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Ucraina, il racconto di Vadym: “Ricostruiremo le città colpite dai missili, ma è impossibile ricostruire le anime delle persone” fotogallery

"Noi ucraini combattiamo, resistiamo, facciamo da scudo"

Ucraina. Nel secondo giorno di guerra in Ucraina IVG.it aveva raccolto il resoconto drammatico di Vadym Vetrov, architetto di Dnipro che ci aveva raccontato le prime fasi dell’invasione russa. Con uno sguardo diretto dal fronte di guerra, oggi Vadym è diventato fonte di informazioni anche per il corrispondente del “Corriere della Sera” accetta nuovamente di parlare con il nostro giornale e di dare un aggiornamento della situazione a 16 giorni dall’invasione russa dell’Ucraina.

“Inizialmente Dnipro non era stata toccata dalla guerra; gli allarmi delle sirene, tuttavia, ci costringevano a ripararci spesso in rifugi rudimentali – spiega – Negli ultimi due giorni, però, la città è stata colpita da diversi missili. Sono caduti nella zona industriale: uno è finito su una fabbrica di scarpe e ne ha ucciso il custode; l’altro vicino alle rotaie su cui corrono i treni che partono dalla stazione centrale. Stanotte abbiamo sentito ancora due sirene, poi stamattina appena sveglio ho visto delle strisce sul cielo limpidissimo, a conferma che la nostra difesa anti missile ha colpito due missili russi sulla città”.

“Da ieri hanno iniziato a formarsi i corridoi di evacuazione, con donne e bambini che si dirigono verso la stazione centrale per la partenza. Due treni pieni si sono diretti a Leopoli e nella regione ovest dell’Ucraina. Una fila enorme e infinita di persone in fuga. Così abbiamo percepito che la guerra è arrivata anche a Dnipro. Si sono create code lunghissime a causa dell’evacuazione organizzata anche dalla polizia municipale, che si sta dimostrando molto efficiente: ha ripristinato strade e riparato i vetri delle finestre rotte nelle abitazioni private. Abbiamo ancora internet, acqua, gas ed elettricità”.

In tanti sono andati via: milioni di profughi che si stanno riversando nelle frontiere con Polonia e Ungheria. Anche la famiglia di Vadym se n’è andata: “La mia famiglia – racconta – e mia figlia ora sono in Germania, accanto alla frontiera con l’Austria. Sono partiti da una settimana. Da questo punto di vista sono tranquillo e anche se sento tanto la loro mancanza so che stanno bene e questo mi conforta. Sono rimasto solo, ma non mi sento solo. Sento la vicinanza di tante persone e le notizie che ricevo sono importanti e trasmettono il pensiero del popolo italiano, che ci è vicino e non è indifferente rispetto a quello che ci sta accadendo. Abbiamo paura: la paura è forte, è presente, è nell’aria, ma non è panico. Ascoltiamo le notizie del governo e questo ci dà a sostegno. Il sindaco fa funzionare i servizi: oggi funziona anche il tram, mentre ieri era fermo. Non ci sono tante persone che lo usano, ma funzionano”.

Vadym parla bene italiano perché alcuni anni fa ha lavorato in una catena alberghiera vicino a Roma dove ha conosciuto Antonella, che è rimasta una sua grande amica. Ma com’è la quotidianità a Dnipro sotto la guerra?

“Alcuni supermercati sono ancora aperti – ci risponde Vadym – e troviamo ancora il pane fresco. Ci sono ancora frutta e verdura, ma iniziano a scarseggiare. A Dnipro ci sono dei punti di raccolta per aiuti umanitari, come coperte e viveri. La società ebraica e la Chiesa ortodossa ucraina ci sostengono in modo forte. Tutti sanno dove rivolgersi per un aiuto, anche tutti coloro che stanno arrivando dalle zone più colpite dalla guerra. Le persone percepiscono e apprezzano questo aiuto. Gli attacchi aerei, mi diceva ieri un militare, non fanno paura, ma danno fastidio, perché se non ci fossero (i russi non hanno ancora preso il possesso del cielo) saremmo sicuramente più tranquilli. Se ci fosse la ‘no fly zone’ sarebbe però molto meglio per noi. Capisco Europa e Stati Uniti che vogliono evitare lo scontro diretto, ma abbiamo bisogno che il nostro cielo sia protetto. Le sanzioni economiche a mio parere avvicinano uno scontro diretto”.

“E’ una guerra incomprensibile per noi, ma anche per i giovani soldati russi che una volta fatti prigionieri chiamano le loro mamme dicendo che non sapevano di dover attaccare il popolo ucraino. Chiedono di dirlo, ma le madri rispondono che non possono dire nulla, che non possono protestare perché se lo facessero verrebbero arrestate. E ovviamente non possono scendere in strada a manifestare. Io penso che Putin stia fallendo e che inizino a capirlo anche gli abitanti delle zone rurali russe”, conclude Vadym.

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