Dottorato

Giovane savonese in Artico per studio: “Fare ricerca qui insegna più che altrove, un’esperienza impagabile” fotogallery

Giulia Vitale a Ny-Ålesund campiona l'acqua del mare per quantificare e identificare microplastiche, additivi e plastificanti, e capire da dove arrivino

Giulia Vitale in Artico per il dottorato

Savona/Norvegia. Dalla passione per il mare e per l’ambiente alla ricerca diretta in Artico, oltre la penisola scandinava, precisamente a Ny-Ålesund, insediamento a nord dell’isola di Spitsbergen, la più estesa dell’arcipelago delle Svalbard, popolato da circa 200 abitanti in estate e soltanto 30 in inverno, per lo più ricercatori scientifici. In questo panorama mozzafiato, dove sono state girate anche le scene del film di Checco Zalone Quo vado?, Giulia Vitale – giovane dottoranda savonese – si occupa di campionare acque superficiali, sedimento e biota nel Kongsfjorden e Krossfjorden per raccogliere informazioni utili per completare la sua tesi di dottorato.

“E’ un’esperienza bellissima che mi sta fornendo un bagaglio di conoscenze che in altre occasioni non avrei potuto raccogliere – racconta Giulia, entusiasta -. Certo, qui si è sempre occupati, si esce in barca per fare i campionamenti o si resta nella base dirigibile italiana per studiare in laboratorio quanto raccolto in mare. Uscire da soli è pericoloso per via degli orsi e si impara a stare alle regole della comunità che si è creata. In questa zona inoltre devi rinunciare un po’ al collegamento a internet che è molto instabile se non alla base; tutto l’insieme ti insegna un po’ a vivere, insomma”.

“NELLA BASE DIRIGIBILE ITALIANA SONO L’UNICA SAVONESE, ANALIZZO L’INQUINAMENTO DEL MARE”

In questa stazione siamo tutti italiani, c’è chi viene da Torino, chi da Bologna, chi da Venezia, io sono l’unica di Savona, e ognuno compie la propria ricerca – aggiunge Giulia -. Un mondo affascinante che sono felice di aver scoperto”. In questi panorami mozzafiato che sembrerebbero incontaminati si possono comprendere molte cose: “L’obiettivo del mio progetto, chiamato Placebo (Arctic Field Grant), non è solo quello di quantificare e identificare microplastiche, additivi e plastificanti in queste matrici, ma anche di comprenderne le fonti e il loro trasporto” illustra la 26enne.

Poi prosegue: “Inoltre, i campioni verranno usati per il progetto Microtracer, del Programma di Ricerca in Artico, che ha anche l’obiettivo di identificare specie bioindicatrici, marker di stress e il potenziale ruolo di queste particelle come vettori di inquinanti e batteri”. In poche parole quello che si vuole fare attraverso questa ricerca è trovare quanto e da cosa sono inquinati i mari in questa zona. “Le plastiche possono provenire dalla cittadina vicino, ma anche da altre parti del mondo, noi cerchiamo di capire la fonte certa, ma è piuttosto complesso”.

“ORA C’E’ LUCE, SI E’ IPERATTIVI, MA TRA CIRCA UN MESE SARA’ SEMPRE BUIO”

Giulia ha avuto la possibilità di studiare direttamente sul campo per circa un mese in questa zona norvegese grazie al dottorato di Scienze Polari  all’università Ca’ Foscari di Venezia, associata CNR-ISP. “A fine settembre finisce questa mia esperienza, ma tra circa un mese calerà il buio e restare qui è piuttosto complicato, sia a livello di ricerca che a livello psicologico.

Il lato positivo è che qui l’orario è lo stesso italiano e al momento la luce è presente tutto il giorno, si è come iperattivi e non fa nemmeno troppo freddo: fino ad ora siamo arrivati al massimo a -2 °C ed è nevicato, uno spettacolo indescrivibile” spiega Vitale, poi aggiunge: “La lontananza da casa è tanta ma rifarei senz’altro un’esperienza simile”.

“FARE LA RICERCATRICE? CI STO ANCORA PENSANDO”

Infine alla fatidica domanda sul cosa Giulia farà dopo il dottorato, lei risponde: “Fare ricerca mi piace moltissimo, ma il lato negativo è un po’ la precarietà. Fare la ricercatrice è un’attività che farei per un certo periodo, è impagabile. Ora finisco il dottorato poi vedrò”.

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