Savona. L’autunno dovrebbe essere periodo di tregua dalle allergie da pollini (almeno alcune), invece così non è. Lo sanno bene le persone allergiche che in queste settimane hanno dovuto fare i conti con starnuti e occhi rossi, sintomi che di solito compaiono in primavera, ma le temperature superiori alla media hanno di fatto causato l’aumento della loro durata.
Non un fenomeno nuovo alla comunità scientifica che da tempo sta studiando come i cambiamenti climatici interferiscono con la stagione pollinica. “Purtroppo – spiega Manlio Milanese, Responsabile della Unità Operativa di Pneumologia in Asl2 – i cambiamenti climatici, che si è scoperto essere dovuti all’inquinamento, possono comportare anche una variazione delle stagioni, quella primaverile ad esempio climaticamente inizia prima e finisce più tardi e quella autunnale è più mite. E questo influisce anche sulle allergie che si allungano”.
“Inoltre – prosegue lo pneumologo – in alcuni casi compiano dei pollini laddove non erano presenti, ne è un esempio il polline ambrosia, tipico della parte più nord dell’Italia settentrionale, che ora sta scendendo, anche in questo caso per variazioni climatiche. A Paestum, un recente congresso di Siama (società italiana aerobiologia e medicina ambientale) è emerso che i pollini stanno variando come caratteristiche anche di altitudine, a quote più alte tendono ad esserci pollini che prima non c’erano”.
Questa situazione sta creando un aumento dei casi? “Non abbiamo a disposizione dei dati clinici a riguardo – dice Milanese -, ma di fatto le stagioni stanno cambiando e quindi i soggetti allergici si trovano ad avere a che fare con stagioni allungate e hanno dei sintomi anche quando in passato il loro polline si stava spegnendo. Quindi più che un incremento dei casi si è verificato un allungamento della sintomatologia dei pazienti”.
Ad influire, come detto, l’inquinamento che sta causando i cambiamenti climatici. Ma pare essere un circolo vizioso, in quanto – spiega Milanese – “purtroppo i pollini possono a loro volta veicolare gli inquinanti. Questo può comportare un aumento dei sintomi, in quanto già gli inquinanti da soli sono responsabili di riacutizzazioni di malattie respiratorie croniche”.
LE ALLERGIE PIU’ DIFFUSE IN LIGURIA
Tra le “bestie nere” per gli allergici il Liguria c’è la parietaria che, se prima si limitava alla primavera, ora perdura da febbraio a novembre ed è quindi quasi presente tutto l’anno. “È una delle allergie che maggiormente può risentire dell’anticipazione o del posticipo della stagione – spiega Milanese – La nostra regione si sta avvicinando alla Sicilia, dove a causa del clima caldo, la parietaria è costante tutto l’anno. Già prima sforava in autunno, con questa situazione si è allungata ulteriormente”.
Tra le altre allergie primaverili tipiche delle nostre zone, “sicuramente l’olivo, a seguire il nocciolo, la betulla, le graminacee, queste ultime hanno un impatto più importante soprattutto in Valbormida” afferma Milanese.
In inverno invece meglio stare alla larga dai cipressi, “anche questo un polline molto diffuso, le Società Scientifiche Allergologiche – racconta lo pneumologo – invitavano i Comuni ad evitare di piantumare nuove piante allergizzanti, proprio come il cipresso, e di preferire altri alberi”.
Per quanto riguarda l’autunno, attenzione agli acari e alle muffe che proliferano in ambienti umidi: “In Liguria abbiamo un bel mare e questo facilita il fatto che ci siano ambienti caldo-umidi, quindi anche l’acaro è uno degli allergeni più rappresentati nella nostra regione”.
I CONSIGLI DELL’ESPERTO
“Se la sintomatologia non è controllata da farmaci ad uso saltuario, consiglio di fare delle indagini per scoprire a cosa si è allergici – dice Milanese – non tanto per una questione di curiosità, ma per capire quale terapia fare”.
Per le allergie, infatti, esistono anche i cosiddetti “vaccini”: “Se una persona non è affetta da allergie multiple, può ricorrere all’immunoterapia antiallergica, che desensibilizza il paziente e riduce la sintomatologia per quel determinato polline”. Vaccini quindi che non permettono la guarigione, ma che diminuiscono l’impatto sul paziente e che – sottolinea Milanese – “sono importanti soprattutto se si tratta di bambini e adolescenti, in questo caso la terapia di tipo immunologico può essere preventiva anche per il futuro”.