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Vaiolo scimmie, nessun caso in Liguria ma sanità in allerta: “Il sistema è pronto”

Ansaldi (Alisa): "Quadro in assoluta evoluzione, ma complicanze decisamente inferiori rispetto al Covid. Iniziata l'interlocuzione per i vaccini agli operatori sanitari"

vaiolo delle scimmie

Liguria. In Liguria ancora nessun caso di vaiolo delle scimmie, ma la macchina della sanità regionale si è già messa in moto. L’obiettivo ovviamente è gestire con netto anticipo una possibile emergenza epidemica che tuttavia, almeno per ora, sembra avere caratteristiche molto distanti dal Covid e quindi decisamente meno preoccupanti. Nelle ultime ore Alisa, l’azienda sanitaria ligure, ha attivato i dipartimenti interaziendali delle malattie infettive e dei servizi e ha recepito la circolare del ministero della Salute con le prime indicazioni per fronteggiare la diffusione del virus.

“Il quadro è in assoluta evoluzione – precisa il direttore generale di Alisa Filippo Ansaldi -. Oggi abbiamo ricevuto la comunicazione del ministero sul raccordo con le Regioni per i flussi informativi. Abbiamo allertato le Asl e gli ospedali affinché ci fosse maggiore sensibilità nei confronti del vaiolo delle scimmie, visto che il tema principale è la diagnosi e noi siamo già in grado di utilizzare test specifici. Tutto si sta evolvendo in modo abbastanza rapido, ma il sistema è pronto“.

Ciò che preoccupa di più al momento è l’alta probabilità di diffusione del vaiolo delle scimmie attraverso un contatto stretto, ad esempio durante un rapporto sessuale oppure un contatto ravvicinato con le ferite. Ma i numeri e le caratteristiche della malattia non sono ancora tali da generare allarme sul sistema sanitario: “Per ora – continua Ansaldi – è inappropriato riservare un certo numero di posti letto, ma il sistema è flessibile e se dovessero servire siamo in grado di averli, anche perché il Covid sta mollando la presa”. D’altro canto “siamo di fronte a un quadro clinico che presenta complicanze decisamente inferiori rispetto al Covid e stiamo assistendo a focolai epidemici con indice di trasmissione intorno a 1, che in genere tendono ad autolimitarsi“.

Per ora restano 6 i casi conclamati in Italia, 68 invece quelli registrati in otto Stati membri dell’Unione Europea e almeno 42 casi sospetti. Al momento gli addetti ai lavori escludono il rischio di un’epidemia e di una vaccinazione di massa, ma intanto il Governo ha chiesto di prendere in considerazione la possibilità di vaccinare gli operatori sanitari: “Abbiamo iniziato l’interlocuzione col ministero per vedere quali sono i canali di approvvigionamento – conferma Ansaldi -. Ormai abbiamo maturato una certa esperienza, i comitati di prevenzione si riuniscono frequentemente”.

La circolare del ministero della salute precisa che “la vaccinazione post-esposizione, idealmente entro 4 giorni dall’esposizione al virus può essere presa in considerazione per contatti a rischio più elevato come gli operatori sanitari, compreso il personale di laboratorio, previa attenta valutazione dei rischi e dei benefici”. Come dichiarato dal ministero della Sanità spagnolo, sarà l’Ue ad occuparsi di acquistare i vaccini per metterli a disposizione degli Stati membri. Il siero che verrà comprato è prodotto da una compagnia danese e si chiama Imvanex. L’acquisto sarà gestito dall’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (Hera).

Al momento sono escluse particolari misure di prevenzione per la popolazione: “Isolamento e quarantena saranno rivolte ai casi positivi, per adesso non ci sono indicazioni specifiche”. E chi torna dal continente africano farebbe meglio ad auto-isolarsi? “Assolutamente no – conclude Ansaldi – anche perché gran parte dei focolai nei diversi Paesi europei non hanno un link diretto con quei territori”.

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