Pensiero

Riforma delle concessioni demaniali, i balneari preoccupati: “Il parlamento dovrà modificare il Ddl, a rischio aziende e indotto”

Dal 2024 i lidi italiani saranno messi a gara: il pensiero dei titolari delle spiagge

Spiaggia Loano

Liguria. Via libera ieri in consiglio dei ministri alla riforma delle concessioni balneari: dal 2024 i lidi italiani saranno messi a gara. Un dibattito che agita il settore da anni e che è arrivato ieri sul tavolo del Cdm presieduto dal premier Mario Draghi.

E’ prevista una proroga fino alla fine del 2023 e le gare per le nuove assegnazioni partiranno dal 2024. Le concessioni saranno rilasciate secondo procedure di evidenza pubblica e nel rispetto delle regole Ue. Sarà stabilito un numero massimo di concessioni di cui si può essere titolari a tutela delle piccole imprese e degli enti del terzo settore che vorranno partecipare.

Ed è arrivata infine una decisione, assunta all’unanimità, rispetto all’emendamento che entrerà a far parte del Ddl Concorrenza e che mette ordine e detta nuove regole per le concessioni balneari.

Il consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge che detta tempi precisi: sei mesi per riformare l’intero sistema. Dopo questa prima decisione la discussione si sposterà in Parlamento dove le forze politiche potranno presentare i loro emendamenti. Ma in pratica cosa cambierà? Per l’assegnazione della concessione verranno valutati più criteri: il servizio, l’accessibilità ai disabili e una sorta di “prelazione” per coloro che nel settore sono presenti da almeno cinque anni e per i quali questa occupazione costituisca per loro l’unica fonte di reddito. Entro sei mesi, quindi, il Governo dovrà adottare alcuni decreti legislativi volti a riordinare e semplificare la disciplina in materia di concessioni demaniali e marittime.

Tra i balneari è forte la preoccupazione. Ne abbiamo parlato con Emanuele Schivo, presidente dei balneari di Alassio che sottolinea: “Abbiamo analizzato in queste ultime ore il testo dell’emendamento che dovrà essere poi portato in parlamento; sono state accettate alcune considerazioni che avevamo fatto come sindacato, tra cui il valore commerciale, la tutela della micro impresa e il fatto che il canone non fosse oggetto di rialzo. E’ ovvio, però, che non siamo soddisfatti e speriamo che in parlamento possano essere eseguite tante modifiche“.

“Su Alassio siamo tutte microimprese, ma la preoccupazione c’è perché non abbiamo nessuna idea di come saranno queste gare – aggiunge – Il fatto che nell’emendamento sia indicato che ci sarà una sorta di tutela per le microimprese, che per la riassegnazione conti il fatto che l’impresa balneare costituisca l’unico reddito e l’aver già svolto negli ultimi cinque anni questo tipo di attività ci toglie una piccola parte di preoccupazione, ma comunque siamo molto preoccupati”.

E poi ci dovrebbe essere anche il riconoscimento delle spese sostenute: “Quello ci dovrebbe essere, ma dobbiamo capire come verrà declinato, perché ad oggi c’è una sorta di indicazione. Bisogna capire in cosa consisterà”.

Esiste però un infrazione europea che ci pesa sulla testa: “L’Italia ha 110 infrazioni, ma quella dei balneari non è tale, perché si tratta solo di una messa in mora alla quale il governo italiano ha risposto. Ora aspettiamo di capire quali saranno le indicazioni che l’Europa ci darà. Aspettiamo di capire se all’interno del parlamento le forze politiche riusciranno a mettere un equilibrio maggiore a questa normativa”.

“Nei prossimi giorni ci incontreremo – conclude Schivo – Per ora a livello nazionale stanno cercando di declinare le cose positive (se ci sono) e quelle negative, poi fatto il punto della situazione avvieremo gli incontri”.

Mauro Rebonato, presidente dei bagni marini di Finale Ligure, nota che “in questo disegno di legge c’è di tutto e niente: di ufficiale al 1000 per mille c’è ben poco. Sono tutte proposte che speriamo di poter modificare, nel rispetto delle giuste priorità di noi balneari con le esigenze. Ma una cosa è certa: il mondo balneare è finito, per la gioia degli invidiosi, dei detrattori e di chi la facile. Per fortuna, però, sono anche tanti quelli che sanno che quello che sta succedendo rappresenta un danno per l’immagine di tutta l’Italia. Questo è un dato di fatto”.

L’indotto che abbiamo costruito, la cura garantita alle nostre coste, nessuno potrà garantirlo meglio di noi. In alcune parti del litorale italiano, alcuni stabilimenti sono già in mano ad alcune multinazionali. Nelle località con piccole concessioni questo accade meno, ma di certo le cose non potranno essere come prima. La nostra offerta turistica (e non solo) non ci sarà più. Noi conosciamo il lavoro, le procedure, la gestione del personale, sappiamo cosa fare e siamo bravi a farlo. Pensare che arrivi qualcuno più bravo di noi, che faccia meglio di noi e che possa mantenere prezzi come i nostri è insensato. Chi farà gli investimenti dovrà anche rientrarvi e in breve tempo. Non vedo quali vantaggi alla collettività porterà tutto questo”.

