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Nera-mente

Storie di camorra: Rosa Amato

"Nera-Mente" è la rubrica di Alice: un viaggio tra i fatti oscuri dell'attualità

Generico gennaio 2022

Prima di raccontare la storia di Rosa Amato, bisogna fare un salto indietro nel tempo. Precisamente al 20 marzo 1999. Quella sera, molti ragazzi del liceo “Amaldi” di Santa Maria Capua Vetere varcavano la soglia della discoteca “Disco Club” per dare il via ai festeggiamenti. Tra quei ragazzi c’era anche Carlo Amato, un giovane e tranquillo ventunenne. Ma quel bravo ragazzo non avrebbe più fatto ritorno a casa. Carlo, infatti, quella maledetta sera, moriva dissanguato in seguito a diverse coltellate, senza che nessuno intervenisse a difenderlo. Perché?

A quella stessa festa era presente anche Walter Schiavone, figlio minore di Francesco “Sandokan”Schiavone, il boss più importante del clan dei Casalesi. Parliamo ovviamente di camorra. Sembra che Carlo, quella sera, abbia proprio “infastidito” uno degli scagnozzi di Schiavone.

Per la sua morte non ci fu nessun colpevole, il potere logorante dei Casalesi riuscì a far tremare tutti, anche gli amici di Carlo non parlarono.

Rosa Amato è sua sorella.

Inizialmente, la famiglia di Rosa cercò giustizia, invano. E quando la giustizia latita, resta spazio solo per due strade: la rassegnazione o la vendetta. E la famiglia Amato decise per la seconda.

Da quel momento, per lei, si apriranno le porte di una nuova vita a fianco di suo padre: il futuro boss di Santa Maria Capua Vetere, Salvatore Amato, suo amore irraggiungibile fin dall’infanzia.

Infatti, suo padre, da sempre si era mostrato molto distaccato con lei, mostrando molte più attenzioni verso il fratello Carlo. Prima dell’omicidio Rosa era iscritta alla facoltà di giurisprudenza: il suo sogno era quello di diventare avvocato. Ma dopo la perdita del fratello sentiva di non poter lasciare suo padre a combattere da solo: così diventò una camorrista.

Salvatore Amato fino a quel giorno era il titolare di una pescheria ben avviata. Ma grazie a un parente già nel “settore”, fondò un proprio clan, con il preciso obiettivo di arginare l’espansione dei Casalesi a Santa Maria Capua Vetere. Si circondò di ragazzi armati e si buttò nell’allora pionieristico settore dei videopoker, imposti agli esercenti e truccati per frodare le casse dello Stato. Quando il business arrivò a fruttare 40mila euro al mese, i propositi di vendetta vennero affiancati, se non quasi sopraffatti, dalla “bella vita”. Rosa si occupava, inizialmente, della parte contabile, ossia del pagamento dei vari affiliati, successivamente si specializzò nella manipolazione delle slot machine. Era molto in gamba, e desiderava esserlo sempre di più per essere ammirata da suo padre.

Dopo anni passati ad allargare i loro traffici, espandendosi sempre di più, dopo aver ricevuto anche un avvertimento di stampo camorristico dai Casalesi, Salvatore Amato venne arrestato. Inizialmente sarà Rosa a portare avanti gli affari del clan, ma successivamente, in seguito a delle intercettazioni telefoniche, verrà arrestata anche lei, lasciando fuori dal carcere i suoi due figli, avuti da due uomini sbagliati: uomini in cui, probabilmente, cercava il tanto sognato amore del padre, di cui aveva tanto sentito la mancanza.

Rosa venne arrestata, detenuta in un regime di carcere duro, come previsto dal 41bis,e soprattutto lontana dai suoi figli. Ma è proprio per amore verso di loro, che rischiavano l’affidamento, che diventerà una collaboratrice di giustizia, testimoniando anche, con non poco dolore, contro l’agognato padre.

Oggi, Rosa vive proprio con loro, i suoi due figli, in una località segreta, dove cerca di ricostruire la sua vita sulle macerie del passato.

La sua storia dovrebbe farci riflettere, cercando di mettere da parte il più possibile ogni giudizio. Quanto è biasimabile una famiglia che, non ricevendo giustizia dalla giustizia stessa (un poliziotto risultò poi corrotto, accusato di aver cancellato delle tracce dalla scena del delitto del figlio), decide di cercarla da sè? Forse, se non esistesse tanta omertà, la camorra, così come la mafia, sarebbero morte già da un pezzo.

“Nera-mente” è una rubrica in cui si parla di crimini e non solo, scritta da Alice: clicca qui per leggere tutti gli articoli

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