Varazze. Belle storie, di un tempo, di tradizione. Di quando “si andava in veglia”. Quando ancora non c’era la televisione e la gente sentiva il bisogno di socializzare, nei paesi o nelle piccole città e, soprattutto, nelle campagne. E allora, dopo cena, si andava o si riceveva il vicino di casa per stare un po’ insieme, chiacchierare, raccontare e ripetere antiche storie attorno alle stufe a legna, dove i vecchi erano il centro dell’attenzione, preziosi scrigni di ricordi. In campagna ci si radunava al caldo delle stalle, tra un tintinnio delle campanelle delle mucche e il fruscio di qualche coniglio nel fieno, i bambini in prima fila e con gli occhi sgranati, prima che il sonno non li facesse crollare tra le braccia dei genitori. Ecco che Luigi Spiota ripropone quel mondo, quelle sensazioni: semplici e straordinarie. Lo fa nel suo secondo libro di storie “I racconti delle veglie”.
Spiota, varazzino con radici piemontesi e contadine, per questo tramanda la saggezza dei campi. Sedici racconti scritti bene, storie umane, di gente forgiata da un lavoro duro e appassionante, con un sottofondo di profumo di fieno e di mosto.
C’è la storia di Barona, una donna forte, che guida carriaggi trainati da cavalli, trasportando ogni genere di merci, che però mantiene il sentimento e la caparbia volontà di aiutare chi si trova in pericolo. Altri storie ci presentano fatti vissuti con il cuore e con i muscoli, come “Il platano di Garibaldi”, “La fuga di gas”, “La rivalsa del Contadino”, per arrivare poi a “Un uomo in mare…a Cantalupo”, dove Spiota racconta di cose varazzine, locali, dove emerge il suo impegno nel volontariato e la sua anima solidale.