Pensiamoci

Furbetti del cartellino

Sanremo, assolto anche in secondo grado il vigile in mutande: un “mostro” sbattuto troppo presto in prima pagina

Alberto Muraglia: “Ho rinunciato alla prescrizione per ottenere giustizia e dignità”

Alberto Muraglia vigile in mutande

Sanremo. Questa settimana Pensiamoci fa un salto a Sanremo (non per il Festival, anche se IVG sarà presente come l’anno scorso per seguire ogni giorno notizie e curiosità dell’evento che coinvolge e per molti versi condiziona tutta la regione), ma per un episodio di cronaca giudiziaria che giudichiamo degno di essere registrato.

Parliamo dell’assoluzione, anche in secondo grado, di Alberto Muraglia, il “vigile in mutande” diventato il simbolo, nel 2015, dell’inchiesta sui furbetti del cartellino che suscitò stupore e indignazione. Il “mostro” (dal punto di vista dei comportamenti, per fortuna non di fatti di sangue) da sbattere in prima pagina, la tempesta perfetta del circo giudiziario e mediatico per facili consensi e luoghi comuni, per sposare le tesi del l’accusa, come si fa troppo spesso senza pesare anche quelle della difesa.

Eppure, fin dai primi momenti, molti a Sanremo sapevano che la verità non era soltanto quella che appariva dalla prima, più facile lettura delle carte.

All’assoluzione hanno creduto soprattutto lui, Alberto Muraglia, il “vigile in mutande”, sua moglie e i suoi amici. Ne ha raccontato le ragioni in un’intervista a Marco Menduni del Secolo XIX. “Ho rinunciato alla prescrizione – ha detto in sostanza – perché volevo essere assolto senza scorciatoie, volevo ripristinare la verità e volevo che mi fossero restituiti onore e dignità”.

E la foto in mutande? Muraglia ripete ciò che ha sempre sostenuto. La macchinetta per timbrare era nel corridoio della sua abitazione di servizio, al mercato di Sanremo: sostiene che timbrava addirittura in anticipo e non tornava certo a dormire come sosteneva l’accusa “senza dimostrarlo”.

Dopo il licenziamento Muraglia ha sbarcato il lunario facendo il tuttofare, soprattutto riparando piccoli elettrodomestici. Adesso aspetta la causa civile e valuterà eventualmente che cosa gli convenga fare dal punto di vista economico, se rientrare nei ruoli del Comune o andare in pensione.

Tornando all’inchiesta penale, l’accusa, dopo l’assoluzione anche in secondo grado, potrebbe ricorrere in Cassazione, ma indiscrezioni lasciano intendere che la procura generale non intenderebbe insistere oltre e percorrere questa strada.

Naturalmente il caso di Muraglia riguarda lui (ma altri imputati sono stati assolti in secondo grado), e non significa che tutta l’inchiesta sia priva di fondamento, come testimoniano una decina di condanne di altri imputati in primo grado con rito ordinario e vari patteggiamenti.

La storia di Muraglia sembra invece finita. Non c’era nessun “mostro” da sbattere in prima pagina. Sarà per un’altra volta, ma speriamo anche di no.

Più informazioni

Vuoi leggere IVG.it senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.