Clamoroso

Violenza sessuale per induzione, assolti in appello l’ex ispettore della Postale Bonvicini e il carrozziere Di Buono

La sentenza ribalta totalmente quella di primo grado. Bonvicini amarissimo: "Volevano togliermi di mezzo, ho perso famiglia e lavoro. A Savona c'è la condanna a morte per chi fa qualcosa per il bene dell'altro. Non ce la faccio a festeggiare"

Alberto Bonvicini

Savona. Sono stati assolti in appello l’ex ispettore di polizia Alberto Bonvicini e il carrozziere savonese Mario Di Buono dall’accusa di violenza sessuale di gruppo. Una sentenza che ribalta totalmente quella di primo grado, quando i due erano stati condannati rispettivamente a 8 anni e mezzo e a 4 anni. La decisione è arrivata oggi pomeriggio: secondo la Corte d’Appello di Genova “il fatto non sussiste”.

I due, per questa vicenda, nel febbraio 2015 erano stati colpiti da un’ordinanza di custodia cautelare con l’accusa di aver avuto un rapporto sessuale con una donna di Albenga. Secondo gli inquirenti la signora, di 43 anni, pur essendo capace di intendere e volere, sarebbe stata “suggestionabile” e in condizione di inferiorità fisica e psichica rispetto agli indagati.

La tesi accusatoria puntava il dito proprio contro le presunte debolezze e fragilità della vittima delle quali il poliziotto avrebbe approfittato (al carrozziere veniva contestato di aver assistito ad un rapporto tra i due). Ricostruzione da subito contestata dai difensori di Bonvicini, che avevano ottenuto dal tribunale del Riesame la revoca della misura cautelare.

Dopo tre perizie (due di parte e l’ultima in incidente probatorio, del dottor Giovanni Palumbo secondo cui il deficit mentale della donna “non sarebbe stato riconoscibile ad un soggetto estraneo alla donna”) il pubblico ministero Giovanni Battista Ferro aveva chiesto l’archiviazione, alla quale si erano opposti i legali della presunta vittima. Il giudice Maurizio Picozzi aveva respinto la richiesta di archiviazione imponendo un’imputazione coatta per Bonvicini. A quel punto il caso era tornato in udienza preliminare, dando nuovamente via all’iter che aveva portato alla condanna in primo grado. Un esito totalmente ribaltato oggi in Appello.

Lo sfogo di Bonvicini, dopo la sentenza, è amarissimo e colmo di rabbia: “Mi devono spiegare cosa significa ‘il fatto non sussiste’. O che non c’è, o che è inventato. Oggi mi hanno letto dei messaggi, che nemmeno ricordavo, su cui l’accusa avrebbe costruito la condanna”. La ragione di questo accanimento risiederebbe proprio nel suo lavoro a capo della polizia postale di Savona: “Io ho costruito un ufficio e salvato migliaia di giovani. Ma quell’ufficio dava fastidio, e qualcuno dovrebbe avere il coraggio di dirlo. Le indagini forti di pedofilia da Genova le davano a me, e guarda caso l’assoluzione è arrivata a Genova. A Savona c’è la condanna a morte per chi fa qualcosa per il bene dell’altro“.

Bonvicini è visibilmente commosso: “La cosa che mi rattrista, nonostante l’assoluzione, è che la città, a cui ho dato tutto quello che potevo, è stata privata di un ottimo poliziotto come me solo per falsità. La sentenza di oggi me la merito, perché certe locandine le ho subite solo io. Da Roma mi hanno detto che il mio caso è stato peggio di quello di Tortora. In otto anni mi hanno tolto il lavoro, la famiglia, tutto. Solo una ‘bestia’ come me, cresciuta a piazzale Moroni, poteva salvarsi… gli altri sarebbero morti. Io non ce la faccio oggi a festeggiare“.

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