Savona. “Ci chiedono 21 mila euro, di botto, entro una settimana. Altrimenti a fine novembre concludono il contratto. Noi nella sfortuna abbiamo la liquidità per far fronte alla richiesta, ma un’azienda più piccola come farebbe?”. Scuote la testa sconsolato Federico Saettone, titolare delle omonime farmacie a Savona. Davanti a lui sulla scrivania due comunicazioni del fornitore Unoenergy. Due tappe di una richiesta in grado di mettere in ginocchio chiunque: pagare 21 mila euro entro una settimana o vedersi risolvere il contratto.
Il tema è noto a chi fa impresa. Riassumendo e semplificando, nel caso di utenze aziendali – con consumi decisamente maggiori rispetto a quelle domestiche – capita che il fornitore, per evitare sorprese, richieda qualche garanzia. Un pagamento anticipato, una fideiussione, oppure un vero e proprio deposito cauzionale. Un qualche “gruzzolo” che metta al riparo il gestore dai clienti morosi: l’energia fornita è già “coperta” economicamente dalla garanzia.
I rincari degli ultimi tempi hanno ovviamente reso queste garanzie ancora più cruciali. A fronte di bollette più alte aumenta il rischio che qualche cliente non paghi. E contemporaneamente eventuali garanzie già in essere perdono di valore (una cauzione che prima magari copriva 3 mesi di bollette ora potrebbe non bastare nemmeno per un mese). E così molti fornitori si sono mossi, chiedendo cauzioni o fideiussioni a chi non le aveva o incrementandone l’importo per chi già le forniva: un provvedimento lecito e legittimo ma che va ad aggravare ulteriormente la situazione di chi già deve fare fronte a bollette magari triple rispetto al passato.
Veniamo al caso specifico. UnoEnergy ha scelto una strada comune a diverse aziende, ponendo ai suoi clienti due alternative: gestire in modo diverso la fatturazione passando al “prepayment” (pagare in anticipo il consumo presunto e poi conguagliare il mese dopo sui consumi reali), oppure fornire una cauzione pari al 15% del consumo dell’anno precedente.
Saettone ha scelto la seconda opzione: “Ci siamo attrezzati e abbiamo investito per ridurre i consumi quest’inverno, quindi ci sembrava più conveniente rispetto a pagare in anticipo consumi probabilmente superiori al reale”. Quello che non si aspettava, però, era una formula così tranciante. “Ci hanno scritto chiedendoci di colpo una cifra altissima, 21 mila euro, quando ci aspettavamo meno di 10 mila. E ci hanno dato solo una settimana per versarla integralmente, oppure dal 1 dicembre saremo presi in carico dai Servizi di Ultima Istanza”. Il che significa che fortunatamente la farmacia non rimarrà senza corrente, ma sarà costretta a pagarla di più.
La cifra ovviamente è figlia dei rincari (la bolletta di luglio è passata da 5 a 10 mila euro); e qui è “colpa” di Saettone non aver realizzato che “il 15% dei consumi dello scorso anno” non equivaleva automaticamente al 15% di quanto pagato nel 2021. Sui tempi, invece, non sente ragioni: “Come si può dare per scontato che un’impresa possa versare in pochissimi giorni una cifra simile? La prima comunicazione non forniva alcuna informazione su tempi e modi della cauzione”. Il caso ha attirato anche l’attenzione di un senatore, Luca Pirondini (M5S), che sull’accaduto presenterà un’interrogazione urgente al Ministero.
Ora la scelta è tra pagare quanto richiesto o lasciare che il contratto decada a fine novembre, passando al servizio nazionale in attesa di un nuovo fornitore. “Valuteremo in questi giorni – conclude Saettone – ma noi almeno abbiamo la ‘fortuna’ di poter scegliere. Tante aziende più piccole, di fronte a richieste simili, andranno in crisi e rischieranno di chiudere”.