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Quattro anni fa l’incendio che distrusse la nuova sede di Autorità Portuale a Savona fotogallery

La densa colonna di fumo invase la città. Prima la paura, poi le indagini e l'archiviazione: ma nonostante l'appello del sindaco l'edificio devastato è ancora lì

Savona. Era il 23 ottobre 2018: 4 anni fa a Savona andava a fuoco la nuova sede di Autorità Portuale. Un rogo tanto improvviso quanto spaventoso, che ridusse l’intero edificio a un ammasso annerito in meno di due ore.

L’allarme poco dopo le 13: la densa colonna di fumo, visibile anche a grande distanza, invade le vie della città della Torretta scatenando il panico tra gli abitanti. Immediata la chiamata ai soccorsi e tempestivo l’intervento dei vigili del fuoco, che inviano sul posto l’autoscala, un’autobotte e due squadre. L’edificio, costato 8,4 milioni di euro, era stato inaugurato appena una manciata di mesi prima.

In breve tempo il rogo assume dimensioni importanti, e IVG inizia a raccontare tutto in diretta.

Intorno alle 14 le forze dell’ordine iniziano a transennare l’area, allontanando e tranquillizzando i presenti, mentre i vigili del fuoco continuano le operazioni di spegnimento del rogo, che ha già praticamente “divorato” l’intero edificio. Contemporaneamente inizia frenetica la “conta” dei dipendenti per capire se alcuni di loro, o altri addetti ai lavori o cittadini potessero essere all’interno dello stabile al momento del rogo: emergerà che fortunatamente tutte le circa 40 persone presenti nell’edificio sono riuscite a uscire, senza feriti o intossicati.

L’incendio è terrificante: parti di lamiera si staccano dalla facciata e precipitano al suolo, mentre le fiamme raggiungono anche le auto parcheggiate nelle vicinanze dello stabile.

Intorno alle 14.20 l’incendio sembra quasi domato, quando riprende vigore nella parte superiore della torre: le fiamme sono “vive” e continuano a “piovere” porzioni di lamiera e detriti. Verso le 15 viene dichiarato sotto controllo: “L’aria risulta pulita e priva di quantitativi di eventuali agenti dannosi per la salute – spiega il caposquadra dei vigili del fuoco – e dall’Autorità Portuale ci hanno garantito che tutti i presenti all’interno dell’edifico al momento del rogo sono riusciti ad uscire in tempo”.

Arrivano anche i tecnici di Arpal, per i rilievi del caso, e l’allora sindaco Ilaria Caprioglio: “Stando alle analisi di Arpal non ci sono agenti inquinanti nell’aria ma, in via preventiva, abbiamo chiesto a tutti gli abitanti delle palazzine della Darsena e del centro di tenere le finestre chiuse”. La zona rossa è delimitata con le transenne. Quando l’edificio si raffredda inizia finalmente la bonifica.

Nei mesi e negli anni successivi le indagini ricostruiranno man mano l’accaduto: il terrazzino da cui sono divampate le fiamme, l’effetto “camino” dovuto all’intercapedine tra la facciata interna costruita in Argisol (un materiale plastico altamente infiammabile) e i pannelli colorati in alluminio (ignifughi). Nove persone vengono iscritte nel registro degli indagati. Emergono errori nella costruzione e nell’abbinamento dei materiali. Nel giugno 2019 viene disposta addirittura una vera e propria “simulazione” all’interno della caserma dei vigili del fuoco di Velletri, con la ricostruzione del muro esterno e il montaggio dei pannelli ignifughi sulla facciata. La conclusione a cui giunge il perito è che a rendere così violento e rapido l’incendio siano stati due dettagli costruttivi: la mancata intonacatura della facciata “interna” e la distanza tra quest’ultima e i pannelli esterni con cui era rivestita.

Al momento dell’incendio non esisteva una norma che obbligava costruttori e direttori lavori ad intonacare l’Argisol, soltanto linee guida dei vigili del fuoco, di applicazione volontaria. L’inchiesta per incendio doloso viene quindi derubricata a incendio colposo. Poi, dopo più di due anni, arriva la richiesta di archiviazione.

Quattro anni dopo la struttura è ancora lì, devastata dalle fiamme, a ricordare quel rogo. Un’immagine certo non piacevole, tanto che lo scorso giugno il sindaco Marco Russo ha scritto una lettera a Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, chiedendo un intervento immediato: “La sede andata a fuoco è simbolo di degrado, dequalifica la città”. Ma per ora quel moncherino nero è ancora lì.

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