Esito

Muore in cantiere edile a Loano, dopo 10 anni concessi 150 mila euro di risarcimento ai familiari

L'incidente era avvenuto il 13 luglio 2012 all'interno di un cantiere edile nella zona delle Fornaci di Loano

incidente lavoro loano

Loano. Si è concluso nei giorni scorsi con un risarcimento da 150 mila euro il procedimento civile, presso il tribunale di Bergamo, per la morte di Romolo Natalino Pelizzoli, l’operaio deceduto il 13 luglio 2012 all’interno di un cantiere edile nella zona delle Fornaci di Loano.

La dinamica dell’incidente era stata ricostruita dagli ispettori dell’area di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro dell’Asl2 savonese. Quel giorno Pelizzoli stava effettuando alcuni lavori di muratura all’interno del cantiere quando, in qualità di gruista, gli venne chiesto di trasportare un bancale di mattoni su una piazzola di carico al quinto piano del ponteggio (al terzo piano fuori terra dell’edificio).

Dopo aver collocato il bancale sulla forca della gru, l’uomo ed un collega avevano portato il carico fino al piano interessato, a circa dieci metri di altezza dal suolo, sul quale si erano nel frattempo spostati a loro volta. La piazzola era in parte occupata da altri materiali, perciò non c’era spazio sufficiente a consentire lo scarico del materiale. Per liberare la forca, dunque, Pelizzoli aveva appoggiato il carico sul piano, aveva tirato indietro la forca e aveva sollevato parzialmente il bancale, in modo da poterlo spingere manualmente verso l’interno dell’edificio e recuperare lo spazio necessario ad estrarre completamente la forca. Il carico, tuttavia, era caduto improvvisamente verso l’interno dell’edificio, liberando del tutto la forca, che era saltata verso l’alto; Pelizzoli aveva appoggiato un piede sulla forca, forse per trattenerla, ma era stato trascinato verso l’alto e poi sbalzato oltre il parapetto, precipitando al suolo e perdendo la vita.

A seguito della tragica morte del loro congiunto, i famigliari di Pelizzoli hanno presentato una richiesta di risarcimento danni alla Casazza Costruzioni srl, società appaltatrice dei lavori, e alla subappaltatrice KFW srl, rimasta contumace per tutta la durata del procedimento e ora in liquidazione. Casazza ha chiamato in causa MA.PA. srl (società proprietaria dell’area e committente dei lavori), il geometra Alessio Daniele Barbi e Alberto Riva (rispettivamente in qualità di consulente tecnico commerciale e di capocantiere) al fine di sentirne accertare la responsabilità, esclusiva o quantomeno concorrente. Alberto Riva, inoltre, ha chiesto di chiamare in causa di Roberto Patelli e Petrov Ilia, legali rappresentanti delle società, con lo stesso fine.

Nel corso del procedimento penale tenutosi presso il tribunale di Savona e conclusosi due anni fa, era stato accertato che Pelizzoli era dipendente subordinato della KFW srl e che la responsabilità penale del sinistro era pertanto in capo al legale rappresentante della società, Pretov Ilia. La condotta colposa addebitabile al legale rappresentante, nella sua qualità di “datore di lavoro”, è consistita nell’aver omesso di vigilare adeguatamente sul corretto utilizzo dei dispositivi di sicurezza da parte del lavoratore. Come correttamente rilevato dalla sentenza penale, la sostanziale assenza di Petrov Ilia in cantiere costituisce un elemento a suffragio della condotta omissiva serbata in maniera colposa dallo stesso rappresentante legale. Curiosamente, il titolare della società non è mai stato individuato e perciò non è mai stato “coinvolto” direttamente nel processo.

I giudici hanno attribuito a Pelizzoli un “concorso di colpa” per aver sollevato il bancale di mattoni con la forca (utilizzabile per sollevamenti di altezza massima pari ad un metro e mezzo) anziché con il “cassone di sicurezza” che dovrebbe essere usato di solito in questi casi; per aver effettuato lo scarico di mattoni su una piazzola già parzialmente occupata da altri materiali e quindi senza che ci fosse lo spazio sufficiente a liberare la forca; infine, per aver tentato di trattenere la forca con un piede dopo il ribaltamento del carico.

