Penso si sia passato ogni limite sulla questione. In questo articolo stiamo parlando di integrare nella “grande palestra all’aria aperta” tutte quelle zone che per decenni sono state considerate aree di particolare attenzione , sia naturalistica che faunistica.
In particolare è stata data via libera alla colossale speculazione commerciale e turistica di luoghj insiti all’interno di Rete Natura 2000, Sic , Zone di protezione e tutela ecc.. senza alcuna distinzione e senza alcuna condizione. Penso sia il caso di doversi opporre a questa forma che genera non reddito o incremento reale e tangibile nella nostra terra ,in proporzione a ciò che si perde, ma dai dati sinora disponibili , il solo interesse e guadagno per i pochi che hanno ottenuto totale via libera all’utilizzo continuo, costante e gratuito , spesso modificando all’uopo di luoghi , oggi ancora incontaminati e con una pressoché assenza di disturbo antropico ( pochissimo quello generato dalla caccia che ricordo essere regolata e da un turismo di frequentatori sporadico e occasionale.
Oggi , come sta succedendo quasi ovunque , non ci sono più limiti allo sconsiderato utilizzo con mezzi motorizzati e servoassistiti , protetti , non sanzionati da nessuno, costanti, rumorosi e giornalieri, che giungono , grazie al mancato controllo al taglio e alla creazione di nuove vie e sentieri , in ogni dove. Spesso molto oltre dove per decenni, forse pochi, sono giunti a piedi con il proprio cane. Il disturbo antropico e l’inquinamento acustico hanno già portato alcuni Stati europei a legiferare in merito con limiti molto severi e molte regioni e province italiane a vietare e regolamentare transiti e luoghi ove attuare l’outdoor , da noi nulla , anzi, proprio da chi avrebbe dovuto preservare il patrimonio troviamo invece la spinta ad abusarne.
Una vera vergogna e un profondo conflitto di interesse che molti superano in ragione di un “presunto” ritorno. Mi spiace importunarvi sulla questione ma era giusto che qualcuno ve lo dicesse. Qualcuno più furbo ha capito che siamo ricchi di boschi poveri e non solo.
Ivano Rozzi