero Storti, presidente del comitato “Amici del San Paolo”, commenta la bozza del nuovo piano sanitario presentata in queste ore dai vertici di Alisa ai direttori delle Asl liguri e agli esponenti della giunta regionale. 

Per diventare ufficiale, il documento dovrà essere approvato dal consiglio regionale (dove potrebbe – potenzialmente – anche essere modificato in sede di discussione). Tuttavia, la bozza predisposta dal direttore generale di Alisa Filippo Ansaldi parla chiaro: il punto nascite di Savona è destinato a chiudere. E su questo aspetto le parole di Storti sono durissime: “Da quando esiste – ricorda il presidente del comitato savonese -, il San Paolo ha sempre avuto il suo punto nascite. Questo modo di creare conflitti tra ospedali e popolazioni è ridicolo oltre che assurdo. Sta succedendo ad Albenga, a Cairo e ora anche a Savona. Non è così che si risolvono problemi”.

Storti mette in evidenza anche i numeri: “Nel savonese, compresa la Valbormida, abbiamo un bacino d’utenza di 160 mila abitanti. Ad Albenga siamo intorno ai 60 mila e nel finalese 50 mila. I numeri sui potenziali partorienti pendono a favore di Savona e i numeri non si possono piegare. Comprendo sia difficile avere due punti nascite in questo momento, ma i problemi del Covid hanno ridotto anche la natalità. Oggi nell’Asl2 di Savona siamo intorno alle 700-800 nascite”.

“Inoltre – prosegue Storti -, in questo modo si innesca un conflitto anche tra gli operatori. Spostare un centinaio di lavoratori a 30km di distanza è un fatto a dir poco originale. Evidentemente chi decide queste cose vive a Genova e non si rende conto di quello che dice. Tuttavia, qui nessuno vuole male a nessuno. Il gioco di mettere contro le popolazioni e le associazioni è sgradevole, inopportuno e non aiuta la pace sociale. Non si risolve il problema smontando a pezzi il sistema sanitario nazionale”.

“Pare che chi governa non abbia idea di cosa sta trattando, non conosca i territori, si limiti a statuire ipotesi tecniche prive di confronti con le realtà istituzionali dei territori preferendo la creazione di elementi di contrapposizione invece di armonizzare le esigenze delle popolazioni. I presupposti del decreto Balduzzi (bacino di utenza-epidimiologia attesa) vengono disattesi a favore di disegni tecnocratici o clientelari. La struttura dei servizi, i dati statistici degli attuali punti nascita, le distanze che debbono percorrere le partorienti per raggiungerli andrebbero coniugati con le esigenze delle future mamme, i mesi di preparazione al parto, la fiducia verso i professionisti, la libertà di scelta di andare a partorire dove si ritiene meglio. In questo contesto nel rispetto della legge Balduzzi i punti nascita debbono essere posti dove c’è più popolazione cercando di migliorarne l’offerta e non spostarli perseguendo obiettivi avulsi dagli interessi dei cittadini”.

Ma il presidente del comitato “Amici del San Paolo” non risparmia una frecciatina anche alla politica, compresa quella locale: “Non è un comitato che può occuparsi di una partita di questo tipo – conclude Storti -, ma le forze politiche e i sindaci. Le forze elette devono intervenire su questa partita assumendosi delle responsabilità. I comitati esistono dove non c’è risposta delle rappresentanze”.

Insomma, Storti sembra voler passare la palla al sindaco Marco Russo (che già a luglio aveva espresso forti preoccupazioni sul futuro del punto nascite di Savona e ora ha garantito che “Savona deve reagire e l’amministrazione comunale farà la sua parte“). 

“Lo sconcerto di noi savonesi nell’apprendere i disegni della regione relativi il futuro della città di Savona, non solo nel campo sanitario, nasce dal fatto che chi manovra tiene ben nascosti i progetti e li fa calare con il contagocce senza dibattito sgranando lentamente il tessuto socioeconomico del distretto savonese. Un primo esempio sono i collegi elettorali che spezzano perfino il savonesato, un pezzo verso il ponente e un pezzo verso il levante a statuire l’inconsistenza del territorio”, conclude Storti.

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