I magistrati, tuttavia, hanno sottolineato come “l’utilizzo delle forche anziché del cassone per il sollevamento dei carichi a mezzo della gru, quale modalità operativa più rapida, veniva richiesto da Roberto Patelli, legale rappresentante della Casazza Costruzioni”. Perciò “nonostante risulti pacifico che nel cantiere fosse presente il cassone di sicurezza, al datore del deceduto risulta comunque imputabile l’omessa vigilanza circa il suo concreto utilizzo, ovvero la mancata adozione di cautele più incisive, quali l’imposizione di un vero e proprio divieto (sostanziale e non meramente formale) di utilizzo della forca per il sollevamento in quota dei bancali di laterizi. Il fatto che le direttive circa l’organizzazione e la concreta esecuzione del lavoro venissero impartite a tutte le maestranze presenti in cantiere da Roberto Patelli, amministratore unico di Casazza Costruzioni srl, è stato confermato”.

Per questo motivo alla Casazza Costruzioni srl risulta “ascrivibile una posizione di garanzia in ragione della concreta ingerenza nell’organizzazione del lavoro dei dipendenti della subappaltatrice KFK srl, posta in essere attraverso il suo legale rappresentante Roberto Patelli che agì quale ‘datore di lavoro’ di fatto anche dei dipendenti della predetta società, da cui discende la conseguente responsabilità per avere colposamente omesso di vigilare circa la puntuale adozione della corretta procedura e dei presidi di sicurezza nel compimento delle operazioni di sollevamento dei carichi”.

Per quanto riguarda Alessio Barbi, difeso dallo studio Legale Vallerga di Genova, questi aveva un ruolo di natura “eminentemente tecnica, di coordinamento tra le varie direzioni Lavori, di consulenza e assistenza nel contattare i fornitori, acquisire preventivi, valutare e confrontare le caratteristiche dei prodotti e le offerte economiche, nonché di verifica della corrispondenza dei lavori effettuati ai progetti approvati, al fine di comunicare al legale rappresentante di MA.PA. srl l’esito delle verifiche perché quest’ultimo potesse procedere al pagamento”. Barbi, dunque, non risultava essere stato investito di alcuna “delega espressa in materia di sicurezza sul lavoro effettuata a detto soggetto da parte della committenza” e perciò non può essere qualificato come “dirigente” di fatto in merito alla sicurezza del cantiere.

Stesso discorso valeva per Riva: secondo quanto emerso dall’istruttoria, questi non aveva “poteri direttivi esercitati e/o esercitabili sui lavoratori delle imprese e delle società impegnate nelle lavorazioni” e quindi non aveva “una conseguente posizione di garanzia circa la tutela della salute e sicurezza di detti lavoratori”.

I giudici del tribunale di Bergamo, dunque, accertata “la responsabilità concorrente di KFW srl, di Casazza Costruzioni srl, di Petrov Ilia e Roberto Patelli nella causazione del sinistro mortale”, li ha condannati al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni, di oltre 150 mila euro ai famigliari di Pelizzoli nonché al pagamento delle spese processuali; al pagamento delle spese “di lite” a favore di MA.PA. srl, di Alessio Daniele Barbi e Alberto Riva.

In occasione del primo processo penale, conclusosi due anni fa a Savona, il giudice Francesco Giannone aveva condannato a dieci mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena, per omicidio colposo Roberto Patelli e Ilia Petrov. Erano invece stati assolti “per non aver commesso il fatto” Daniele Alessio Barbi e Alberto Riva. Inoltre il giudice aveva anche escluso la responsabilità delle due società che operavano sul cantiere, imputate in qualità di persone giuridiche, la Casazza Costruzioni e la Kvf srl, per “insussitenza dell’illecito amministrativo contestato”.

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