Situazione

Ucraina, si arresta il flusso di profughi nel savonese: problema lavoro e ritorni in patria

A quasi tre mesi dall'inizio del conflitto: 416 tessere sanitarie provvisorie in Asl 2, prese in carico 1.422 persone

Arrivati i profughi Ucraini da Mariupol

Savona. La guerra in Ucraina prosegue, sempre più complessa, sempre più difficile da seguire e comprendere, ma il suo riflesso più immediato sul nostro territorio, ovvero l’arrivo dei profughi e la gestione della loro accoglienza, a quasi tre mesi dalla deflagrazione del conflitto, è molto più silenzioso rispetto ad appena qualche settimana fa.

Dalle istituzioni che si occupano a vario titolo dell’accoglienza la conferma che il flusso degli arrivi ha rallentato fino a praticamente fermarsi. Se nei primi giorni, attraverso pullman organizzati da volontari, con mezzi propri o con corridoi umanitari messi a punto dalle associazioni, erano centinaia alla settimana le persone – soprattutto donne e bambini – catapultate da città come Kiev, Mariupol, Odessa, Leopoli, Kharkiv e da altri centri meno noti o regioni rurali sul territorio ligure, oggi le cifre si contano sulle dita di una mano.

La consistenza dei profughi ucraini in arrivo è interessata da una stabilizzazione e anzi, sono molte le persone che hanno iniziato a lasciare il savonese e la Liguria per trovare opportunità lavorative o sistemazioni in altre città italiane ma ancora più spesso in altri Paesi europei, specialmente nel nord Europa.

In tutto sono 2.378 i codici Stp (cioè le tessere sanitarie provvisorie) assegnati nella Asl3, 164 nella area metropolitana, poi segue la Asl1 con 705, quindi la Asl4 con 523, la Asl2 con 416 e la Asl 5 con 326. Per quanto riguarda il sistema di accoglienza sanitario, secondo i dati della Protezione civile: 6.194 ucraini presi in carico in tutta la Liguria, 781 nell’Imperiese, 1.422 nel Savonese, 2.542 nel Genovese, altri 822 nel Tigullio e 627 nello Spezzino.

“Il flusso dei profughi è fortemente diminuito. Dall’inizio della crisi sono stati eseguiti oltre 1.400 tamponi, a decine i primi giorni dell’emergenza, poche unità negli ultimi giorni. Molto bassi anche i numeri sui casi di Covid” affermano dalla Asl 2 Savonese.

C’è anche chi sta tornando in patria – dice Vitaly Tarasenko, cappellano della comunità ucraina – per quanto riguarda i contatti presi dalla nostra comunità, presso la chiesa di Santo Stefano, ci sono almeno una trentina di persone che hanno deciso, razionalmente, di rientrare in Ucraina”. Il motivo è soprattutto di tipo economico e lavorativo.

“Ormai si è capito che la guerra durerà molti mesi – prosegue il religioso – e quindi c’è chi si è reso conto di non avere disponibilità di liquidi sufficiente a mantenere una famiglia lontano da casa ancora per molto, coloro che vivono in città non ancora bombardate o dove non si trovino obbiettivi sensibili hanno deciso di tornare, poi ci sono altre persone, i dipendenti pubblici, o almeno quelli fra loro che non possono lavorare da remoto, sono stati invitati a tornare dal governo ucraino”.

Tarasenko conferma che da due settimane il flusso delle persone si è ridotto. Al massimo una ventina al giorno quelle che si rivolgono all’associazione ma che magari arrivano da altre città italiane o cercano un passaggio per altre destinazioni. Ultimamente gli arrivi sono relativi a famiglie con bambini con bisogno di cure e “che quindi arrivano a Genova perché sanno che c’è una struttura come il Gaslini”.

Uno dei problemi per chi arriva, o chi resta, al momento è quello di trovare un lavoro. L’Ue ha dato il via libera all’applicazione della direttiva per la protezione temporanea degli sfollati creata nel 2001 per accogliere in modo regolare i profughi della guerra nei Balcani. Fino a oggi però non era mai stata applicata. In base alla legge gli ucraini hanno diritto a un permesso di soggiorno immediato che consente loro anche di lavorare. La durata è di 1 anno, prorogabile fino a tre.

Tuttavia non è così semplice lavorare se si è una madre sola – gli uomini sono obbligati a restare in Ucraina – e con dei bambini piccoli da gestire. Quindi chi pensava che sarebbe stato semplice occupare i profughi in settori a grande offerta di posti come l’assistenza agli anziani o nel turistico-ricettivo, non ha tenuto conto della difficoltà organizzativa.

L’altro motivo per cui molti profughi scelgono di partire per altri Paesi, soprattutto per il nord Europa, è la lingua. Gli ucraini, oltre a parlare la loro lingua e spesso il russo, conoscono in media molto bene l’inglese, ma questo non basta in Italia – dove la conoscenza dell’inglese è invece scarsa – per trovare facilmente un lavoro.

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