In aula

Il consulente di Tirreno Power: “Carenza metodologica e interpretativa negli studi dei tecnici incaricati dalla Procura”

Critiche sui metodi di analisi e campionamento emerse dalle deposizioni nel processo

Tirreno Power

Savona. “Numerose carenza dal punto di vista metodologico e interpretativo“. Sono queste le parole usate dal consulente dell’azienda Stefano Loppi, professore di botanica ambientale applicata all’università di Siena, esperto di licheni e biomonitoraggio in merito alle deposizioni dei consulenti tecnici della Procura nell’ambito del processo a carico di Tirreno Power per il quale sono imputati 26 persone, tra vertici e dirigenti dell’azienda, rinviati a giudizio per disastro ambientale e sanitario colposo.

Il consulente di Tirreno Power ha criticato “il metodo del campionamento, la selezione degli alberi utilizzati per l’analisi della biodiversità lichenica, i metodi statistici di interpretazione dei dati”.

Non è stato considerato il mercurio – prosegue Loppi -, che è notoriamente il principale elemento risultante dalla combustione del carbone, ma i consulenti del pubblico ministero non lo hanno contemplato”.

“Per nessuna stazione è possibile affermare con certezza statistica che i valori del carico totale di contaminazione siano indicativi di una situazione distinguibile dal terzile indicativo di bassa esposizione. Così viene a mancare il presupposto fondativo dell’analisi epidemiologico di una zonizzazione dell’area indagata in tre distinte fasce rappresentative di situazioni di esposizione bassa, media e alta”.

E’ stata esclusa la Valbormida dalle mappe: “Andava considerato il bacino e non considerati i Comuni, l’inquinamento non conosce confini amministrativi. Non ho la certezza che l’esito sia stato diverso, ma è un errore procedurale – conclude Loppi -. Sono stati attribuiti alla centrale dei casi che non sono dovute a essa”.

Tirreno power udienza

IL COMMENTO DI UNITI PER LA SALUTE

“Ricordiamo che in una precedente udienza – spiegano dall’associazione Uniti per la Salute -, il Consulente del Pubblico Ministero dottor Scarselli aveva evidenziato come tra la prima indagine fatta a centrale funzionante e la seconda dopo quattro anni dalla chiusura emergessero notevoli e significativi miglioramenti nella flora lichenica (come noto indice della salute ambientale di un territorio). Del resto già l’indagine sull’ambiente lichenico eseguita per conto della stessa azienda proprietaria della centrale da ‘Strategie ambientali’ con la centrale a carbone in funzione aveva evidenziato forti criticità. Si cita la puntuale nota dell’illustre prof Tamino dell’università di Padova su questo biomonitoraggio che parla di ‘un forte inquinamento antropico della zona, causato, se non esclusivamente, sicuramente in parte rilevante dalla centrale di Vado Ligure’. Si precisa che la nota completa si può trovare sul sito del Ministero dell’Ambiente”.

“Durante la sua esposizione il Consulente delle difese ha espresso dubbi sulla qualità delle indagini del consulente del pm ‘le mappe prodotte risultano estremamente carenti dal punto di vista teorico e concettuale. Eppure tali mappe, della cui qualità ed incertezza e dunque affidabilità nulla è dato sapere, costituiranno al base per l’indagine epidemiologica’ – proseguono -. Peraltro, lo studio Cesi 2012, assunto dal consulente delle difese quale studio modello, presenta le medesime, presunte, problematiche metodologiche che il consulente tecnico delle difese aveva rilevato nei confronti dello studio Scarselli. In sede di controesame il nostro legale ha evidenziato come l’indagine epidemiologica si sia basata anche sui modelli di ricaduta forniti dal dipartimento di Fisica dell’Atmosfera dell’Università di Genova che , guarda caso, coincidevano con le mappe degli studi di Scarselli”.

“Proprio in quelle aree nell’indagine epidemiologica ordinata dalla Procura della Repubblica, le tipologie dei problemi di salute riscontrati erano compatibili con le emissioni di una centrale a carbone. E guarda ancora il caso, lo studio di coorte effettuato cal CNR (massimo ente di ricerca italiano) ha di fatto confermato,sottolineando anzi che che nei 12 comuni considerati, nelle aree a maggiore esposizione a inquinanti sono stati riscontrati eccessi di mortalità per tutte le cause (sia uomini che donne) del 49%, con punte del 90% per malattie dell’apparato respiratorio negli uomini. In definitiva, complessivamente sei autonome linee di indagine che convergono nei medesimi risultati. A questa contestazione il Consulente delle difese non ha saputo fornire a nostro avviso una risposta esaustiva sul piano scientifico ammettendo che egli stesso si era posto la medesima domanda. A nostro parere quindi – concludono -, le sei autorevoli conferme succitate, peraltro già esposte in aula dagli autori, depongono in modo assolutamente inconfutabile sulla qualità e attendibilità dello studio sui licheni della Pubblica Accusa“.

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