La telefonata

Il viaggio di tre savonesi nel cuore dell’Africa: “Educare alla pace oggi per ricostruire un futuro domani” fotogallery

Eleonora e Giulia Bertolotto insieme a Matteo Martini si sono recati nel Sud Sudan per la Fondazione Cesar. Il loro racconto in una lunga intervista podcast con il giornalista Nicola Seppone

Generico giugno 2022

Provincia. Il Sud Sudan è uno dei Paesi più poveri al mondo. Si trova nell’Africa subsahariana e conta 13 milioni di abitanti (l’età media è di circa 19 anni). Dagli anni 50 il Paese non conosce pace. Prima una guerra civile per l’indipendenza dal Sudan (1955-1972), poi un’altra guerra civile con lo stesso obiettivo (dal 1983 al 2005) sino ad arrivare alla dichiarazione di indipendenza (il 9 luglio del 2011). Nel 2013 è la volta di un’ulteriore guerra interna (questa volta tra le varie tribù) terminata nel 2018 con la Pace di Addis Adeba.

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La Fondazione Cesar opera da circa 20 anni in questo contesto. L’obiettivo? Ridare speranza alle persone che non hanno nulla e costruire un futuro partendo da zero. Per farlo, Fondazione Cesar si avvale del contributo di volontari pronti a scendere (letteralmente) in campo mettendo le loro competenze professionali al servizio di un Paese completamente da ricostruire. Il viaggio di Eleonora e Giulia Bertolotto (figlie di Marco, responsabile della terapia del dolore in ASL2 da poco andato in pensione) e Matteo Martini nasce così. Due ingegneri e un architetto partiti dalla provincia di Savona e volati nel cuore dell’Africa per far rinascere un territorio.

Il viaggio di tre savonesi nel Sud Sudan

I tre volontari hanno raccontato il loro viaggio all’interno del podcastLa Telefonata” condotto dal giornalista della redazione di IVG Nicola Seppone.

UN NUOVO INIZIO

Il Sud Sudan è uno dei Paesi più giovani al mondo e deve il suo sviluppo al lavoro incessante dei missionari di diverse religioni proveniente anche dall’Italia: “Il punto di equilibrio tra le varie tribù – racconta Eleonora – è sempre stato padre Cesare Mazzolari, vescovo della diocesi di Rumbek dal 1999 al 2011. Fu proprio lui ad aprire il discorso di indipendenza del Sud Sudan il 9 luglio del 2011. Purtroppo Mazzolari morì poco dopo e da quel momento il Paese ripiombò nell’incubo delle guerre civili”.

Serviva un nuovo padre Mazzolari. Serviva un nuovo interlocutore per la Fondazione Cesar. Quell’interlocutore è arrivato solo recentemente. Si chiama padre Christian ed è stato ordinato vescovo della comunità di Rumbek il 25 marzo 2022. Il viaggio (prima impensabile) di Eleonora, Giulia e Matteo è diventato così realtà.

Il viaggio di tre savonesi nel Sud Sudan

Le due sorelle Bertolotto erano già state nel Sud Sudan nel 2004 insieme al padre. Il dottor Bertolotto, ex sindaco di Toirano, all’epoca del suo mandato decise di dare vita ad un gemellaggio con un villaggio molto povero della diocesi di Rumbek. Poi, attraverso una serie di contatti interessati ad impegnarsi nello sviluppo del Paese, all’inizio degli anni 2000 nacque la Fondazione Cesar, che vedeva unite due realtà, una ligure e una lombarda (bresciana in particolare).

ZAINO IN SPALLA. DESTINAZIONE? UN ALTRO MONDO

L’ingegnere e i due architetti savonesi sono partiti dall’Italia con un obiettivo preciso: “Siamo stati quattro giorni a Rumbek – spiega Matteo – e una volta arrivati lì ci siamo subito messi al lavoro per cercare di capire le loro necessità per ripartire. Quello che abbiamo capito è che costruire lì non è facile. Non ci sono maestranze del posto in grado di poterlo fare e tutto quello che viene costruito viene importato, dall’Uganda in particolare”.

