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Per un pensiero altro

La magia della lettura

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

Generico agosto 2022

“Che cos’altro è leggere, se non raccogliere [anche qui gioca l’etimo tedesco, che è analogo a quello latino, dove “legere” significa anche raccogliere]: raccogliersi nel raccoglimento in ciò che, in quel che è detto, rimane non detto?”, si tratta di un’estrapolazione da una lettera di Heidegger a Emil Staiger del 1950. Il senso profondo dell’argomentare heideggeriano rimanda alla fase conclusiva del suo pensiero che diviene fondativo per la futura filosofia ermeneutica sviluppata da Gadamer e che mi limito a “raccogliere” per costruire una libera riflessione sulla “centralità perduta” della lettura.

Per meglio comprendere la prospettiva nella quale mi pongo e suggerisco di osservare la questione possono esserci di aiuto le parole di Marcel Proust: “Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto uno strumento ottico offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”. Per uscire da ogni ambiguità o criptico sottinteso esplicito che: ogni lettore incontra se stesso regalando il proprio dire al non detto del libro. Chi si pone nella disponibilità di darsi all’incontro per mezzo di un libro diviene lettore poiché ha compreso che “saper leggere” non significa semplicemente esercitare la competenza acquisita nei primi anni di scuola dell’obbligo, leggere non può intendersi solo nell’accezione più ovvia, insomma, nel senso di riconosce le lettere che compongono le parole, le parole che creano le frasi, le frasi che raccontano una storia, leggere è molto di più, è un atto creativo che ti chiede solo un po’ di pazienza e ti regala te stesso e l’abisso della tua anima, se non impari a leggere in questo modo le profondità si riempiono di nulla, le vette del pensiero si appiattiscono e la tua esistenza diviene un’immensa distesa uniforme di nulla.

Ho utilizzato l’espressione “centralità perduta” in riferimento alla lettura poiché mi sembra davvero triste osservare come oggi la disponibilità alla lettura vada scomparendo, ma ancor più avvilente verificare gli effetti di un simile atteggiamento malinconicamente dilagante. Il momento del silenzio che accompagna ogni vera lettura consente l’ascolto delle parole non dette che scendono in profondità nell’interno di ogni lettore, intridendosi di suoni e profumi e colori, per poi ripresentarsi alla sua coscienza portatrici di una nuova voce e di una più intima partecipazione di sé. Ma quel silenzio fa paura, soprattutto a chi è terrorizzato, più o meno consapevolmente, all’idea dell’incontro con se stesso: e se scoprisse di essere vuoto? E se le parole non dette sprofondassero in un magma paludoso senza più saper riemergere all’ingresso della coscienza? E se il gabbiano spaventato dal pericolo di non saper volare si trasformasse in gallina confermando il sospetto della propria inattitudine al volo fino a celebrare la sopravvivenza pollaiesca? E allora ecco che le parole tanto vuote quanto sonore invadono il silenzio, ecco che la festa del nulla si sostituisce chiassosa e vana all’intimo sussurro che conduce al me, ecco che alla lettura si sovrappone, imperante e sciocca, la chiacchiera o, oramai sempre più spesso, “il rumore ottuso e sordo dei video”. Ottuso perché finalizzato a riempire il vuoto di nulla, sordo perché non ascolta, parla senza chiedere fino a renderti pian piano incapace a porti domande saturandoti di risposte senza interrogativi, le risposte sul nulla che non dicono nulla. Nell’immensità invasa di suoni privi di pensiero si aggirano vagolando le povere menti dei non lettori. Leggere è silenzio e ascolto di te che ti trasformi nella valle dell’eco nella quale le parole del libro si intridono della tua voce, in quel modo divieni te stesso e se non riesci a comprendere questo è perché ti sei accettato per quella povera cosa che è il viaggiatore senza percorso che si incontra nell’immensa distesa desertica del depensamento.

“Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”. Così ammoniva Marguerite Yourcenar sono oramai settantanni ed è stata tragica Cassandra, l’inverno dello spirito ci ha raggiunti, ma non si è presentato con le sembianze attese, non si tratta del rogo dei libri promosso da qualche grigio e mediocre dittatore nei confronti del quale abbiamo acuminato le nostre difese preventive, al contrario, la responsabilità è passata sulla punta delle dita di inconsapevoli adolescenti, e non utilizzo l’espressione in senso anagrafico, che sono felicemente liberi di cliccare gioiosi e vacui sui tasti dei propri cellulari rinunciando sorridenti al piacere della lettura, piacere mai compreso e mai vissuto, piacere addirittura trasformato in fatica poiché “leggere è pensare” e costoro dichiarano soddisfatti e tronfi di non leggere. Non voglio scomodare l’amico René Descartes e il suo “je pense donc je suis” che spiega quanto sia inscindibile l’essere umano dalla propria capacità di pensare, ma come accettare la riduzione dell’atto sublime del pensare alla sua più umile utilità nel tradursi in azione spicciola? Anche la scimmia pensa a come raggiungere il casco di banane, addirittura può comprendere che saltando da un punto di partenza più elevato può afferrare anche il frutto inaccessibile dalla posizione di partenza inferiore, una embrionale capacità di concettualizzare l’idea di distanza e non solo, ma il pensiero come peculiarità dell’uomo è ben altro. Il pensare umano è concettualizzazione e creazione, è un atto libero e sempre nuovo, è scoprire le sfumature e i profumi di un percorso che invento a ogni passo e che, nello stesso incedere, determina il mondo nel quale mi aggiro. Ma, tornando all’adolescente metatemporale gioiosamente cliccante e rapito davanti al cellulare, come fargli comprendere che ha rinunciato all’essenza più profonda di sé? Come aiutarlo a ritrovare la dignità di essere uomo, animale capace al pensiero, creatore di arte e, meravigliosamente, lettore?

Se ha ragione Cesare Pavese quando afferma che “Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma. Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra – che già viviamo – e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi”, ecco che si spiega il motivo per cui progressivamente si riduce il numero dei lettori all’inversamente proporzionale diffondersi di social, video, influencer? Chi non pensa e non ha pensato, ma pensato davvero, cosa potrà incontrare in un libro se non l’agghiacciante silenzio del nulla? E quando si afferma “non mi piace leggere, lo trovo noioso”, non dovremmo tradurre con “non mi piace il nulla che sono, è triste prenderne coscienza”? Come aiutare queste persone che non sanno di aver bisogno di aiuto? Come non correre il rischio di presentarsi come saccenti depositari del giusto? Come restituire il dono meraviglioso dell’atto creativo a chi si è avvizzito nell’anestetico del “banale preconfezionato”? Non è facile, anzi, diviene sempre più difficile in un sistema dove l’ovvio può assurgere a geniale se ottiene un elevato numero di visitatori e proporzionali compensi pecuniari. Purtroppo non ho ancora trovato la pozione miracolosa anche se posso registrare numerosissime testimonianze di splendidi lettori che mi scrivono esprimendo argomentazioni e pensieri originali, profondi, stimolanti, insomma, non tutto è perduto evidentemente. Come direbbe l’amico Gershom Freeman: “Leggete, leggete tanto, soprattutto buona letteratura – per poi chiudere con un sorriso – come, per esempio, quella che scrivo io”

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero. Clicca qui per leggere tutti gli articoli

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