Parola dell'esperto

Peste suina, Alisa: “Per liberarci del virus potrebbero volerci più di sei mesi. Vietate anche le strade sterrate”

Moschi: "Il virus resiste sotto le scarpe da uno a due anni, e resiste all’inverno russo, tanto per dare l’idea”

Liguria. “Saranno percorribili solo le strade asfaltate e al massimo quelle bianche ma nemmeno le sterrate, per non parlare dei sentieri”. A dirlo, intervistato a margine della conferenza stampa indetta dalla Regione Liguria per fare il punto sull’emergenza peste suina, è il direttore del dipartimento di Veterinaria di Alisa Roberto Moschi.

“Ci siamo presi un tempo di tre settimane in cui faremo sei/sette uscite per capire quanto è diffuso sto virus e dove si trova”. Il virus è molto resistente: “Resiste sotto le scarpe da uno a due anni, e resiste all’inverno russo tanto per dare l’idea”. Eppure ci sono degli accorgimenti per evitare di diffonderlo: “Cambiarsi le scarpe, disinfettare il carrarmato dello scarponcino con amuchina o ipoclorito di sodio al 10%. Adesso come Alisa stiamo acquistando un prodotto specifico che distribuiremo ai volontari” continua Moschi.

MOSCHI: “TEMO CHE SEI MESI NON BASTERANNO”

Per adesso i cittadini però “nel bosco non ci possono andare, poi tra tre settimane faremo il punto” ripete Moschi lasciando aperta qualche speranza su un futuro allentamento della misura. Poi però la doccia fredda. Rispondendo a chi gli chiede se i 6 mesi previsti dall’ordinanza ministeriale saranno sufficienti a debellare il virus il direttore del dipartimento di veterinaria di Alisa risponde: “Io ho visto la bozza dell’ordinanza e prevedeva un lockdown di 12 mesi. Io non voglio creare allarmismo ma temo che sei mesi non basteranno. In Belgio dove sono riusciti anche a cintare un’area ampissima, vanno avanti da due anni”.

In conferenza stampa Moschi aveva fatto il punto della situazione rispetto all’epidemia: otto i casi accertati di cui tre in Liguria (uno a Isola del Cantone e due a Ronco Scrivia) e un altro paio di casi che probabilmente risulteranno positivi (sempre a Ronco Scrivia). Per ora nessun passaggio di ‘specie’ da selvatica ad allevata.

“STIAMO OPERANDO DA ALBISSOLA A RECCO IN PUNTA DI PIEDI”

“Da ieri stiamo operando con squadre di volontari composte grazie alla collaborazione delle associazioni venatorie ma ora coinvolgeremo anche associazioni di trekking a partire dal Cai per entrare nei boschi dai margini dell’area infetta, cioè dalla zona di Albissola a quella di Recco – spiega Moschi –, un monitoraggio in punta di piedi, senza armi né cani. L’operatore che individua la carcassa non deve avvicinarsi o toccare l’animale morto ma deve limitare a fare una foto, georeferenziare il punto del ritrovamento e avvisare il servizio veterinario”.

A questo punto all’animale vengono prelevati gli organi, in particolare la milza: “Se non viene rilevato il virus bene, sennò il campione viene inviato a Perugia al Centro di Referenza nazionale per le pesti suine dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Umbria/Marche: “Per avere la conferma ci vogliono tre giorni” spiega.

“SI TRATTA DEL GENOTIPO 2: HA UN’ESTENSIONE CHE VA DALLA CINA AL BELGIO”

Gli esperti e i tecnici da due anni fatto questo tipo di lavoro sulle carcasse ritrovate: finora era andato tutto bene, poi il 6 gennaio la brutta sorpresa. Dei due genotipi individuati per questo virus, quello rilevato sulle carcasse di cinghiali di questi giorni sarebbe il genotipo 2 “che tuttavia ha un’estensione che va dalla Cina al Belgio” spiega Moschi. Adesso, con il moltiplicarsi dei ritrovamenti è in corso il sequenziamento dell’intero genoma: “Terminato il sequenziamento speriamo, già entro la settimana di capire da dove arriva il virus”.

Un’ipotesi tuttavia, fuor di microfono, Moschi la azzarda su come la peste suina sia arrivata nei boschi della Valle Scrivia: “Quasi sicuramente la peste suina africana parte da un alimento umano che conteneva il batterio – spiega –. Si ipotizza che fosse attaccato a un panino, il cui avanzo è stato gettato a terra da qualcuno, probabilmente un autista a bordo di un tir, proveniente da lontano, e poi il cinghiale andando a rovistare e annusare l’ha mangiato e contraendo così la peste. Attualmente si stanno facendo tutte le analisi del caso, per avere una situazione più chiara possibile, e in settimana dovrebbero arrivare i primi risultati”.

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