Allarme

Caro gasolio, macchine agricole “ferme”. I coltivatori: “Dove sono gli aiuti?”

"Praticamente non ci resterà in tasca quasi nulla: molte realtà del nostro territorio non ce la faranno ad andare avanti"

Osiglia. Nuovo allarme dei coltivatori diretti e delle piccole aziende familiari del nostro entroterra, alle prese con l’aumento dei costi gestionali e in particolare del caro-gasolio, che mette al palo l’utilizzo delle macchine agricole necessarie alla produzione locale e alla conservazione del patrimonio boschivo.

“Stiamo operando sui terreni e le superfici boschive dei nostri castagneti e frutteti in vista della raccolta, ma registriamo un aumento vertiginoso del gasolio, praticamente raddoppiato, da 0,80 al litro a oltre 1,5 euro al litro” affermano alcuni dei produttori del comprensorio valbormidese.

“Facendo due conti sulle lavorazioni necessarie sulle aree rurali nelle quali operiamo, praticamente non ci resterà in tasca quasi nulla: trattori e macchinari vari sono essenziali in questa fase della stagione, preparatoria alla decisiva raccolta, peraltro già ridotta negli anni dalle incursioni dei cinghiali e dai cambiamenti climatici” aggiungono.

“Senza veri aiuti e forme di sostegno molte realtà del nostro territorio, di lunga tradizione e capaci di offrire produzioni di qualità e identitarie, non ce la faranno ad andare avanti. Oltre all’effetto diretto sui rincari energetici, dobbiamo considerare gli aumenti generalizzati che incidono in maniera determinante sui bilanci di imprese a conduzione familiare”.

“A questo la beffa dei rimborsi per i danneggiamenti, per i quali in tanti non hanno mai preso un euro… E poi attrezzature e macchinari, con varie domande di contributo non andate a buon fine e acquisti realizzati a totali spese delle aziende familiari”.

“In molti hanno davvero voglia di abbandonare i terreni e lasciarli in pasto ai cinghiali… Perché tanta fatica per nulla? E’ chiaro che, nonostante gli appelli e le richieste in più occasioni sollecitate a livello istituzionale, ci sentiamo ancora presi in giro e non vediamo prospettive concrete per proseguire l’attività agricola”.

“Tra noi coltivatori è presente un doppio sentimento, di rabbia e rassegnazione per il mancato intervento delle istituzioni, che ci costringeranno ad abbandonare le zone rurali e dell’entroterra, un territorio che potrebbe essere invece valorizzato come trampolino di rilancio per la Liguria e la provincia di Savona, avvicinando anche i giovani al settore”.

“Per i piccoli produttori, senza aiuti e senza un piano di adeguate difese dagli ungulati, il 2022 sarà l’ultimo anno di produzione, con molto rammarico per una tradizione che si sta tramandando di generazione in generazione…” concludono.

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