Alcuni dati concreti, riguardanti proprio la realtà locale: “Finale Ligure ha 42 stabilimenti, tutti riuniti in associazione, e circa 650 addetti, quasi tutti locali. I fornitori sono locali. L’indotto, quindi, è enorme: se le cose vanno a scatafascio, non ci vanno solo per noi, ma ci saranno ricadute sull’occupazione e sul tessuto sociale, verranno meno le collaborazioni con le associazioni, le delegazioni di spiaggia. Dove andrà a finire tutto questo?”

Paolo Guastavino, presidente dei Bagni Marini di Celle Ligure: “L’emendamento uscito dal consiglio dei ministri accoglie solo alcune nostre richieste, ma non siamo assolutamente soddisfatti, speriamo che le forze politiche che da anni ci aiutano in questa situazione riescano in sede parlamentare a modificare la norma per tutelare le piccole e medie imprese come le nostre, che hanno contribuito in maniera importantissima allo sviluppo dell’economia turistica della nostra regione, da anni investono sul territorio al quale sono legate e anche a tutela dello stesso con impegno, professionalità, garanzia di continuità e correttezza ma adesso verrebbero messe da parte senza alcun riconoscimento, neanche economico, e nessuna certezza sul futuro della nostra già provata economia ligure non sapendo in che mani potrebbero andare le nostre concessioni basilari per il tessuto economico dei nostri paesi”.

Alessandro Badiale, presidente dei Bagni Marini di Varazze, aggiunge: “Questa decisione non ci va certo bene. Per una serie di motivazioni. Ad esempio, creerà grandi problemi anche ai fornitori che, per due anni, non lavoreranno, dato che noi non investiremo, a meno che non si partecipi alle gare future. Quindi un danno all’indotto. Così per questo tempo i fornitori staranno con le mani in mano se potranno farlo, se no chiuderanno le aziende. Abbiamo tantissime tasse, magari la gente non ne è al corrente: ad esempio l’Iva al 22 per cento”.

“Poi già due storici clienti con seconda casa a Varazze – sottolinea Badiale – ci hanno manifestato l’intenzione di vendere il loro alloggio perché il nostro è un modo familiare di lavorare, in cui crescono i figli dei nostri clienti: con questi chiari di luna la gente non sa come cambieranno le cose e preferisce non rischiare. Altra ricaduta negativa per il settore turistico che investirà anche negozi, alberghi, bar. Poi non capisco una cosa – rimarca – siamo tutti in Europa, non mi è chiaro come mai altri paesi come Spagna e Portogallo abbiano prorogata la concessione delle spiagge per settantacinque anni”.

Fa eco Stefano Codino del sindacato La Base Balneare di Varazze: “Abbiamo constatato con profondo rammarico che non è stata data alcuna importanza alle proposte avanzate dalle associazioni di categoria al tavolo tecnico interministeriale. La bozza che abbiamo conosciuto dai giornali si presenta estremamente contraddittoria: da un lato si sostiene di voler tutelare le piccole imprese a carattere familiare (sebbene non si comprenda nemmeno come), dall’altro viene prevista una durata della concessione per garantire l’ammortamento degli investimenti realizzati per accrescere il valore commerciale dell’attività imprenditoriale. Non viene data rilevanza alla ricognizione delle concessioni demaniali esistenti, al fine di valutare la sussistenza di una eventuale scarsità della risorsa che, lo ricordiamo, rappresenta il presupposto per l’eventuale applicazione della direttiva servizi. Se dovesse passare un testo normativo del tenore di quello trapelato, possiamo con certezza mettere la parola fine sul futuro delle attuali 30.000 imprese balneari e del relativo indotto”.

“L’emendamento al Ddl Concorrenza, presentato ieri dal Governo, rischia di mandare in liquidazione – a partire dal 1° gennaio 2024 – l’attuale modello balneare italiano, che ha assicurato negli anni un livello di eccellenza e di valorizzazione del territorio costiero -. Commenta il Presidente di Cna Balneari Liguria Alessandro Riccomini -. Un modello portato al successo da 30mila micro e piccole imprese, da famiglie che hanno investito nell’attività risorse economiche e lavoro assiduo.

A repentaglio verrebbe messo anche l’intero indotto dell’economia turistica costiera interessata dal provvedimento e in particolare le imprese della nautica, della ristorazione, del commercio e della ricettività che insistono sul demanio, non solo marittimo, con l’offerta di servizi turistici e ricreativi.

Esiste ancora la possibilità, però, di tutelare la reale continuità aziendale delle attuali imprese balneari e di rilasciare nuove concessioni grazie alla disponibilità di aree per nuove iniziative imprenditoriali che emergerà, con ogni certezza, dalla mappatura prevista nel Disegno di legge Concorrenza. Chiediamo al Parlamento il massimo impegno per individuare le soluzioni necessarie alla salvaguardia del settore” conclude il Presidente Cna Balneari Liguria.

leggi anche
Giovanni Toti
Provvedimento
Balneari, Toti: “Trattare situazioni differenti allo stesso modo non produce concorrenza ma ingiustizia”

Vuoi leggere IVG.it senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.