Dispersione scolastica

“In Italia oltre la metà dei ragazzi è incapace di capire un testo”: l’allarme di Save The Chirldren

Il presidente Tesauro: "La pandemia ha prodotto un vero tracollo degli apprendimenti degli studenti"

torrente sturla vegetazione e vipera

Italia. Più della metà dei ragazzi italiani non è in grado di comprendere un testo scritto. A lanciare l’allarme è il presidente di Save The Chirldren Italia Claudio Tesauro che, all’inaugurazione di “Impossibile”, la quattro giorni di riflessioni sull’Infanzia e l’Adolescenza, ha riportato i dati sulla dispersione scolastica implicita nel nostro Paese.

In particolare, il 45% di ragazzi e ragazze non è in grado di raggiungere un livello minimo di competenze in italiano, percentuale che sale al 51% per la matematica. Questo significa non riuscire a comprendere il significato di un testo scritto, saper svolgere un ragionamento logico, fare un semplice calcolo aritmetico.

“I dati ufficiali sono ormai in grado di certificare quello che molti insegnanti hanno toccato con mano negli ultimi due anni – ha dichiarato Tesauro – La pandemia ha prodotto un vero tracollo degli apprendimenti degli studenti, soprattutto nelle scuole secondarie di primo e secondo grado. Apprendimenti che, già prima della crisi sanitaria, disegnavano la mappa di un Paese disuguale, incapace di garantire equità nelle opportunità di crescita”. E questo – ha continuato – rappresenta “un dramma non solo per il sistema di istruzione e per lo sviluppo economico, ma per la tenuta democratica di un paese”.

Ad avere le maggiori conseguenze di questo fenomeno sono “gli studenti delle famiglie più povere, ovvero quelle che vivono al sud e quelle con background migratorio”.

Per quanto riguarda la dispersione scolastica vera e propria, ovvero il non raggiungere un titolo di studio oltre il diploma di terza media, secondo il report di Save The Chirldren Italia, “il dato si mantiene, pur con lievi miglioramenti, su una media nazionale elevata e, soprattutto, si concentra maggiormente in alcune regioni del Sud. Confini ancora più ampi segna l’impatto della pandemia su quella che, nel 2014, Save the Children ha definito ‘povertà educativa’, la privazione della possibilità di apprendere, di sperimentare le proprie capacità, sviluppare e far fiorire liberamente talenti e aspirazioni”.

“Molte ricerche hanno certificato l’effetto psicologico della pandemia sugli adolescenti, con il grave contraccolpo nelle aspirazioni e nella fiducia in se stessi. Ad alimentare la povertà educativa vi è poi il peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie con minori, l’aumento di bambini in condizioni di povertà assoluta e le prospettive incerte legate alla crisi energetica e all’inflazione”.

Il presidente Tesauro si poi concentrato sul tema della povertà, evidenziando che “in Italia esiste una crudele ‘ingiustizia generazionale’ perché la crisi ha colpito proprio i bambini. Non solo 1.384 bambini in povertà assoluta (il dato più alto degli ultimi 15 anni) ma un bambino in Italia oggi ha il doppio delle probabilità di vivere in povertà assoluta rispetto ad un adulto, il triplo delle probabilità rispetto a chi ha più di 65 anni“.

Talenti in fuga: il report di Save The Chirldren Italia

Trovarsi attorno ai vent’anni fuori da ogni percorso di scuola, formazione e lavoro: è questa la condizione dei ‘NEET’, Not in Employment, Education or Training, per i quali l’Italia detiene un triste primato al livello europeo. Sono il 23,1% nella fascia di età tra i giovani dai 15 ai 29 anni. Più di due milioni di ragazzi e, ancor di più, di ragazze, si trova in questo limbo. Il dato non è omogeneo nel Paese: in Sicilia, tra le ragazze, si raggiunge la percentuale del 39,4%. Si sopravvive, magari con lavori in nero, senza prospettive di autonomia in anni cruciali, anche per decidere se diventare genitori”.

Il quadro si fa ancora più cupo se consideriamo che negli ultimi dieci anni circa 345mila giovani, tra i 18 e i 39 anni hanno deciso di lasciare l’Italia per trovare un lavoro altrove. Una scelta in molti casi motivata non dalla giusta esigenza di sperimentarsi temporaneamente in altri contesti, ma dalla assenza di alternativa. L’Italia ha complessivamente pochi laureati. Il percorso di istruzione, in tutto il mondo, migliora le condizioni di vita, non solo sul piano economico. In Italia il figlio di genitori laureati ha il 75% delle probabilità di laurearsi a fronte del 12% di chi ha i genitori con la licenza media.

Al contempo, il mondo produttivo lamenta di non trovare capitale umano da impiegare nelle aziende. Sbrigativamente, questo gap viene talvolta imputato alla scarsa voglia di fare dei ragazzi e delle ragazze. Oltre il danno, anche l’offesa. Mentre siamo di fronte ad uno straordinario mismatch tra le aspettative del mondo del lavoro e l’offerta educativa. Una grande perdita di talenti, di capacità e di intelligenze.

Le ragazze vivono questa deprivazione ancor più dei ragazzi, perché la condizione di NEET si declina, in primo luogo, al femminile. I dati di rendimento scolastico che vedono le ragazze generalmente più preparate dei coetanei durante il ciclo degli studi si ribaltano. Prima si registra il progressivo allontanamento dalle materie scientifiche, a causa di consolidati stereotipi di genere, e poi ci si trova di fronte ad una barriera ancora più alta da superare per entrare nel mondo del lavoro.

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