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Robot umanoidi all’Unità Spinale del Santa Corona, prima applicazione in Italia fotogallery

Collaborazione con l’Università di Genova per l’assistenza alle persone con lesioni midollari, l'innovativo progetto scientifico per la sanità

Pietra Ligure. L’Unità Spinale dell’ospedale Santa Corona e il Dipartimento DIBRIS dell’Università di Genova collaborano in un progetto che mira a sviluppare i primi robot in grado di assistere, dapprima in corsia, ma in futuro anche al domicilio, le persone con lesioni midollari.

I robot dovranno avere capacità assistive, ma anche, ed è la caratteristica di maggior pregio, la capacità di intrattenere, con la persona a cui saranno dedicati, un dialogo approfondito che tenga conto delle specificità di quella singola persona e del contesto socio-culturale ed esperenziale nel quale la persona vive ed è vissuta.

“I robot possono aiutare le persone ricoverate – afferma il dr. Antonio Massone, direttore dell’Unità Spinale – in molti modi: possono incoraggiare i pazienti ad effettuare esercizi quotidiani, li possono aiutare a muovere e posizionare correttamente oggetti di uso quotidiano nella stanza di degenza, rendere facile l’accesso a televisione, internet e alla comunicazione remota con amici e familiari”.

“Oltre questo aspetto di assistenza, soprattutto per coloro che devono trascorrere a letto, lunghi periodi, anche di un mese, vorremo sviluppare e testare robot in grado di tenere compagnia con conversazioni che rispondano agli interessi dei singoli utenti” aggiunge il dirigente sanitario Asl 2.

“La nuova tecnologia, presentata oggi nel nostro hub sanitario a livello regionale, è già a disposizione dei pazienti nell’ambito di una prima sperimentazione operativa sull’applicazione sanitaria dell’interlligenza artificiale” conclude Massone.

Il progetto è stato basato su robot umanoidi come Nao e Pepper, di cui il dipartimento di Informatica, Bioingegneria, Robotica e Ingegneria dei Sistemi (DIBRIS) dell’Università di Genova, ha sviluppato e progetterà ancora l’intelligenza artificiale per le funzionalità di supporto fisico e sociale: ogni azione viene eseguita dai robot con attenzione ai costumi, alle pratiche culturali e alle preferenze individuali.

“Gli assistenti vocali in commercio – sottolinea Antonio Sgorbissa, professore di robotica presso l’università di Genova – hanno capacità di conversazione molto limitata, e non sono in grado di interagire fisicamente con le persone. Stiamo cercando di superare questi limiti”.

La ricerca parte e avrà nuovi risvolti applicativi dai risultati del progetto europeo Caresses, guidato dal professor Sgorbissa e dal suo team, un intervento multidisciplinare il cui obiettivo è stato quello di sviluppare il primo robot di assistenza agli anziani in grado di adattarsi alla cultura della persona.

Nel laboratorio congiunto tra DIBRIS e Unità Spinale, medici, terapisti, infermieri, psicologi bioingegneri ed ingegneri robotici collaboreranno con le persone vittime di lesioni al midollo spinale afferenti alla struttura per costruire, insieme, una nuova generazione di robot in grado di fornire una assistenza personalizzata che tenga conto sia delle diverse abilità fisiche e cognitive degli individui con cui interagiscono sia delle loro specifiche preferenze legate ad esempio a età, sesso e cultura.

Alla presentazione al Santa Corona ha parlato una delle responsabili del progetto, la prof.ssa di Bioingegneria dell’Università di Genova, Maura Casadio: “Una nuova intelligenza artificiale per la robotica e la sua applicazione a livello socio-sanitario, che avrà successivi sviluppi progettuali grazie alla struttura scientifica realizzata tra tutti gli attori protagonisti di questa assoluta novità, la prima vera applicazione sanitaria e ospedaliera dei robot umanoidi”.

“Il funzionamento si basa sulla tecnologia Cloud con estensioni operative diversificate e maggiori rispetto a certi dispositivi familiari come Alexa o Google Home, che permette, infatti, una interazione diretta con la persona, intanto sul piano relazionale, e poi sotto l’aspetto di supporto alla riabilitazione, anche a distanza: l’utilizzo del robot e le sue funzioni dipendono dalla tipologia di assistenza richiesta per il singolo paziente” conclude la docente universitaria.

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