Liguria. “Le 30mila aziende balneari italiane e le 1.200 liguri, spesso famigliari, sono un patrimonio da tutelare. Il modo serio per difenderle non è perseguire posizioni insostenibili solo per fini elettorali (come mettere in discussione una sentenza del Consiglio di Stato), bensì lavorare per migliorare l’emendamento al DLL concorrenza”.
A dirlo è il consigliere regionale PD Roberto Arboscello che continua: “Le disposizioni del Consiglio di Stato, in conformità alle normative europee, sono chiare e prevedono gare pubbliche per le concessioni degli stabilimenti balneari con indennizzi per i precedenti titolari a carico dei nuovi gestori, che riconoscano sia il valore aziendale sia gli investimenti non ancora ammortizzati. La proposta approvata in Consiglio dei Ministri, che dà il via libera ad emendare il DDL concorrenza in discussione nei prossimi giorni al Senato, è una scelta tanto obbligata quanto seria da parte del Governo”.
“E’ il momento delle regole certe – riprende -. Un’occasione per riformare il sistema delle concessioni migliorandolo, rendendolo più competitivo e aprendo ad una maggiore fruizione sostenibile, ma tutelando le nostre piccole e medie imprese, chi ha investito in quella attività riconoscendo il valore aziendale, gli investimenti e la professionalità”.
“Era ineludibile trovare una soluzione. La politica malata di populismo, per troppi anni non ha affrontato questo tema spinoso, nascondendosi dietro alle proroghe invece di costruire un percorso normativo, come si sta provando a scrivere ora, che potesse soddisfare sia fruitori sia le nostre imprese balneari” conclude Roberto Arboscello.
Dal sindacato Unsic aggiungono che “la Commissione europea dal 2009 sta chiedendo, a furia di moratorie e di infrazioni, che le spiagge siano messe a bando internazionale, rispetto al ‘tacito rinnovo’ a lungo adottato nel nostro Paese e alla mancanza di concessioni per concorso. A mettere fine alla continua dilazione delle concessioni (l’ultima con la Legge di Bilancio 2018 che le aveva prorogate al 2034) è stato il Consiglio di Stato, che ne ha fissato la scadenza al 31 dicembre 2023”.
“Avvicinandosi quella data, la questione diventerà sempre più esplosiva: ci sono almeno 27mila famiglie, ma in realtà sono molte di più coinvolte nei contratti, che rischiano di vedere scomparire da un giorno all’altro il proprio business, che complessivamente è stimato in non meno di due miliardi di euro, di cui lo Stato riceve appena il 5 per cento”.
“Lontani da tentazioni protezionistiche, va però evidenziato che la problematica è molto impattante, perché coinvolge un numero rilevante di piccole aziende, molte a carattere familiare – spiega Domenico Mamone, presidente del sindacato Unsic. “Ovviamente concordiamo sulla necessità di un moderno mercato europeo dei servizi, con tutte le garanzie del caso. Ma per costruirlo occorrono modelli virtuosi, come ad esempio quello adottato da anni dai francesi: concessioni a 12 anni, criteri ecologicamente sostenibili con strutture smantellabili, attenzione per i disabili, adeguato riconoscimento economico allo Stato e tetto di occupazione delle spiagge con priorità al pubblico accesso. Insomma, da una parte occorre superare la situazione ricca di criticità che si è trascinata per anni, garantendo più trasparenza ed equità – finora l’Italia ha soltanto prorogato l’esistente, da qui le procedure d’infrazione – ma nel contempo sarà necessario che ai titolari storici delle concessioni sia assicurato un diritto di prelazione per non lasciare migliaia di famiglia in mezzo ad una strada”.
Mamone sottolinea che il problema è principalmente giuridico: “Manca un’armonizzazione tra le diverse legislazioni nazionali, che la direttiva non ha il potere di imporre, e che lascia scettici sull’effettiva creazione di un unico mercato liberalizzato dei servizi balneari. In pratica, i regimi nazionali si avvicineranno, ma rimarranno separati ancora a lungo. Ci vuole quindi innanzitutto una legge che recepisca la direttiva. Esiste un disegno di legge, tuttora piuttosto scarno essendo un progetto di legge delega che poi avrà decreti attuativi successivi, però stabilisce alcuni principi notevoli: il punteggio per le nuove concessioni favorirà le aziende preesistenti, con esperienza, e sfavorirà quelle che hanno già una o più concessioni: insomma si va costituire un meccanismo di selezione controllata che favorirà significativamente le realtà locali”.
“Poi c’è il punto chiave dell’indennizzo: previsto in legge, garantirà la ‘buonuscita’ di coloro che rinunciano o perdono la concessione. Inoltre il Ddl menziona una clausola sociale di tutela dell’occupazione e una serie di garanzie sulla remunerazione dell’investimento e l’ammortamento delle spese. Occorrerà accompagnare il disegno di legge per arricchirlo, tenendo conto di alcuni punti fermi: tutela delle piccole aziende e delle aziende a conduzione familiare e difesa dei modelli locali, che possono essere aggiornati ma non cassati per un modello astratto di liberalizzazioni e concorrenza che appare ideologico e sprezzante delle tradizioni e della cultura locale. Inoltre vanno privilegiati i modelli partecipati e condivisi, che non riducano il passaggio alla sola maggiore economicità dell’offerta da parte del concessionario” conclude Mamone.