Il caso

Trofeo Laigueglia, escluso il team Gazprom-RusVelo

Il team, sponsorizzato dal colosso russo parzialmente di proprietà statale, ha perso lo status di squadra UCI

gazprom rusvelo

Laigueglia. La Gazprom-RusVelo non sarà al via, domattina, del Trofeo Laigueglia. La decisione è stata presa questa sera qualche minuto prima delle 20: il team svizzero ha perso lo status di squadra UCI. Un annuncio che chiude sul nascere la polemica che stava coinvolgendo, suo malgrado, la storica corsa ciclistica: un caso legato proprio alla visibilità dell’azienda russa coinvolta nelle sanzioni dell’Unione Europea in seguito alla guerra in Ucraina.

Al di là delle sanzioni economiche, in questi giorni tiene banco la discussione sull’esclusione della Russia da qualsiasi competizione sportiva (è di ieri, ad esempio, la notizia dell’estromissione dai prossimi mondiali di calcio, previsti in Qatar a dicembre). E la Gazprom è finita in prima persona nel ciclone, con la “cancellazione” degli accordi di sponsorizzazione con la Uefa e la squadra tedesca dello Schalke 04. Nel ciclismo, l’Unione Ciclistica Internazionale (UCI) ha bandito ogni tipo di corsa o manifestazione in territorio russo. Ma proprio il colosso russo del gas, la Gazprom, azienda parzialmente controllata dallo stato, rischiava domani di essere virtualmente al via del Trofeo Laigueglia, corsa di apertura della stagione italiana ciclistica su strada.

Sebbene la squadra abbia licenza svizzera, l’abbinamento con il mondo russo sta avendo pesanti ripercussioni. Già due fornitori, la Look (biciclette) e la Corima (ruote), entrambi francesi, hanno rescisso i loro contratti in seguito allo scoppio della guerra. E così in queste ore era inevitabile chiedersi cosa fare con quel logo, divenuto ormai troppo ingombrante. Anche perché domani, prima della gara, è previsto un minuto di silenzio proprio in memoria di tutte le vittime delle guerre: farlo con indosso il logo della Gazprom avrebbe rappresentato un paradosso.

Per un po’ si è parlato di presentarsi al via coprendo, su maglie e biciclette, il simbolo del colosso russo del gas naturale. Una decisione che, però, il team a quanto pare non poteva prendere in autonomia: serviva una autorizzazione da parte della UCI. Senza un pronunciamento ufficiale, i corridori del team (tra loro tre italiani, due cechi e due russi) avrebbero potuto essere fermati dall’organizzazione o addirittura esclusi dalla gara.

L’eventualità di vedere ai nastri di partenza aveva addirittura dato vita a un gruppetto di contestatori, pronti domani a bloccare la gara qualora i loghi non fossero stati coperti. A lanciare l’iniziativa Giuliano Arnaldi, noto sul territorio per la propria attività in ambito artistico e storico: “Credo che sia una situazione nella quale le singole coscienze sono chiamate a prendere posizione. Mi auguro che gli stessi sportivi che dovrebbero indossare una maglia sporca di sangue scelgano di fare un gesto coraggioso e non indossarla, a prescindere da quanto potrebbe costargli”.

L’attuale presidente dell’associazione Fischia il Vento, che si definisce “innamorato dei valori della libertà”, era pronto a mettere in atto una protesta eclatante, sdraiandosi sull’asfalto per impedire la partenza della gara: “Io domani sarò lì per fare qualsiasi cosa sia possibile, sempre in modo pacifico e non violento, per testimoniare che mentre noi ci mettiamo davanti alle biciclette ci sono altri partigiani che si mettono davanti ai carri armati“.

Alla fine, però, la decisione presa è stata molto più drastica: il team è stato radiato dalla UCI, e pertanto non potrà più prendere parte alla competizione.

“Prendo atto della decisione della UCI – è il commento del sindaco di Laigueglia, Roberto Sasso Del Verme – perché la linea deve essere quella di togliere ogni visibilità alle realtà coinvolte nelle sanzioni”. Il primo cittadino è però critico nei confronti dell’iniziativa (poi sfumata) di Arnaldi: “E’ giusto essere sempre contro tutte le guerre, e condanniamo ogni tipo di conflitto, ma non avrei condiviso azioni volte a impedire lo svolgimento della gara. Questo perché lo sport deve essere un vettore di pace e un’espressione di democrazia a ogni livello: una regola che deve valere per tutti”.

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