Il viaggio di tre savonesi nel Sud Sudan

I tre volontari arrivati in aereo dopo diverse ore di viaggio (e vari scali). L’atterraggio? In un pezzo di terra battuta. Le piste illuminate e asfaltate del nostro mondo fanno parte dei ricordi dopo qualche ora di volo. E poi c’è una strada, un’unica via, che ti porta dalla capitale (Giuba) alla diocesi di Rumbek. Il Sud Sudan è davvero un altro mondo. I figli crescono con l’idea della guerra come “pane quotidiano” e i ragazzi imparano sin da piccoli a “giocare” con i kalashnikov. La guerra è la routine. Una routine che nemmeno il Covid ha saputo scalfire.

L’ARMA GIUSTA PER COMBATTERE LA GUERRA: L’EDUCAZIONE

Una volta arrivati nel Sud Sudan, i tre colleghi savonesi si rendono subito conto che la speranza di un futuro migliore può passare solo attraverso l’educazione delle nuove generazioni: “Fin dalle prime ore ci è apparso subito chiaro come sia importante investire sui giovani e sulla loro educazione – continua Giulia -. Le scuole ci sono, ma il livello ovviamente non è lo stesso che abbiamo qui. Loro vogliono alzare la qualità dell’istruzione. Da questo punto di vista Fondazione Cesar ha dato un grosso contributo. Sono diverse, infatti, le scuole finanziate dalla fondazione in cui vengono formati i nuovi insegnati”.

Generico giugno 2022

Le fa eco la sorella Eleonora: “L’educazione ha un ruolo chiave – prosegue -. Loro sono convinti che, a partire dalle scuole primarie, occorra istruire i bambini alla pace e al fatto che i conflitti porteranno solo ad altri conflitti e non ad opportunità di sviluppo. La vera svolta non arriverà oggi, ma domani e grazie ai neonati di oggi. Saranno loro, cresciuti con l’educazione alla pace, a mettere le basi per un futuro migliore”.

UN FUTURO DA RICOSTRUIRE

Con l’arrivo di padre Christian si è aperto un nuovo e importante canale di comunicazione per la fondazione. Eleonora, Giulia e Matteo (così come altri volontari) progettano di tornare nel Sud Sudan per continuare il loro lavoro. L’idea è sempre quella di capire le necessità per iniziare a mettere nero su bianco dei progetti da realizzare.

La strada, ovviamente, non è in discesa. Nel 2022 il Paese è ancora in ostaggio di usi e costumi per noi inimmaginabili. A partire dal ruolo della donna. Le ragazze a 17 anni vengono letteralmente vendute in cambio di bestiame. E non a caso Eleonora ricorda: “Una delle richieste che ci sono arrivate – aggiunge – sono i dormitori, per le bambine, in particolare. Ci hanno spiegato che essendo considerate un ‘bene’ prezioso, molte ragazze rischiano di essere perdute tra un viaggio e l’altro”.

Il viaggio di tre savonesi nel Sud Sudan

Cosa resta dopo un’esperienza di questo tipo? Lo abbiamo chiesto a tutti e tre.

Eleonora si è portata a casa “il sorriso di questa popolazione nel vederci”, Giulia non dimenticherà mai “la loro capacità di essere felici pur non avendo quasi nulla”, mentre Matteo ha ancora bisogno di tempo, “le emozioni verranno fuori più avanti, ma sicuramente la vita è una cosa semplice, fatta di rapporti umani e di cose da costruire insieme”.

I tre ragazzi savonesi sono pronti a raccontare il loro viaggio anche nell’ambito di una serie di incontri che si terranno nei prossimi mesi in provincia di Savona. Saranno occasioni uniche per conoscere meglio la Fondazione Cesar e i progetti portati avanti nel Sud Sudan negli ultimi 20 anni.

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